Tra i vari principi attivi utilizzati nei farmaci contro la varroa, l'amitraz è stato considerato per diverso tempo una sostanza a basso rischio per l'induzione di resistenza.
L'uso ripetuto di alcune molecole insetticide o acaricide può infatti portare alla selezione di popolazioni di parassiti resistenti a quelle molecole, che diventano sempre meno efficaci, o addirittura inutili.
Un fenomeno che si ritrova anche in apicoltura nella lotta alla varroosi, in particolare per alcuni acaricidi di sintesi.
Un fenomeno che tuttavia sembrava non interessare particolarmente l'amitraz, una molecola insetticida e acaricida usata in agricoltura soprattutto per il controllo del ragnetto rosso e poi utilizzata anche in farmaci antivarroa, alcuni dei quali registrati e utilizzabili anche in Italia.
Ma è proprio vero che l'amitraz ha un basso rischio di resistenza?
Il Centro di referenza nazionale per l'apicoltura dell'Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie ha cercato di fare il punto della situazione, pubblicando i risultati in un articolo sulla rivista scientifica Insects, e noi abbiamo intervistato la dottoressa Michela Bertola per farci spiegare cosa è stato fatto e cosa è venuto fuori.
Dottoressa Bertola perché avete fatto uno studio sulla possibilità di resistenza della varroa all'amitraz?
"Negli ultimi anni si è osservato un numero crescente di casi di fallimento terapeutico e di ridotta efficacia dei trattamenti a base di amitraz nel controllo di Varroa destructor e questo ha sollevato forti preoccupazioni a livello internazionale.
È importante sottolineare che l'efficacia di un trattamento acaricida dipende da molteplici fattori, sia farmacologici che biologici, legati sia all'acaro che all'ospite, ovvero l'ape. Ad esempio, il momento in cui viene somministrato il trattamento, la presenza o meno di covata, e le caratteristiche farmacocinetiche del principio attivo (cioè quanto principio attivo viene rilasciato quotidianamente e per quanto tempo) influenzano in modo determinante l'esito finale. Nel caso specifico della resistenza, parliamo della capacità degli acari di sopravvivere all'esposizione a un acaricida, spesso a seguito di adattamenti genetici o metabolici.
Con questo studio volevamo quindi indagare se i casi di perdita di efficacia osservati potessero essere effettivamente attribuiti a fenomeni di resistenza, e se sì, di quale natura: fenotipica, genetica o metabolica.
Inoltre volevamo capire se in letteratura ci fossero anche degli studi per gli altri due acari di interesse apistico, Tropilaelaps spp. e Acarapis woodi".
La dottoressa Michela Bertola e il dottor Franco Mutinelli dell'Izs delle Venezie che hanno pubblicato lo studio sulla resistenza della varroa all'amitraz
Cosa avete fatto?
"Abbiamo condotto una revisione sistematica della letteratura scientifica, selezionando e analizzando studi pubblicati che valutassero l'efficacia e/o la resistenza all'amitraz nei confronti dei tre principali acari di interesse apistico.
In particolare, abbiamo mappato e classificato gli studi condotti sia in laboratorio che in campo, al fine di ottenere un quadro il più possibile completo e aggiornato della situazione a livello globale.
Gli studi di laboratorio sono stati suddivisi in due categorie principali: test di efficacia, in cui si valutava la mortalità degli acari in seguito all'esposizione ad amitraz o a prodotti contenenti questo principio attivo; studi specifici sulla resistenza, che includevano test tossicologici e analisi genetiche o metaboliche, confrontando popolazioni di acari sensibili con popolazioni resistenti, al fine di individuare eventuali meccanismi alla base della perdita di efficacia".
Cosa è venuto fuori?
"Dopo aver analizzato 206 articoli, 74 studi sono stati ritenuti idonei per l'inclusione nella revisione. La stragrande maggioranza di questi (72 su 77) riguarda il parassita Varroa destructor, mentre solo tre studi di campo si sono occupati di Acarapis woodi e solamente due di Tropilaelaps spp. L'unico studio disponibile ad oggi su Tropilaelaps mercedesae ha evidenziato l'inefficacia dell'amitraz su questa specie.
Gli studi selezionati presentano una significativa eterogeneità sia geografica che metodologica. In particolare: 27 studi hanno valutato l'efficacia dell'amitraz attraverso test di laboratorio, 42 studi lo hanno fatto in campo mentre alcuni articoli hanno combinato entrambi gli approcci per ottenere un quadro più completo dell'efficacia del trattamento.
Nel complesso, 12 studi hanno esaminato la resistenza all'amitraz in modo quantitativo, genetico o metabolico, analizzando l'effetto sia di amitraz puro che di prodotti commerciali contenenti questo principio attivo, come Apivar®, Apitraz® e Taktic®.
Nel dettaglio, sei studi di laboratorio dedicati alla valutazione della resistenza hanno evidenziato un aumento quantitativo della resistenza in diverse popolazioni di varroa, in differenti aree geografiche e periodi storici:
Repubblica Ceca (2014) e Stati Uniti (2019); Argentina (2007 e 2009); Messico (2000, 2004, 2006–2007); Francia (1995 e 1998).
In Repubblica Ceca e Argentina sono stati riscontrati indici di resistenza da moderati ad alti, con ampia variabilità anche all'interno delle stesse regioni. Negli Stati Uniti, i dati suggeriscono uno sviluppo localizzato e disomogeneo della resistenza, con indici variabili tra una zona e l'altra. In Messico, tre studi consecutivi mostrano una chiara tendenza all'aumento della resistenza nel tempo.
Nonostante il crescente interesse, le basi genetiche della resistenza all'amitraz in Varroa destructor non sono ancora completamente comprese. Inoltre, nei due studi che hanno indagato i possibili meccanismi metabolici, non sono emerse evidenze significative di detossificazione metabolica come causa della resistenza".
Oggi in Italia è sicuro utilizzare farmaci a base di amitraz?
"I dati disponibili provengono principalmente da altri paesi, riflettendo un interesse globale per la gestione della varroosi (si veda a questo proposito l'articolo di Brodschneider et al., 2022). Tuttavia, in Italia le evidenze dirette sono ancora limitate. Ad oggi disponiamo solo di due studi in campo di valutazione dell'efficacia di questo principio attivo: uno del 1983 relativo a Taktic®, che non è un farmaco antivarroa, e uno del 1999 che riguarda il farmaco veterinario Apivar®.
Amitraz risulta ancora efficace nel contesto italiano in condizioni di corretto utilizzo e al momento non ci sono segnalazioni di segno diverso in ambito di farmacosorveglianza, ma è comunque necessario acquisire maggiori conoscenze".
Che consigli potete dare agli apicoltori?
"Attualmente in Italia sono autorizzati solo due medicinali veterinari a base di amitraz: Apivar® e Apitraz®, entrambi con una durata di trattamento di 42 giorni. Questi prodotti risultano più efficaci in assenza o in presenza limitata di covata, motivo per cui ne è consigliato l'impiego nel periodo autunnale, quando le condizioni della colonia ne favoriscono l'azione.
È fondamentale che gli apicoltori monitorino il livello di infestazione da varroa durante tutta la stagione attiva, non solo prima, ma anche dopo il trattamento. La scarsa riduzione della popolazione di acari può rappresentare un primo campanello d'allarme per una possibile perdita di efficacia del principio attivo, e quindi un indizio di resistenza.
In presenza di sospetti di inefficacia, è importante segnalare il caso attraverso i canali ufficiali di farmacovigilanza.
Per dubbi o approfondimenti, si consiglia di contattare il Centro di Referenza Nazionale per l'Apicoltura o i Servizi Veterinari competenti per territorio, che possono fornire supporto tecnico e indicazioni aggiornate".
Dal punto di vista scientifico sono in programma altre valutazioni sull'efficacia di questo acaricida, almeno in Italia?
"Sì, abbiamo recentemente presentato un progetto di ricerca corrente, sviluppato in collaborazione con tutti gli Istituti zooprofilattici sperimentali, con l'obiettivo di valutare lo stato della resistenza nelle popolazioni di varroa a livello nazionale. I risultati di questo lavoro saranno messi a disposizione di apicoltori, associazioni di categoria e decisori politici per supportare una gestione più sostenibile e informata dell'apicoltura italiana.
Approfondire la comprensione della prevalenza, dell'intensità, dei livelli, delle tendenze, dei meccanismi e delle basi genetiche della resistenza agli acaricidi utilizzati nel settore apistico è essenziale per elaborare strategie di controllo realmente efficaci, soprattutto alla luce della limitata disponibilità di principi attivi efficaci.
Per affrontare queste sfide, sarebbe auspicabile l'istituzione di programmi nazionali strutturati per monitorare l'insorgenza e la diffusione di resistenze.
Il controllo sostenibile ed efficace della varroa rappresenta ancora oggi una delle principali sfide per l'apicoltura a livello mondiale e necessita di un approccio integrato e multidisciplinare, sia normativo che gestionale.
Solo grazie a una collaborazione sinergica tra apicoltori, ricercatori e policy maker sarà possibile tutelare la salute delle api mellifere e garantire la sostenibilità dell'apicoltura nel lungo periodo".