Il latte ha invaso le piazze italiane. E’ accaduto il 12 maggio ed è stato un modo per far conoscere le difficoltà che gli allevatori italiani devono affrontare ogni giorno, prima fra tutte l’inadeguatezza del prezzo del latte, che le industrie vorrebbero persino ridurre. In alcune città, come Udine e Pordenone, il latte lo hanno persino regalato. In altri centri il latte è stato “svenduto” a 50 centesimi il litro. Molto meno di quanto lo si paga al supermercato, quasi il doppio di quanto invece percepiscono gli allevatori. Organizzata da Coldiretti, la manifestazione ha raggiunto il risultato di far conoscere al consumatore le difficoltà che assillano l’allevamento delle bovine da latte. Al primo posto, come intuibile, il nuovo prezzo del latte che vede su fronti contrapposti produttori e industrie del settore. I primi alle prese con costi crescenti di produzione, i secondi decisi ad allineare il prezzo del latte italiano a quello degli altri paesi dai quali importiamo quasi la metà del nostro fabbisogno. Per il latte proveniente da Francia e Germania le quotazioni si arrestano intorno ai 23 centesimi al litro. Per il latte italiano le industrie vorrebbero fermarsi sotto quota 30 centesimi. Prezzi improponibili per gli allevatori italiani che non possono scendere sotto i 35 centesimi, che a malapena coprono, nelle aziende più efficienti, i soli costi di produzione. Le posizioni sono ancora distanti e si continua a discutere in Lombardia (dove è concentrata la produzione italiana), in Piemonte e in altre Regioni.

Il lavoro di mediazione è intenso da una parte e dall’altra, come dimostrano anche le manifestazioni di piazza del 12 maggio, un segnale forte della volontà da parte degli allevatori di arrivare ad una soluzione, che i più danno come possibile per fine maggio, quando i tavoli interprofessionali torneranno a riunirsi per cercare un accordo.

 

In attesa delle quote

Maggio finirà così per essere un mese particolarmente denso per la zootecnia italiana, poiché entro questo mese dovrà arrivare anche l’aumento delle quote latte del quale si è molto discusso nei  mesi precedenti. A dire il vero l’aumento delle quote doveva già essere operativo il 15 aprile, come era nelle indicazioni della legge 33/2009, approvata con il ricorso alla fiducia da parte del Governo e dove il tema quote era stato introdotto con un maxi-emendamento (se ne è parlato diffusamente anche su Agronotizie). Il ritardo nella assegnazione è motivato da alcune perplessità in merito alle priorità nelle assegnazioni delle quote suppletive, perplessità che saranno risolte dal giudizio del Consiglio di Stato che dovrebbe esprimersi appunto entro questo mese.

 

La lettera del ministro

In attesa di questo chiarimento il ministro dell’Agricoltura, Luca Zaia, ha affidato ad una lettera indirizzata agli allevatori italiani il compito di spiegare il motivo del ritardo e per ribadire i principi sui quali si articola l’aumento della quota. La missiva del ministro ricorda i tre principi sui quali si basa il provvedimento: non prevedere sanatorie, regolarizzare la produzione delle aziende eccedentarie, non aumentare la produzione di latte complessiva. Come sottolinea il ministro nella lettera agli allevatori, nella distribuzione delle quote per 760mila tonnellate complessive, sono coinvolte 6800 aziende produttrici di quota “B”, 4600 aziende con quote in affitto, 9200 aziende produttrici fuori quota. Alle aziende multate si chiede il pagamento di 1,671 miliardi di euro con una rateizzazione a titolo oneroso che arriva, per i debiti più elevati (oltre 300 milioni di euro) al 7,2% di interessi.

 

Quanti si metteranno in regola?

Per non aumentare il ritardo già accumulato si procederà probabilmente con un’attribuzione provvisoria dell’aumento di quota, cui seguirà (si spera in tempi brevi) l’attribuzione definitiva. Il tutto, ricordiamo, sotto la vigilanza del Commissario straordinario Paolo Gulinelli, al quale è stato affidato questo delicato incarico. Sarà interessante, a conclusione di questa prima e complessa fase, conoscere quanti allevatori raccoglieranno l’opportunità di “mettersi in regola” e apriranno il portafoglio per pagare la prima rata, che scade il 31 dicembre di quest’anno. La rateizzazione è lunga (si arriva anche a 30 anni), ma molte aziende, già con l’acqua alla gola, potrebbero non essere in grado di saldare il debito. Un aiuto potrebbe venire da un accordo sul prezzo del latte che ridia un po’ di fiato alle aziende in affanno. Ma non sarà facile.