"L'Italia continua ad essere fanalino di coda nell'Unione europea per la spesa dei vari Psr, Piani di sviluppo regionali. Finora le regioni hanno speso poco più del 26% del programmato globale a fronte del 35% della media comunitaria. Una percentuale che assume contorni ben maggiori se si considera quanto avvenuto, per esempio, in Germania e Francia". 

E' quanto segnala la Cia, Confederazione italiana agricoltori che sollecita un'accelerazione, in modo da fornire le risposte più adeguate alle esigenze delle imprese agricole che subiscono i riflessi negativi di questi ritardi. 

Secondo l'organizzazione guidata da Giuseppe Politi i motivi di questa situazione sono tanti e diversificati a cominciare dalle difficoltà delle imprese a cofinaziare alcune misure. Per la Cia occorre intervenire con determinazione per rendere più efficace l'informazione e il sostegno alle aziende, migliorare e cadenzare l'emissione dei bandi, semplificare per quanto possibile le procedure, facilitare l'accesso credito, con specifiche azioni di ingegneria finanziaria. 

Con oltre il 30% troviamo Trento, le Marche, la Lombardia, l'Emilia Romagna e l'Umbria. Mentre in forte ritardo, e a rischio "disimpegno" 2011, ci sono in particolare la Sicilia, la Basilicata, la Calabria ed il Molise. Quasi tutte le regioni hanno attivato gli incentivi agli investimenti per la modernizzazione delle imprese e la valorizzazione delle filiere agroindustriali, spesso con innovativi progetti integrati di filiera

In queste azioni, le regioni del centro-nord hanno, mediamente, una spesa compresa tra il 20 ed il 30% ed oltre del programmato. Più in ritardo sono, invece, le regioni meridionali, con l'eccezione della Campania e della Puglia. 

Maggiori difficoltà si riscontrano, invece, nelle misure relative alla diversificazione ed ai servizi ed a quelle relative ai programmi 'leader'. In queste azioni è spesso necessario coinvolgere diversi soggetti pubblici e privati ed avere una spiccata capacità di governance di sistema, con una forte propensione innovativa. Sorprendono, infine, le forti differenze regionali. 

La misura relativa alla formazione degli agricoltori, per esempio, è in genere appena attivata, ma arriva ad oltre il 40% in Umbria e Piemonte. Quella relativa alla "consulenza d'impresa" è quasi dovunque "a zero", ma raggiunge il 30% in Toscana. Il primo "insediamento dei giovani", di fondamentale importanza per il ricambio generazionale, a dicembre dello scorso anno oscillava tra l'oltre il 60% di Bolzano, di Trento, della Puglia, della Lombardia e della Toscana; a "zero" della Sardegna, della Basilicata e della Sicilia.