Tipiche di zone tropicali o subtropicali, alcune colture possono però adattarsi e produrre anche in Italia, a patto di incontrare un clima caldo o comunque mite durante tutto l'anno, meglio se caratterizzato da buoni tassi di umidità e con una sufficiente disponibilità idrica nei mesi più siccitosi. 


A conferma, in Italia tali colture hanno fatto capolino, in primis in Sicilia, trovando condizioni idonee alla coltivazione anche in alcune aree della Calabria, della Puglia e della Sardegna. Cioè quelle più vicine al mare e raramente toccate da fenomeni di freddo estremo, nemico numero uno di queste colture. 


I più noti fra questi frutti sono da tempo consumati nel Belpaese, ovvero avocado e mango, ma altre colture esotiche sono negli anni arrivate negli areali meridionali italiani, come per esempio il limone caviale, il frutto del drago e l'annona.


Cinque colture di interesse italiano

Come detto, il più noto frutto tropicale consumato da tempo in Italia è l'avocado (Persea americana). Trattasi di pianta arborea a impollinazione incrociata, richiede cioè varietà diverse per poter fruttificare. 


A seguire il mango (Mangifera indica), anch'esso pianta arborea che può però raggiungere altezze di alcune decine di metri. Autofertile, è la coltura che più teme il freddo intenso fra le tropicali coltivabili in Italia. 


Di più recente introduzione il finger lime (Citrus australasica), detto anche "limone caviale". Questa pianta ha invece taglia contenuta, rientrando in altezze di pochi metri. Meglio gestibile quindi per le pratiche agricole, produce i tipici frutti che una volta aperti liberano delle sferule saporite e colorate. 


Molto meno noto e proveniente dal Sudamerica, ma ormai coltivato in molti Paesi al mondo, il frutto del drago, o pitaya (Hylocereus undatus). Produce frutti dal forte contrasto cromatico, presentando polpa bianca in cui sono incastonati i piccoli semi neri. La buccia tende al porpora e può essere coltivato più facilmente ove crescano bene i fichi d'india (Opuntia ficus-indica).


Infine, una pianta rustica e poco esigente quanto a terreni: l'annona (Annona cherimola), coltivata da qualche tempo soprattutto in provincia di Reggio Calabria, producendo frutti carnosi di grandi dimensioni, con taglie che possono raggiungere il mezzo chilo. 


La concimazione dell'avocado

Per gli aspetti nutrizionali si è scelto proprio l'avocado, anche per la possibilità di essere coltivato da hobbisti nei propri giardini, a patto di avere il clima giusto, la disponibilità idrica necessaria e un pH del terreno non alcalino. Altrimenti si deve intervenire per riportarlo sotto il valore di sette. 


In termini di concimi, l'avocado non necessita di norma di specifici apporti per via fogliare, ma beneficia di un buon livello di fertilità del terreno, in primis di azoto. Questo elemento è bene sia somministrato ai piedi delle piante in forma organica, utilizzando 20-30 millilitri per cento metri quadri di formulati ricchi di acidi umici e fulvici da leonardite.

 

In alternativa e/o integrazione, sono consigliabili concimi derivanti dalla trasformazione di matrici organiche vegetali o animali, come gli scarti delle filiere zootecniche. Indicativamente, si possono applicare questi concimi in ragione di 5-6 chilogrammi per cento metri quadri di terreno. 


In impianti in attiva crescita, però, può risultare utile somministrare anche azoto in forma granulare a lento rilascio, meglio se integrati da microelementi come boro, ferro e zinco. Ciò che importa, infatti, è che la pianta possa contare nel tempo su una base costante di fertilità, non necessitando la coltura di applicazioni a pronto rilascio nel corso del suo ciclo produttivo annuale. Con formulati granulari intorno al 20-25% di azoto totale si possono quindi applicare a fine inverno dosi di 3-5 chilogrammi ogni 100 metri quadri di terreno. 


L'avocado teme però due diversi tipi di carenze in caso il terreno non sia adeguatamente fornito di ferro e zinco. Può quindi essere utile una somministrazione sporadica di questi microelementi, al fine di prevenire o correggere eventuali sintomi di carenze, come per esempio l'ingiallimento dei margini fogliari a causa di una mancanza di ferro nella pianta.