Il 25 gennaio scorso, nella sede di Confagricoltura a Roma, Nomisma ha presentato il rapporto “Ogm ed approvvigionamento di mais nel medio periodo: criticità ed opportunità del caso italiano” per analizzare come potrebbero evolvere nei prossimi anni le dinamiche nazionali di approvvigionamento di una delle principali commodity agricole internazionali, alla luce dei numerosi nuovi elementi (Ogm, agroenergie) che andranno ad impattarvi.
 
Secondo lo studio di Nomisma, che simula due scenari da oggi al 2013, la disponibilità di mais non Ogm nel medio termine calerà tra il 40 e il 70% e i margini di manovra affinché l’Italia possa continuare a perseguire un’opzione non Ogm diventeranno sempre più limitati, considerato che il mais non Ogm disponibile sui mercati internazionali si potrebbe ridurre dagli oltre 43 milioni di tonnellate attuali ad un intervallo compreso tra i 13 e i 26 milioni”. Si stima inoltre che il prezzo del mais non Ogm è destinato ad aumentare “ben oltre il 4% di differenziale attuale, con un aggravio dei costi di approvvigionamento a cascata sulla filiera”. Un ulteriore elemento di criticità potrebbe giungere poi dalla normativa comunitaria sulle micotossine, laddove dovessero essere introdotti limiti stringenti per il segmento feed. Secondo Nomisma i rischi relativi all’approvvigionamento provengono anche dalla stasi della produttività del mais italiano e dalla crescente domanda di mais da parte dei paesi in via di sviluppo.

In Italia rese stabili, crescita della domanda, calo dell’autoapprovvigionamento
Secondo lo studio in Italia ristagnano le rese di mais a causa di diversi fattori tra cui le ricorrenti crisi idriche, l’inizio dell’applicazione della direttiva Nitrati e la ridotta possibilità di ricorrere all’innovazione data dalla ricerca sul germoplasma di origine extra europea per la presenza accidentale di ogm; tuttavia la domanda di mais cresce e crescono, di conseguenza, anche le importazioni (+1,1 milioni di tonnellate tra il 2001 e il 2006). Il tasso di autoapprovvigionamento di mais del paese è quindi passato dal 98% del 2001 all’87% del 2006. Sui mercati mondiali la forte richiesta di mais destinato a biomassa ha fortemente sospinto verso l’alto le quotazioni che hanno oltrepassato i 180USD/tonnellata.

Dinamiche del mercato e usi no-food
In prospettiva le dinamiche del mercato italiano del mais potrebbero subire sostanziale modifiche a causa di una serie di fattori. Tra questi un aumento degli utilizzi non alimentari del mais principalmente nei settori della produzione di bioetanolo che potrebbe assorbire 1,8 milioni di tonnellate/anno, di biopolimeri (700.000 tonnellate/anno) e biogas (900.000 tonnellate/anno). Tali impieghi creeranno una domanda addizionale di circa 3,4 milioni di tonnellate, non colmabile con l’aumento delle superfici coltivabili. Sarà quindi necessario
ricorrere ad un forte incremento delle importazioni (probabilmente più del triplo degli attuali volumi, pari in media a circa 1 milione di tonnellate negli ultimi anni) per colmare il gap tra offerta e domanda. Tale stima potrebbe subire un ulteriore aggravio qualora la normativa europea sulle micotossine renda di fatto inutilizzabile una quota rilevante di mais tradizionale prodotto nel nostro paese.

Micotossine
La normativa europea sulle micotossine prevede infatti limiti stringenti riguardo alla presenza di micotossine nel mais e negli altri cereali a fini alimentari. Anche se tali vincoli non si applicano attualmente all’alimentazione animale, non si può escludere nel medio periodo il varo di norme più stringenti anche per la zootecnia con effetti negativi su tutta la filiera.

Quadro internazionale

Nel medio periodo le superfici coltivate a mais nel mondo sono destinate a crescere (+7,3%) così come la produzione mondiale (+19%). In questo contesto si prevedono un’ulteriore crescita delle esportazioni da USA, Argentina e Brasile, paesi che, nel caso dei primi due, già oggi vedono la quota di mais geneticamente modificato superiore a quello tradizionale. Al contrario, uno dei principali esportatori attuali, la Cina, diventerà un importatore netto, contribuendo ad aumentare la pressione sulla domanda mondiale. Secondo lo studio il commercio mondiale di mais vedrà quindi nei prossimi anni una quota crescente di prodotto gm, che potrebbe giungere fino all’86% del totale, a partire dal 49% circa stimato per il 2006.

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