La peste suina africana prosegue la sua avanzata e ora è segnalata in Bulgaria, Estonia, Germania, Grecia, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania, Slovacchia e Ungheria.
A questi paesi si è aggiunta nelle ultime settimane anche la Germania, come ha già anticipato AgroNotizie. E’ forte il rischio per gli allevamenti italiani di un possibile ingresso in Italia di questo temibile virus, per il quale al momento non esistono vaccini e nemmeno cure.
Per la nostra suinicoltura, già alle prese con una difficile congiuntura di mercato, le conseguenze sarebbero devastanti ed è anche in virtù di questo emergente pericolo che la sesta edizione della “Giornata della suinicoltura”, recentemente organizzata da Expo Consulting via web, ha puntato l’attenzione sulla peste suina africana.
 

Malattia complessa

Una patologia, come è stato ricordato nei vari interventi, complessa da gestire e particolarmente temibile per i pesanti danni su tutta la filiera suinicola.
Una cura non c’è, come ancora non c’è un vaccino che possa mettere i nostri allevamenti al riparo da questo virus, che fra le sue caratteristiche annovera variabilità genetica ed elevata virulenza.
 

I vaccini allo studio

Ma qualche segnale incoraggiante arriva dalla scienza, da tempo al lavoro per mettere a punto un vaccino.
Lo ha anticipato nel suo intervento alla "Giornata della suinicoltura" José Manuel Vizcaino dell’Università di Madrid e direttore del laboratorio di riferimento OIE (Organizzazione mondiale della salute animale) per la peste suina africana.
Al momento sono tre i vaccini al centro di un progetto di ricerca guidato dallo stesso Vizcaino e sostenuto dall’Unione europea, che a questo fine ha stanziato dieci milioni di euro.
Come per tutti i vaccini, l’obiettivo è quello di raggiungere standard adeguati di efficacia e sicurezza, da accompagnare a strategie di profilassi che coinvolgano anche la popolazione animale selvatica.
Va infatti ricordato che uno dei principali serbatoi di diffusione del virus è rappresentato dai cinghiali. Le difficoltà da superare sono tuttavia ancora molte e difficilmente si potrà avere a breve una risposta definitiva, capace di mettere gli allevamenti di suini al riparo da questa patologia.
 

Un virus da evitare

Un motivo in più per tenere alta la guardia e attuare tutte le misure di biosicurezza atte ad evitare l’ingresso del virus in allevamento.
L’impegno di tutti, dagli allevatori ai servizi veterinari, è concentrato su questo obiettivo di salvaguardia dei nostri allevamenti.
Ma sarebbe una colpevole trascuratezza non prepararsi per tempo a un possibile ingresso del virus.
 

Un piano di emergenza

I regolamenti di polizia veterinaria già dicono cosa occorre fare nella malaugurata ipotesi della comparsa di un focolaio.
La celerità con la quale si agirà per contenere un’eventuale infezione sarà strategica nel contenere la diffusione del virus.
Come pure l’efficienza nelle operazioni di abbattimento degli animali colpiti.
Non a caso, una Regione ai primi posti per consistenza del patrimonio suinicolo come l'Emilia Romagna, ha già definito un piano di emergenza da attivare con la massima rapidità. Con l’augurio che non ce ne sia bisogno.