Uno degli obiettivi di Soia Italia è quello di creare una serie di incontri informativi e di campo per tornare a coltivare la soia in Italia secondo criteri di alta qualità.
In passato si arrivò a coltivare ben 500 mila ettari, nell’era cosiddetta Gardini/Ferruzzi. Ora, dopo una fase di contrazione degli ettarati, la soia deve tornare a rappresentare una coltura da reddito come in passato. La Pac 2014-2020 in tal senso può aiutare, ma risulta necessario produrre una tipologia di soia che soddisfi le esigenze dell’industria. Serve quindi un equilibrato mix di genetica e di appropriate tecniche colturali di campo.
Il 5 dicembre scorso, Soia Italia ha organizzato un convegno a Legnaro, in Provincia di Padova, al fine di condividere con il Mondo tecnico e produttivo le novità in tema di Pac, di minime lavorazioni e di sostenibilità della filiera.
Moderato da Roberto Bartolini, l’evento è stato aperto dall’intervento di Angelo Frascarelli dell’Università di Perugia, il quale ha esordito lanciando un appello alla coesione. Ovvero, l’agricoltore isolato, dalla filiera, dall’informazione, non ha futuro. In altre parole, se si vuole superare le attuali difficoltà del mercato, si deve mirare al lavoro di team, cooperando con più interlocutori della filiera.
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Rivoluzione nella Pac
Attualmente la Pac non interviene più sui mercati, quindi l’agricoltore dovrà operare le proprie scelte in funzione di analisi puramente economiche e agronomiche. Non vi sarà infatti più in mezzo la politica a gestire e influenzare le scelte. Spariranno, tanto per fare un esempio, quote latte e diritti d’impianto dei vigneti.
Nei pagamenti diretti l’Italia ha purtroppo perso 300 milioni su 4 miliardi, ma ne ha guadagnati 400 sul fronte dei Psr. Quindi la massa monetaria a disposizione resta più o meno immutata. La Pac è stata però “spacchettata” al fine di realizzare erogazioni più mirate ai giovani, alla difesa dell’ambiente e dei piccoli agricoltori. A fronte di un pagamento l’agricoltore deve però fare qualcosa, cioè deve rispettare impegni precisi. La condizionalità è infatti alla base dei pagamenti.
A ciò se ne aggiungono altri, di impegni, come per esempio le minime lavorazioni, o la tutela di razze in via d’estinzione. Si pagherà quindi sempre più per i benefici ambientali e sempre meno per le produzioni.
La riforma è molto complicata. Innanzitutto è bene spazzare un dubbio: non ci sarà alcun rinvio di un anno come circola spesso nei media. Le cose non possono essere cambiate al volo, quindi tutto procederà come previsto. La nuova Pac prevede inoltre che ogni appezzamento di terra abbia un qualche titolo. Non accadrà cioè più che chi ha un frutteto non prenda niente e chi coltiva bietola o tabacco si. Dal computo sono esclusi solo boschi e tare.
Il titolo deve essere inoltre regionalizzato, ovvero reso specifico per la regione geografica omogenea. L’Italia nella sua interezza è considerata una Regione e riceverà 320 € per ettaro, di cui 180 € di contributo base più 95€ per il Greening al quale si accodano altre voci minoritarie.
La convergenza fra chi attualmente non percepisce alcun sussidio e chi invece li riceve non sarà immediata. Nei prossimi anni caleranno i contributi più alti, anche se non potranno diminuire più del 30% del valore iniziale, e saliranno quelli più bassi fino a percepire il 60% del valore medio (320 €) nel 2019. Ci metterà cioè cinque anni per arrivare a 160 €. Può in effetti sembrare poco, ma la situazione precedente era zero.
Angelo Frascarelli, dell'Università di Perugia, ha trattato i temi della nuova Pac
Se si riducono le superfici…
In caso gli ettari si riducano per qualche motivo, si verifica il cosiddetto “Guadagno insperato”. Se per esempio un agricoltore ha 100 ettari nel 2014, ma nel 2015 non gli rinnovano il contratto di affitto e ne perde 30, la Pac continua ad essere calcolata sui 100 ha, ma si riduce del 50% il valore dei terreni perduti. In altre parole, se restano 70 ettari sui 100 precedenti, i nuovi contributi Pac verranno calcolati su 85.
Sempre più verdi
La misura del cosiddetto “Greening” è di fatto una moltiplicazione del valore di base. Aderendo a questa misura un viticolture riceve 60 €/ha, un allevatore giunge a 300. Come detto sopra, resteranno quindi delle disparità fra tipologie produttive, le quali si riverbereranno anche sui contributi per il Greening.
Non sono previsti specifici impegni di rotazione, ma l’agricoltore che aderisce alla Misura deve fare diversificazione. Le colture permanenti sono considerate “green” a prescindere e non devono quindi diversificare. Tre sole deroghe: riso, foraggio, set-aside.
Chi non aderisce al Greening perde ovviamente il relativo pagamento, cosa che come detto pesa in modo diverso fra i vari agricoltori. Nel 2017 perde però anche parte degli altri pagamenti in ragione del 20% del pagamento Greening. Dal 2018 questa diminuzione diventa del 25%.
Le aree ecologiche rappresentano uno dei tre impegni. Chi ha più di 15 ha aziendali deve fare almeno il 5% di set-aside ecologico. Anche le fasce tampone, i fossi, le essenze azotofissatrici (inclusa la soia) e le siepi possono fungere da area ecologica. Per esempio, il bordo campo all’ombra di un filare di alberi, conviene trasformala subito in area ecologica.
In termini temporali, la coltura “diversificante” è quella che si trova in campo fra il 1° aprile e 9 giugno. Se coltivo loietto e soia, queste cadono entrambe in questa finestra: come effettuare il calcolo? Il loietto resta in campo per un tempo maggiore all’interno di questa finestra temporale. Quindi si sceglie il loietto e non la soia come “diversificante”.
Soia in grande spolvero
La soia gode comunque di aiuti accoppiati: l’11% del plafond nazionale è infatti allocato sull’aiuto accoppiato. La soia ottiene in teoria 97 €/ha, ma il contributo non è calcolato su tutta la superficie: in realtà esso è pieno sui primi 5 ettari, poi si prende il 10% dei 97 €/ha teorici su tutto il resto della superficie. La soia, prevista dal Greening come coltura differenziante, prende l’aiuto accoppiato solo a patto di arrivare a maturazione.
Prs: un aiuto in più
Capitolo Psr: in questo momento sono all’esame di Bruxelles, ma si prevedono già contestazioni ai piani regionali. Se però si praticano bio, sovescio e minime lavorazioni, queste ricadono nei piani regionali di sviluppo. A questi gli agricoltori possono aderire volontariamente e quindi possono prendere contributi da varie misure. Nei Psr vengono per esempio confermati anche gli investimenti aziendali: chi acquista macchine agricole innovative avrà un contributo per l’investimento.
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