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Soia: biodiversamente preziosa
Giuliano Mosca, dell’Università di Padova, non ha dubbi: la soia genera biodiversità ed efficienza nelle rotazioni agrarie. Sostiene la fertilità dei campi e la salubrità dell’alimentazione.
Come superficie si è però scesi dai 500 mila del 1990 ai 220 mila attuali, passando attraverso un
minimo storico intorno al 2006, quando si coltivarono poco più di 100 mila ettari, anche a causa di problemi climatici. In Veneto, risiede circa la metà della soia nazionale.
Dal punto di vista rotazionale, la soia è bene preceda soprattutto un cereale. Il mais è infatti troppo avido di nutrimenti veloci, mentre la soia rilascia nutrienti lentamente. Ciò la rende quindi più adatta a precedere frumento.
Essendo poi una brevidiurna, la soia fiorisce solo dopo il 21 giugno, quando iniziano ad accorciarsi le giornate. Un fattore da tenere in considerazione al momento di redigere i piani di semina.
Molti amano soprattutto le soie di Gruppo II, da scoraggiarsi però in quanto le temperature decrescenti e le grandi piovosità di fine estate ne penalizzano la maturazione. Le varietà del Gruppo II maturano quindi lentamente, non perdono foglie e umidità e il baccello può quindi ammuffire sulla pianta o perdere i semi. Per gli areali del Nord è meglio quindi prediligere varietà dei Gruppi I o I+.
Storia e agronomia
Le leguminose sono comparse 70 milioni di ani fa. Le interazioni fra piante e microrganismi risalgono a 400 milioni di anni fa. L’azoto fissatore della soia è altamente specifico, al contrario di medica e trifoglio.
Quanto all’azoto, le soie del Gruppo I possono assimilare fino a 400-450 kg/ha di azoto per ettaro, di cui 173 sono estratti dall’atmosfera. 200 kg escono poi dal campo con la granella, mentre 100 kg vengono fissati nelle parti epigea e ipogea delle piante. L’azoto residuo è quindi di circa 50 kg/ha, contenuto soprattutto in nodi e strutture fisiche. Mano a mano che questi si degradano, l’azoto liberato finisce con l’alimentare microrganismi, malerbe oppure si trasforma in sostanza organica. Per queste ragioni le accuse alla soia di generare dilavamento di azoto verso le falde appare una panzana.
Un aspetto che invece si trascura è il ruolo che la soia ha nel contrastare l’effetto serra. La soia assorbe infatti circa 600 kg/ha di CO2. Equivalente a 0,2 Tep/ha.
Lisina: aminoacido principe
Loris Cortese, di Cortal Extrasoy, ricorda invece le proprietà nutrizionali della soia, sia per il consumo umano, sia per quello animale. La soia è infatti una coltura strategica nelle filiere zootecniche e rappresenta una fonte importante di proteine per gli animali allevati. Si pensi ad esempio all’itticoltura, attualmente sostenuta utilizzando mangimi ottenuti da sfarinati di pesce pescato: un doppio depauperamento dei mari, visto che i fattori di conversione del pesce allevato lasciano sul campo una porzione di calorie che potrebbe invece essere assorbita direttamente dall’Uomo. Ed ecco che la soia potrebbe sostituirsi a questi sfarinati minimizzando gli impatti sui mari.
Il consumo di carne crescerà infatti del 73% entro il 2050 (Fonte: La zootecnia nel Mondo - 2011), mentre i prodotti caseari saliranno del 58%. Si dovrà quindi migliorare l’efficienza nella conversione dei mangimi, ma anche aumentare le rese per ettaro di prodotti agricoli. La soia risulta particolarmente preziosa in tal senso perché dopo sangue e pesce è la terza fonte di lisina, uno degli aminoacidi essenziali.
Fattori tecnico-agronomici
Francesco Magro e Piero Ciriani, di Sipcam, riassumo a loro volta gli aspetti più squisitamente agronomici della coltura.
Purtroppo, l’evoluzione della genetica della soia è sicuramente meno veloce rispetto al mais. Gli investimenti sono stati sempre più orientati verso i mercati importanti, ovvero Usa e Sudamerica e i miglioramenti ottenuti all’estero non sono quindi importabili in Italia così come sono. Si è quindi scelto di operare su altri fronti, ovvero i fattori antinutrizionali e gli alti tassi di proteine.
Quanto alle innovazioni tecnologiche da adottare è necessario un progetto agronomico che armonizzi l’interazione dei vari fattori di produzione. I “Laboratori Agronomici” sono nati proprio per testare e validare nuove opportunità e operano in pieno campo, nelle aziende agricole. Due sono posizionate in Provincia di Rovigo, una a testa per Verona e Venezia.
Fra le tecnologie che migliorano i redditi dell’agricoltore vi sono le semine operate secondo logiche di minime lavorazioni (o anche di semina su sodo), ma anche le irrigazioni, praticate attraverso ali gocciolanti alimentate da centraline che rilevano lo stato di umidità dei suoli tramite apposite sonde posizionate a diverse profondità nel terreno.
Apprezzata la pratica dello Strip-Till, la quale predispone al meglio il terreno ad accogliere il seme in un corridoio che si presenta migliore anche dal punto di vista termico.
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