La scorsa estate è stato approvato il Regolamento europeo sui fertilizzanti (2019/1009) al cui interno è presente una sezione dedicata anche ai biostimolanti, un settore merceologico che fino ad oggi era sprovvisto di una regolamentazione organica di riferimento a livello europeo, mentre in Italia si rifaceva al dl 75/2010 che tuttavia presentava alcune lacune. Si tratta di un passo importante per cercare di mettere ordine in un settore in cui la comunicazione all'utilizzatore finale è stata finora lasciata alla sensibilità delle aziende produttrici e all'autoregolazione del settore.

Per fare chiarezza su dove sta andando il comparto e fornire ad agricoltori e tecnici una bussola per orientarsi Image Line ha organizzato nell'ambito di Fieragricola 2020 il convegno Focus biostimolanti - Normativa e Colture.
 
Tutti i relatori del convegno presenti sul palco
Tutti i relatori del convegno presenti sul palco

"I biostimolanti rappresentano un nuovo gruppo di prodotti che sono estremamente interessanti per l'agricoltore", ha sottolineato in apertura dei lavori Ivano Valmori, fondatore di Image Line e direttore di AgroNotizie. "Il problema è che la nuova normativa entrerà in vigore nel 2022 e fino a quel momento il quadro normativo è definito dal Regolamento Ce 2003/2003 e dal dl 75/2010 che definisce i prodotti ad azione specifica - biostimolanti. Al contempo, si rivela sempre più importante fare chiarezza sul contenuto e sui benefici che questi formulati apportano".

Già, perché come ricordato da Giovanni Toffoli, di Assofertilizzanti, i biostimolanti possono aiutare le piante a superare gli stress abiotici (caldo, freddo, siccità, etc), possono avere un ruolo nel migliorare le qualità del prodotto (pezzatura, profilo nutrizionale, etc...) e possono potenziare l'apparato radicale e la capacità della pianta di assimilare i nutrienti. Punto, altri scopi non sono contemplati.
 

I biostimolanti non sono fertilizzanti nel senso stretto del termine, in quanto non apportano sostanze nutritive alle piante e non sono tantomeno agrofarmaci, in quanto non difendono direttamente la coltura da malattie e insetti. In attesa del luglio 2022, quando la nuova legge entrerà in vigore, l'agricoltore può dunque già avere dei parametri di riferimento.
 

Tre anni di incertezza

"Nel periodo che ci separa dal luglio 2022 sono molte le cose da fare", ha spiegato Toffoli. "Ci sono ad esempio da scrivere le norme tecniche che regolamenteranno le dichiarazioni in etichetta su cosa il biostimolante è in grado di fare". La partita si gioca a livello europeo, al tavolo del Cen (Centro di normazione europea) dove l'Italia è presente per portare il suo contributo e difendere gli interessi del settore.

Dal 2022 le aziende potranno scegliere tra alcuni 'claim' da inserire in etichetta, ma per poterli stampare sui propri prodotti biostimolanti avranno bisogno di eseguire delle prove in campo per testarne l'efficacia, come ha sottolineato Daniele Villa, rappresentate di Fissa (Federazione italiana delle società di servizi di sperimentazione in agricoltura), l'associazione che raggruppa i centri di saggio italiani.
 

"Le prove in campo non saranno solo un obbligo di legge per chi vuole immettere sul mercato prodotti biostimolanti, ma sono anche il miglior modo per tutelare i produttori e il consumatore finale", ha rimarcato Villa.

Per gli agricoltori che già oggi vogliono avere informazioni maggiori su questi prodotti ad azione specifica esiste un portale, Fertilgest, nel quale è possibile reperire informazioni sui singoli prodotti, ma anche riferimenti normativi, paper scientifici e articoli giornalistici.
 

Biostimolanti, quattro casi d'uso

I biostimolanti rappresentano una nuova e avvincente frontiera per chi fa agricoltura, che ben si sposa con il precision farming. "Attraverso l'agricoltura di precisione si riescono ad individuare quegli stress, ad esempio idrici o di calore, che sono poi oggetto dell'azione specifica dei biostimolanti", ha spiegato dal palco Raffaele Casa, professore dell'Università della Tuscia.

Applicare il prodotto giusto dove serve e soprattutto quando serve, dunque. E proprio per analizzare quali sono le applicazioni dei biostimolanti in campo durante il convegno organizzato da Image Line sono intervenuti quattro esperti che hanno raccontato le proprie esperienze con pomodoro, vite, zucchino e riso. (Tutte le presentazioni sono scaricabili in questa pagina).

Luigi Pennuzzi, agronomo, ha portato l'esempio della coltivazione in serra (su suolo e fuori suolo) e in pieno campo dello zucchino. In questo contesto i biostimolanti vengono usati per aiutare la pianta a superare lo stress del trapianto, la mancanza di luce e le temperature basse caratteristici di alcuni periodi dell'anno. Ma anche per incrementare la qualità del prodotto.
 


Mentre Youssef Rouphael, dell'Università di Napoli Federico II, ha portato la sua esperienza con il pomodoro da mensa in serra, in cui i biostimolanti sono impiegati per migliorare l'assimilazione dei nutrienti e quindi la resa delle piante, nonché la qualità dei frutti. Di viticoltura da vino ha parlato invece Alberto Vercesi, dell'Università Cattolica del Sacro Cuore.

Vercesi ha impiegato degli idrolizzati proteici irrorati sulle chiome delle piante. Il risultato è stato uno sviluppo vegetativo più intenso e un effetto ritardante della maturazione, molto interessante in un contesto di cambiamenti climatici. Sono poi stati utilizzati funghi micorrizici su giovani barbatelle. In questo caso si è ottenuto un aumento della produttività e una migliore risposta delle piante agli stress idrici.

Giorgio Mazzoni, del Consorzio Terrepadane, ha invece portato il caso di una coltura-commodity, il riso. Una coltura che, se trattata con prodotti biostimolanti, non solo resiste meglio agli stress ambientali, ma ha un aumento di produttività. Un incremento di resa alla lavorazione che permette di coprire i costi dei trattamenti aggiuntivi.
 

Sostenibilità economica e ricerca scientifica

Tutti i testimoni hanno riscontrato un vantaggio economico nell'utilizzo dei biostimolanti, che tuttavia deve essere valutato caso per caso e soprattutto guardando non alla singola coltura ma all'intero agroecosistema in cui si opera. Perché un biostimolante può avere un effetto positivo ed economicamente sostenibile in un dato areale, associato a certe pratiche agronomiche, terreni e cultivar, mentre può non essere così vantaggioso in altri agroecosistemi.

Una cosa è certa, nel campo dei biostimolanti non c'è spazio per l'improvvisazione. Il loro uso deve essere studiato e l'applicazione eseguita a regola d'arte. Ma anche lo sviluppo del prodotto stesso non può prescindere da una profonda fase di ricerca e sviluppo.

"La ricerca gioca un ruolo fondamentale nello sviluppo dei biostimolanti", ha concluso Giuseppe Colla, professore all'Università della Tuscia. "Si tratta di prodotti altamente innovativi, caratterizzati da peculiarità specifiche, come la presenza di numerose molecole bioattive. Le tecniche di ricerca avanzata, come le scienze omiche, diventano dunque importanti per permettere di quantificare gli effetti biostimolanti e di comprendere i meccanismi di azione delle diverse componenti".
 
Lo staff di Fertilgest - Image Line ringrazia New Ag International per la media partnership relativa all'evento