Un titolo che non lascia dubbi: “Il nostro corpo è pieno di metalli pesanti e pesticidi[1], seguito ovviamente dall’invito a mangiare cibi bio. Questo è quanto pubblicato da ECplanet, un sito che si ripromette di rappresentare nel web “l’altra informazione”. Infatti sulla medesima pagina compaiono altri titoli dal forte carisma disvelativo, come “Trovata in Canada una cura per il cancro, ma le big pharma fanno finta di niente[2], oppure “Terremoto in Giappone: un sisma artificiale?[3]. Non manca neppure la riproposizione della nota storia che vorrebbe un solo scienziato a capo della scoperta della vera causa del cancro[4], ovvero quell’acidità corporea (!) da combattere seguendo i precetti di ciò che sarebbe recentemente passato alla cronaca come “dieta alcalina”, tormentone che ha già scatenato polemiche più o meno feroci anche a seguito di un servizio su “Le Iene”, programma di Italia 1, le quali non erano evidentemente sazie di quanto già visto sul caso Stamina-Vannoni.
 
Ognuno è libero di farsi la propria opinione circa i contenuti riportati nei vari articoli su citati. Di sicuro, la pagina di ECplanet ha dato modo di reperire un documento prezioso, ovvero il “Fourth National Report on Human Exposure to Environmental Chemicals”, prodotto nel 2013 dalla US Department of Health and Human Services.  Nel report sono sintetizzati i risultati delle campagne di monitoraggio su campioni di urina di migliaia di cittadini statunitensi, effettuate alla ricerca di molecole xenobiotiche, ovvero quelle sostanze immesse nell’ambiente dall’Uomo. Nelle tabelle del report risultano diverse sostanze chimiche per come sono state riscontrate fra l’anno 2005 e il 2010. Si parla di agrofarmaci, ma anche di loro metaboliti, come per esempio l’etilene-tiourea, tanto in voga ultimamente soprattutto in Provincia di Treviso, patria del Prosecco. Inoltre, vengono riportati i risultati relativi a molte altre sostanze potenzialmente pericolose. Domanda: davvero i “pesticidi” meritavano di finire addirittura nel titolo dell’articolo in questione? Vediamolo nei dettagli, perché le sorprese sono poco piacevoli.
 
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I numeri non hanno opinioni

 
Il paragrafo sui “pesticidi” verrà lasciato all’ultimo, come ciliegina sulla torta. Si prega quindi di non andare subito a leggere quello, bensì di armarsi di un filo di pazienza e di leggere con attenzione e curiosità  le informazioni di seguito riportate su molecole che con l’agricoltura non hanno alcunché da spartire. Ciò servirà proprio quando giungerete all’ultimo paragrafo…
 
Partiamo con i solventi: una sostanza poco piacevole come il bromodiclorometano è stata trovate a concentrazione di pochi nanogrammi per litro di urina, con punte di 14,7 ng/L. Non molto, ma pur sempre indicatore di una contaminazione ambientale da solventi poco auspicabile. Peggio fa il tribromometano, che nella popolazione ispanica ha toccato il 40 ng/L. Chissà poi perché proprio fra questo segmento di popolazione.
Crescendo con le concentrazioni si trova il triclorometano, ovvero il famigerato cloroformio. Qui le punte di concentrazione hanno sforato i 90 ng/L, sempre fra la popolazione ispanica, più esposta evidentemente a queste sostanze dal profilo poco raccomandabile. La somma dei vari solventi inizia quindi a destare una richiesta di attenzioni maggiori.
 

Prodotti per la cura della persona


Il benzofenone, utilizzato invece come preservante dalla luce solare nelle materie plastiche, ma anche in alcuni cosmetici, è stato trovato a punte di 3,2 mg/L (e si sottolinea: milligrammi) dimostrando come siano le donne la categoria più esposta a tale sostanza. I maschi mostrano infatti tassi di benzofenone da tre a cinque volte inferiori rispetto alle femmine. E si parla di un sospetto “endocrine disruptor”, cioè di una molecola che altera i processi endocrini. Un’alterazione che fa gelare il sangue se si verifica per esempio in una donna in età fertile o magari gravida.
Altra sostanza utilizzata nelle plastiche, come per esempio i biberon, è il bisfenolo A. Anch’esso disruttore endocrino e sospetto cancerogeno, ha raggiunto una punta di 22,8 µg/L (milionesimi di grammo) nelle urine di bambini fra i cinque e i sei anni. Un dato che dovrebbe dar di che pensare.
Ancor più pensieri li sollecita il triclosano, ovvero un derivato clorurato del fenolo utilizzato come disinfettante anche in alcuni prodotti per l’igiene orale. Strutturalmente è un lontano parente della diossina, quindi con questa molecola pare esservi poco da scherzare, soprattutto pensando che nelle urine degli Americani è stato trovato a picchi di quasi 900 µg/L a fronte di una media di una quindicina.
Sempre restando fra i prodotti per la cura della persona, spiccano i cosiddetti “parabeni”, molecole usate in numerosi cosmetici, detergenti e creme idratanti. Non pare quindi un caso che si noti ancora una forte differenza fra maschi e femmine quanto a concentrazioni urinarie: nei primi si è fermato a valori medi di una trentina di µg/L, nelle femmine ha superato i 100. A meno di forti differenze fra i sessi a livello metabolico, parrebbe che fra shampoo, lozioni, balsami e similari, alla fine qualcosa nell’organismo pare proprio rimanga. “Se tu bella vuoi apparire, un pochin devi soffrire!” è quindi un detto che quando è stato formulato forse non teneva conto degli additivi ai prodotti per la cura alla persona. Peggio ancora nel caso del n-Propyl paraben, circa il quale le femmine hanno mostrato valori superiori di quasi dieci volte quelli dei maschi (18-20 contro 2-3 µg/L). Idem per il metil paraben, il quale ha mostrato valori doppi nelle donne rispetto agli uomini.
Dati che dovrebbero aprire qualche interrogativo soprattutto nelle mamme un po’ troppo apprensive quanto a igiene dei propri pargoli, visto che il picco massimo di metil paraben è stato trovato nei bambini di età compresa fra i cinque e i sei anni: 1,56 mg/L, cioè millesimi di grammo. È tanta roba...
Analizzando infine i dati in ottica razziale, sono invece i “neri” americani a patire maggiormente di questa presenza, con un picco di oltre 2,3 mg/L di metil paraben. Usi e costumi in America sembrano quindi molto eterogenei anche in chiave di sotto-insiemi.
 

Metalli, pesanti e non

 
Forse il report americano alimenterà le farneticazioni di chi crede nelle scie chimiche, foriere per questi buffi soggetti di contaminazioni da metalli pesanti, ma in effetti questa “famiglia” chimica pare ben rappresentata nel report 2013, del quale di consiglia una lettura particolarmente attenta soprattutto a coloro che abbiano deciso di non vaccinare i propri figli, spinti dalle insensate campagne di scoraggiamento basate anche sui supposti contenuti in metalli pesanti nei vaccini stessi.
Nelle urine degli Americani, l’Arsenico si trova infatti mediamente fra gli 8 e i 10 µg/L, con punte di oltre 90. Il Bario è un po’ meno presente quanto a concentrazioni, ma risulta comunque molto diffuso, con dati medi intorno ai 2 µg/L e picchi superiori a 8. Il Cadmio è ancora più diluito, mostrandosi fra gli 0,2 e gli 0,4 µg/L e una punta sporadica inferiore ai 2. Stessa cosa per il Cobalto mentre per il Cesio i valori superano anche a 5 µg/L. Nulla a confronto del Piombo, il quale si è palesato a valori superiori ai 70 µg/L. E questo nel sangue, mica nelle urine, ove le concentrazioni sono state inferiori di un ordine di grandezza.
Il Mercurio è di un qualcosa sotto, mostrandosi a cavallo di 1 µg/L di media, con punte di pochi microgrammi di picco massimo e valori medi nell’ordine delle centinaia di nanogrammi.
Più interessanti i dati sul Molibdeno, il quale ha toccato valori superiori ai 200 µg/L, con medie che oscillavano intorno alle decine di microgrammi per litro.
Il Rame, unico metallo pesante utilizzato in agricoltura, con somma soddisfazione soprattutto per il comparto Bio che lo adopera in abbondanza, non risulta per fortuna nell’elenco. Uno a zero per l’agricoltura.
 

Prodotti da combustione

 
Gli idrocarburi policiclici aromatici (Pah) derivano dalla combustione incompleta della sostanza organica. Si trovano, tanto per dire, anche nel bruciaticcio della pizza o della bistecca, ma derivano anche dai processi di lavorazione del catrame e dei derivati del petrolio in generale. Gli Americani sembrano alquanto inclini a presentare concentrazioni interessanti di queste sostanze e dei loro metaboliti. Tanto per citarne uno su tutti, il 2-Hydroxyfluorene, metabolita del fluorene, lo si trova mediamente intorno ad alcune centinaia di ng/L (miliardesimi di grammo) con picchi che superano i 3,4 µg/L. E così pure per altri numerosi metaboliti, troppi per essere elencati. Una sommatoria che appare preoccupante, visto che queste sostanze sono cancerogene e messe tutte insieme assommano a svariate decine di microgrammi per litro di urina.

Sostanze naturali


Brutte notizie per chi pensasse di essere al di sopra di ogni rischio tossicologico a seguito della propria scelta vegana, ovvero basata solo su prodotti vegetali. Anche la soia, infatti, può contenere sostanze che hanno una loro criticità e che sono state trovate in abbondanza nelle urine degli Americani. Per esempio la daidzeina, sebbene sia reputata sicura per l’alimentazione umana, avrebbe mostrato effetti sia estrogenici sia anti-estrogenici in alcuni esperimenti su animali, nei quali si sarebbe dimostrata la crescita del tumore al seno anche a basse concentrazioni. Inoltre, interferirebbe con l'effetto antitumorale del tamoxifene, chemioterapico [4][5]. E la daidzeina ha mostrato valori medi di alcune decine di µg/L e picchi prossimi a 1,2 mg/L.

E i “pesticidi”?


E finalmente si arriva nell’orto. Con il rame si può già tirare un sospiro di sollievo, ma con altre molecole?
 
Nel report 2013 sono raccolti i risultati relativi agli agrofarmaci e ai loro metaboliti.
Etilene-tiourea, metabolita di un fungicida carbammato come mancozeb, ha mostrato un picco massimo di 2,2 µg/L, mentre la media nella popolazione rasentava lo zero. Di ciò ne tengano magari conto coloro i quali in Provincia di Treviso continuano a reclamare studi su questa molecola, perché a quanto pare di tutte le molecole sopra riportate, senza scomodare i metalli pesanti, bastano i soli Pah per surclassarla. E i Pah non si usano in agricoltura e sono ben più pericolosi dell’Etu dal punto di vista tossicologico.
Analogamente, non sono stati trovati metaboliti del propineb, ovvero la propylene thiourea. Assenti anche propoxur e suoi metaboliti, come pure assenti sono risultati acefate e metamidofos, dimetoato e suo metabolita ometoato. Né figurano benfuracarb, carbofuran, carbosulfan e furathiocarb, come pure il loro metabolita carbofuranphenol. Intorno a un valore medio di 2-3 µg/L di urina è stato reperito invece il dimethylthiophosphate, un metabolita di alcuni esteri fosforici. Sono state indagate pure tutte le solfoniluree dello scibile agrofarmacologico e il risultato è stato sempre e comunque zero. Una ragione in più per non sciupare questa preziosa famiglia chimica facendola cadere vittima di resistenze per la sciocca insistenza nel privarle di partner forse meno “friendly”, ma che ne possono allungare la vita agronomica. Lupus in fabula? Il 2,4-diclorofenolo, metabolita del diserbante 2,4-D, il famigerato componente dell’Agente Orange: è stato riscontrato nelle urine a livelli medi di pochi µg/L, con una punta massima di quasi 70 ancora una volta fra gli ispanici. Molto più alti i contenuti di 2,5-diclorofenolo, molecola non utilizzata come agrofarmaco e derivato dal diclorobenzene, ormai proibito. Lascia quindi perplessi come possa essere stato trovato a livelli medi di alcune decine di µg/L, con punte addirittura di alcuni milligrammi per litro nelle popolazioni ispaniche, le quali continuano a rivelarsi quelle più a rischio dal punto di vista sanitario.

Conclusioni


Come spesso accade, la parola “pesticidi” viene purtroppo utilizzata quasi fosse uno specchietto per le allodole: attira lettori e “click”. In realtà, dai dati di cui sopra, parrebbe proprio che i tanto famigerati “pesticidi” siano fra gli ultimi quanto a preoccupazioni a carico della popolazione americana. Ben più presenti sono infatti molecole che derivano dai prodotti per la cura della persona, dalle attività industriali e petrolifere, come pure da metalli pesanti che di certo con l’agricoltura hanno nulla a che fare. Ennesima dimostrazione che vi è una profonda differenza fra la fotografia fornita al pubblico e la situazione reale.
Che lo si rammenti, magari, la prossima volta in cui gli usuali arringatori di folle punteranno furbescamente i fari sulle solite pagliuzze, lasciando passare per contro delle ragguardevoli travi.

Riferimenti:

Consiglio per i navigatori: per non favorire certi siti rispetto ai motori di ricerca, è bene non linkare sull’Url del sito stesso. Meglio entrare nel sito http//www.donotlink.com, inserire l’Url nel primo campo di digitazione e poi copiaincollare nel proprio browser di navigazione l’Url breve generato dal sito (il primo partendo dall’alto). In tal modo non si regaleranno preziosi link a siti che non incontrano i nostri gusti, ma nei quali vi siano contenuti che ci interessa consultare comunque.

[1] http://www.ecplanet.com/node/3989
 
[2] http://www.ecplanet.com/node/2493
 
[3] http://www.ecplanet.com/node/2370
 
[4] http://www.ecplanet.com/node/3619
 
[5] De Lemos, M. L. (2001). "Effects of soy phytoestrogens genistein and daidzein on breast cancer growth.". Annals of Pharmacotherapy 35 (9): 11118–11121. doi:10.1345/aph.10257. PMID 11573864.
 
[6] Tonetti, D. A.; Zhang, Y.; Zhao, H.; Lim, S. B.; Constantinou, A. I. (2007). "The effect of the phytoestrogens genistein, daidzein, and equol on the growth of tamoxifen-resistant T47D / PKCα". Nutrition and Cancer 58 (2): 1222–1229. doi:10.1080/01635580701328545. PMID 17640169