Nell'ambito degli incontri annuali promossi dal Cdo Agroalimentare, martedì sera si è tenuto a Imola l'incontro dal titolo "Se ci tolgono gli agrofarmaci, si può fare ancora agricoltura?" con esperti del settore e alcuni imprenditori agricoli che hanno presentato i propri casi aziendali. Ad aprire la serata Camillo Gardini, presidente di Cdo Agroalimentare e moderatore della serata.

"E' sicuramente più difficile fare difesa integrata rispetto a 30 anni fa – ha sottolineato Mauro Boselli, fitoiatra entomologo – componenti come cambiamento climatico, regolamento Ue n 2012/844 e l'arrivo di insetti alieni hanno certamente modificato lo scenario radicalmente. Fra tutti, sicuramente il processo di revisione è stato il motivo più impattante, con un calo drastico del 70% delle sostanze attive. Se 15-20 anni fa le sostanze attive insetticide erano oltre 200, adesso sono circa 60".

"La piramide della difesa integrata ha come apice principale la lotta chimica – ha continuato Boselli – purtroppo l'arrivo della cimice asiatica nel 2014 ha scombinato un po' le carte in tavola, tanto che la specie è stata considerata non pesante e quindi depenalizzata in termini di difesa. L'arrivo della cimice ha sconvolto in particolare le linee guida di difesa integrata, in particolare sul pero".

A Boselli gli fa eco Riccardo Bugiani, patologo del Servizio fitosanitario della Regione Emilia Romagna. "Le autorizzazioni delle nuove molecole sono diminuite fortemente, per questo le sostanze attive a disposizione sono sempre di meno. Lo scenario per i prossimi cinque anni prevede che, a essere colpiti, saranno in particolare fungicidi e insetticidi, dal momento che gli erbicidi hanno già subito abbastanza. L'obiettivo è certamente limitare la comparsa di popolazioni resistenti, per questo servirà un forte controllo di integrated pest management. Per aiutare la difesa integrata, sarà importante spingere e implementare sempre di più l'agricoltura di precisione". "Sul fronte dei prodotti sanitari bio – sottolinea Bugiani – l'efficacia è meno elevata rispetto all'uso dei prodotti di sintesi e sono in alcuni casi più difficili da applicare". 

"Sul fronte della vite, certamente il miglioramento genetico aiuta la difesa
– ha ricordato invece Marco Stefanini, responsabile unità genetica vite della Fondazione Edmund Mach – è innanzitutto importante la diffusione di varietà tolleranti a oidio e peronospora. La condizione principale per il miglioramento genetico è la biodiversità delle piante interfertili, mentre l'obiettivo è la realizzazione di piante con un corredo cromosomico differente rispetto a quello iniziale".

Successivamente sono stati presentati quattro casi relativi alle aziende di Claudio Gallerani, Massimo Ceroni, Tommaso Brandono e Tomas Malaguti, che hanno fatto della diversificazione la propria costituzione, ribadendo l'importanza e la necessità di un uso sostenibile di agrofarmaci all'interno delle proprie aziende.