Nei giorni scorsi Conapi, il Consorzio Nazionale Apicoltori, una delle più importanti realtà apistiche a livello nazionale e internazionale, ha pubblicato i dati relativi al bilancio 2022/2023, chiuso con un fatturato di 23 milioni di euro, annunciando anche una campagna di investimenti strutturali di 3 milioni di euro.
Ma dove sta andando questa cooperativa che raccoglie oltre 600 apicoltori, in un periodo così difficile per il settore apistico? Qual è la situazione attuale di mercato, le prospettive future e le strategie aziendali che vorrà mettere in campo?
Lo abbiamo chiesto al presidente Giorgio Baracani.
Signor Baracani, Conapi chiude il bilancio del 2022/2023 con 23 milioni di fatturato. È un risultato soddisfacente?
"Il fatturato sviluppato da Conapi al 30/06/2023 è senza dubbio un risultato soddisfacente, considerando che la crisi economica del 2022/2023 ha segnato una diminuzione in due anni dell'11% del volume delle vendite di miele in Italia. In questo contesto, il sistema Conapi ha retto e possiamo ritenerci soddisfatti".
Il fatturato però è un dato lordo, da cui vanno tolte le spese e i costi per ottenere i ricavi. E i ricavi generalmente per le cooperative non sono elevati, dal momento che molto fatturato viene in qualche modo ridistribuito ai soci. Ma come è andata e come sta andando su questo fronte?
"A fronte del raccolto 2021 molto scarso, il bilancio al 30/06/2022 è stato chiuso in negativo per favorire le aziende socie, non gravandole dei sensibili aumenti dei costi di processo legati in particolare al conflitto tra Russia e Ucraina. Poiché l'annata produttiva 2022 è stata invece più abbondante, per il bilancio chiuso al 30/06/2023 è stata fatta la scelta di recuperare la perdita generata nell'esercizio precedente.
Conapi da sempre opera secondo le linee della missione della Cooperativa: la valorizzazione massima del lavoro e delle produzioni dei soci".
(Fonte: Conapi)
Il mondo apistico oggi sta vivendo un periodo nero, con una riduzione delle produzioni, un aumento dei costi di gestione e paradossalmente una diminuzione dei prezzi del miele. Conapi come sta affrontando questa situazione?
"Conapi come tutti gli operatori di mercato, deve vendere il miele ad un prezzo che, al pari di altri prodotti, deve essere il punto d'incontro tra domanda e offerta. Ottenere il riconoscimento di prezzi alti al consumo, in questo momento complesso per le famiglie, è un'utopia. È dunque necessario mettere in campo, anche in questo settore, azioni che aumentino ulteriormente l'efficienza e la diversificazione sia produttiva sia dei mercati".
Avete annunciato 3 milioni di euro di investimenti, in cosa saranno investiti?
"Facendo nostro il motto: chi si ferma è perduto, abbiamo deciso di ampliare la struttura per migliorarne l'efficienza, potenziare la produzione di energia rinnovabile, per ridurre i costi, realizzare nuove linee produttive per diversificare e valorizzare le produzioni dei soci".
Recentemente avete lanciato una campagna pubblicitaria sul lavoro degli apicoltori. Secondo lei quanto è necessaria una comunicazione del miele? Avete altri progetti pubblicitari?
"Siamo gli unici produttori in Italia a promuovere il nostro miele con campagne non solo di marca. Fare pubblicità al prodotto miele attraverso il racconto completo delle sue caratteristiche è importante per evitare condizionamenti fuorvianti: il miele non è solo liquido, non è solo dolce, ma è ricco di profumi e sapori, diversamente dall'immagine datagli per decenni. Ecco perché sarebbe molto utile una campagna promozionale istituzionale sul riconoscimento del valore del miele di qualità italiano".
Si parla molto della concorrenza del miele estero. Ma Conapi, come anche altre realtà italiane, commercializza anche miele di altri paesi a prezzi più bassi rispetto al prodotto nazionale. Come viene visto questo dai vostri soci?
"L'80% del miele confezionato in Conapi è italiano e dei soci (dato certificato dal bilancio) ma l'acquisto di miele estero è strumentale a veicolare quello dei soci: per ampliare l'offerta ai clienti o sopperire alle carenze produttive sempre più frequenti, per mantenere la presenza sugli scaffali e garantire la produttività dello stabilimento. È comunque una quota nettamente inferiore rispetto al volume totale, come peraltro richiesto dalla normativa vigente della cooperazione, e la tracciabilità è sempre e comunque evidente".
Lei, come molti altri nel settore apistico, ha sollevato il problema del falso miele, in pratica sciroppi zuccherini spacciati per miele che fanno crollare ancora di più il valore di mercato del prodotto. Ma il falso miele viene di fatto comprato e importato (illegalmente) da apicoltori o da aziende di invasettamento. È una vera e propria distorsione della filiera a danno di se stessa. Come è possibile che non si riesca a intervenire efficacemente?
"Il tema del falso miele abbraccia aspetti sia tecnici sia politici ed è una delle cause principali delle difficoltà che l'apicoltura mondiale sta affrontando. Da un lato sistemi di analisi non sufficientemente efficaci e con costi estremamente elevati e dall'altro le pressioni di una certa parte dell'industria. Infine, ciliegina sulla torta, l'estrema frammentazione dei soggetti interessati che rende difficoltosa la convergenza su proposte forti e concertate, sui temi urgenti e strategici per il settore".
Nei giorni scorsi lei è stato a Lazise al congresso di Aapi, l'Associazione Apicoltori Professionisti Italiani, molti dei quali sono soci Conapi. Cosa è venuto fuori?
"Al Congresso ho visto la fotografia di un mondo in forte crisi. Si è parlato con preoccupazione di scorte importanti di miele invenduto sia in Italia che in Europa, di costi di produzione per l'apicoltore troppo elevati. Ma ho sentito anche un'incoraggiante voglia di unirsi a livello europeo, per una strategia che aiuti il settore a superare questo difficile momento. Sono rientrato con l'augurio che tutte le rappresentanze nazionali del settore si uniscano, per il bene comune, per studiare e proporre alla politica azioni forti e concrete a sostegno dell'apicoltura".