Quando pensiamo alle api l'immaginazione corre alle arnie in legno costruite dall'uomo per ospitare questi preziosi insetti. Eppure fino agli anni Ottanta in natura esisteva un gran numero di colonie di Apis mellifera che viveva indisturbato. Quando nel 1984 però la varroa (Varroa destructor) arrivò in Italia dall'Oriente, in poco tempo si assistette alla scomparsa della maggior parte delle colonie selvatiche, mentre quelle gestite dagli apicoltori sopravvissero solo grazie all'utilizzo di prodotti acaricidi e di tecniche di allevamento (come l'ingabbiamento della regina).
 
Per lungo tempo si è ritenuto che le api non gestite da apicoltori fossero scomparse e invece negli ultimi anni si è scoperto che colonie di api, talvolta originate da colonie allevate, vivono indisturbate in natura oppure nei centri urbani. Tuttavia di queste api non gestite poco si conosce: non si sa quante siano, dove si insediano, che tasso di mortalità hanno, quali insetti e malattie le affliggono, etc.


BeeWild, un'app per conoscere le api non gestite

Per superare questa mancanza di informazioni la Fondazione Edmund Mach di San Michele all'Adige (Trento) ha lanciato questa estate una app, denominata BeeWild, per la mappatura delle colonie di A. mellifera selvatiche.

Il funzionamento è semplice: chiunque può scaricare l'app e dopo aver letto attentamente la semplice guida può fare una segnalazione. L'app guida l'utente passo passo nella compilazione di un breve questionario sul ritrovamento ed è possibile anche inviare delle foto che sono geolocalizzate. La segnalazione viene vagliata da un gruppo di esperti (di cui fa parte anche l'associazione World biodiversity association) e se effettivamente si tratta di una colonia non gestita di A. mellifera la segnalazione viene pubblicata su una mappa visibile a tutti.
 
La mappa

Ad oggi sono un centinaio gli alveari mappati e ogni giorno arrivano nuove segnalazioni. "I dati che stiamo raccogliendo sono di fondamentale importanza per conoscere meglio la diffusione, il comportamento e lo stato di salute delle popolazioni di api non gestite", spiega Paolo Fontana, il ricercatore della Fondazione E. Mach a capo del progetto. "Non solo è importante sapere il numero e la posizione delle colonie, ma soprattutto qual è la loro evoluzione nel tempo".


Una speranza contro virus e varroa

A causa della varroa, dei cambiamenti climatici, della semplificazione ambientale e dell'uso di agrofarmaci in maniera scorretta la vita per le api si è fatta tutt'altro che semplice. E il tasso di mortalità delle colonie non assistite è elevatissimo: tre su quattro non sopravvivono all'inverno.

Eppure questa spietata selezione naturale potrebbe giocare a vantaggio delle api stesse e dell'agricoltura. La varroa ha infatti devastato le colonie di api in quanto queste non erano mai entrate in contatto con l'acaro e quindi non avevano delle difese per frenarne la diffusione.
BeeWild

Nelle colonie gestite dagli apicoltori questo insetto viene debellato con prodotti specifici oppure con tecniche di gestione della regina. In natura invece nulla di tutto questo è possibile. "Questo significa che se una colonia sopravvive nel tempo è perché ha sviluppato delle forme di resistenza alla varroa", conclude Fontana.

In altre parole tra le popolazioni di A. mellifera non gestite si potrebbero nascondere dei geni di resistenza, selezionati in maniera darwiniana dalla pressione della varroa, che permettono alle api di resistere a questo micidiale acaro. Per i ricercatori diventerebbe così possibile prelevare pochi fuchi per fecondare le uova delle regine e trasmettere in questo modo i geni di resistenza. Un po' come si fa in agricoltura nel breeding classico quando si vuole far 'passare' un gene di resistenza, magari ad un fungo, da una pianta selvatica ad una coltivata.

In questo modo gli apicoltori potrebbero avere a disposizione un'arma contro la varroa e anche l'agricoltura se ne gioverebbe, visto che le api sono fondamentali per impollinare un gran numero di colture commerciali.


I dati del censimento

Non c'è alcun intento, è bene dirlo, di prelevare intere colonie dal proprio luogo di insediamento o di disturbarle in alcun modo. Da questo punto di vista è interessante leggere alcuni dati preliminari pubblicati sulla rivista L'Apicoltore Italiano in relazione alla tipologia di insediamenti scelti dalle api selvatiche.

Si scopre ad esempio che il 60% delle colonie si è insediata all'interno di una cavità muraria, di camini o finestre, segno che le api non disdegnano affatto la vita in ambienti artificiali. Mentre il 21% ha trovato casa all'interno di un tronco cavo. E la maggior parte dei ritrovamenti si trova ad una altezza tra i due e i cinque metri.