Il re delle esportazioni è il vino con 5,4 miliardi di euro, seguito dall'ortofrutta con 4,4 miliardi. Basta pensare al fenomeno Prosecco. Questo spumante ha conquistato i mercati di mezza Europa per un giro di affari che nei primi undici mesi del 2016 si attestava a 809 milioni di euro.
Nei prossimi anni per i viticoltori e le cantine italiane si apriranno ampi spazi di crescita, ma esportare vino in Europa e nel resto del Mondo non è affatto semplice. Tra i problemi principali ci sono quelli legati alla struttura manageriale, alle difficoltà culturali e anche alla normativa. Uno degli scogli riguarda infatti il livello di residui di agrofarmaci all'interno della bottiglia. Se in Europa i tetti sono omogenei, nel resto del mondo ogni Paese è una realtà a sé stante.
Per venire incontro alle esigenze dei coltivatori Syngenta ha messo a punto il Grape quality agreement (Gqa), un accordo non vincolante e non oneroso attraverso il quale Syngenta concorda con l'agricoltore un programma di difesa della vite. Un programma che mette nelle condizioni l'azienda agricola di conoscere, fin dalla primavera, quali saranno i mercati accessibili al proprio vino.
Gqa è un progetto lanciato nel 2013 su 180 ettari, ma in continua crescita: nel 2016 la superficie coinvolta ha toccato i 16.500 ettari. Proprio per creare un momento di incontro tra le aziende aderenti al Grape quality agreement Syngenta ha organizzato a Verona una conferenza dedicata alle cantine e agli stakeholder di settore in cui non solo ha presentato il Gqa e i suoi risultati, ma ha anche fornito strumenti per l'export alle aziende, come analisi di mercato e consigli su come proporsi ai buyers internazionali.
"Il Grape quality agreement è un accordo non oneroso stretto tra Syngenta e i viticoltori. Sulla base delle esigenze dell'agricoltore Syngenta stende un programma dei trattamenti che consente all'azienda di sapere fin da subito quali saranno i mercati accessibili", spiega Paolo Borsa, technical crop manager specialty crops di Syngenta. "Il viticoltore ha la possibilità di uscire dall'accordo in qualunque momento, senza alcun onere. Inoltre ha la garanzia di essere rimborsato se a fine vendemmia, dopo aver seguito il programma, il suo vino non è esportabile a causa dei residui di agrofarmaci".
L'obiettivo è dunque quello di ottenere un vino buono ed esportabile, che soddisfi le esigenze del cliente ma anche quelle della grande distribuzione. Ma non solo. Perché Syngenta fornisce agli agricoltori tutta una serie di servizi accessori per migliorare la sostenibilità ambientale dell'azienda. Si va da Operation Pollinator, che mira ad aumentare la biodiversità di insetti impollinatori in vigna dedicando terreni marginali alla semina di varietà da fiore. Fino ad HelioSec, un sistema che permette lo smaltimento sicuro delle acque di lavaggio delle attrezzature utilizzate per i trattamenti.
"Il nostro obiettivo è quello di fornire servizi e tecnologie innovative a tutte le aziende agricole, grandi e piccole", spiega Luigi Radaelli, amministratore delegato di Syngenta Italia. "La sfida del nostro tempo è quella di produrre cibo sufficiente per sfamare una popolazione mondiale in crescita tutelando al contempo l'ambiente. Solo grazie all'innovazione tecnologia possiamo affrontare questa sfida".
L'evento dedicato alla community del Gqa è stata l'occasione anche per illustrare più nel dettaglio i numeri del settore vitivinicolo italiano. "L'Italia è il leader mondiale a livello di volumi con 48,8 milioni di ettolitri", spiega Denis Pantini, responsabile del Wine Monitor di Nomisma. "Se i consumi interni sono in contrazione, nel mondo i margini di crescita sono enormi. Lo abbiamo visto con il fenomeno Prosecco in Nord Europa, ma mercati come quello asiatico sono ancora tutti da esplorare".
Andrea Rea, docente dell'Università Bocconi, ha invece presentato i risultati di una ricerca sul livello di managerialità interno alle aziende vitivinicole. "Posso dire che negli ultimi dieci anni il livello è molto migliorato", spiega Rea. "Oggi le cantine sono più attente al proprio brand e a legarlo con le specificità del territorio. C'è un tentativo maggiore di presidiare i canali commerciali e di affacciarsi ai mercati esteri con più consapevolezza".
Le aziende vitivinicole sono dunque sempre più orientate all'export, eppure sono in molti a fare ancora fatica a vendere. "Questo perché servono strategie ad hoc", spiega Michele Shah, consulente di marketing e giornalista di settore. "Bisogna sicuramente conoscere i mercati esteri, i gusti della possibile clientela e i trend di mercato. Ma bisogna anche saper creare una etichetta accattivante e saperci fare nelle relazioni interpersonali. Esportare vino è soprattutto una questione di creazione di relazioni con i buyers. Degustazioni e fiere sono occasioni importanti ma bisogna arrivarci preparati".