I dettagli pratici per poter usufruire dei fondi messi a disposizione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) per l'agrivoltaico (1,1 miliardi di euro) sono pronti. A fine 2023, il Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica (Mase) ha trasmesso alla Corte dei Conti il Decreto che incentiva la diffusione dell'agrivoltaico avanzato dopo che era già arrivato il via libera da Bruxelles. È tempo quindi, per gli agricoltori, di ragionare in maniera approfondita sull'opportunità offerta dal Pnrr e, più in generale, sull'occasione agrivoltaico.
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Anche di agrivoltaico si è parlato durante l'annuale convegno di ConsulenzaAgricola.it che si è tenuto il 20 dicembre scorso a Cervia (Ra). "L'agrivoltaico permette di diversificare le fonti di reddito delle aziende agricole, migliora l'immagine aziendale in termini di carbon footprint, rende redditizi anche terreni marginali, agronomicamente meno performanti e valorizza questi terreni, mette a disposizione energia per effettuare attività a basso costo energetico", ha detto l'agronomo Gabriele Chiodini durante l'evento, riassumendo tutti i vantaggi dell'agrivoltaico.
Proprio a Chiodini è toccato il compito di spiegare le principali novità.
Secondo il Piano Nazionale per la Transizione Ecologica, il nostro Paese dovrà poter contare, nel 2030, sull'apporto di rinnovabili al 72% per l'energia elettrica. Nel 2050, anno in cui l'Unione Europea ha previsto l'impatto climatico zero, l'apporto delle rinnovabili dovrà tendere a zero. Dal momento che i margini di manovra sulle altre rinnovabili sono molto limitati, sarà il fotovoltaico a fare la parte del leone. In particolare, il legislatore punta molto sull'agrivoltaico. "Un sistema complesso che combina la produzione agricola ed energetica nello stesso spazio, enfatizzando il doppio uso del suolo e ciò incarna il concetto di intensificazione sostenibile dell'agricoltura, alla base di tutte le politiche di sviluppo del comparto", ha continuato Chiodini.
Durante l'evento di ConsulenzaAgricola.it (tutte le slide presentate si possono scaricare da questa pagina) è stata mostrata anche una simulazione economica che dimostra che un impianto da 1 MW, quindi di taglia piccola e facilmente autorizzabile, con o senza l'aiuto dei Fondi Pnrr, è sostenibile e apporta reddito all'azienda agricola.
Il fotovoltaico a terra è qualcosa di profondamente diverso rispetto all'agrivoltaico. "Nessuno vuole più competizione fra l'uso del suolo per la produzione di cibo e la produzione di energia elettrica, si punta invece a una sinergia - ha spiegato Chiodini - il fotovoltaico a terra si differenzia per la distribuzione in pianta dei moduli, che nell'agrivoltaico saranno più radi, per l'altezza dei moduli perché al di sotto bisogna continuare a produrre, per il modo in cui questi moduli vengono elevati e per le tecnologie fotovoltaiche impiegate. Si usano solitamente pannelli bifacciali che sfruttano la riflessione".
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L'obiettivo del Pnrr (Misura 2, missione 2) è installare, entro il 30 giugno 2026, 1,04 GWp con impianti agrivoltaici, i fondi a disposizione sono 1,1 miliardi di euro. È previsto un contributo in conto capitale fino al 40% dei costi ammissibili, più una tariffa incentivante sulla produzione di energia immessa in rete. Un totale di 1,04 GWp ma, secondo il Decreto, 300 MW per impianti di potenza fino ad 1 MWp sono riservati a soggetti del settore primario (quindi imprenditori agricoli, società agricole, consorzi e cooperative, associazioni temporanee di imprese agricole), mentre il restante andrà a impianti di qualsiasi potenza per soggetti del settore primario e per Ati, ovvero Associazioni Temporanee di Imprese che includano però almeno un soggetto del settore primario.
I requisiti per poter definire un impianto come agrivoltaico sono ricalcati dalle "Linee guida in materia di impianti agrovoltaici", pubblicate dal Mase. Naturalmente, non tutti gli impianti agrivoltaici, sebbene definiti tali, sono eleggibili per ottenere i Fondi del Pnrr. Tutto dipende da come si configura l'impianto. Gli impianti che non hanno i requisiti per essere finanziati tramite le risorse del Pnrr possono sempre vendere energia sul mercato, non saranno quindi impianti incentivati. I requisiti elencanti sono cinque, dal requisito A al requisito E, e mano a mano le condizioni diventano più stringenti.
Alla base c'è l'obbligo che l'impianto agrivoltaico consenta di integrare attività agricola e produzione elettrica, valorizzando il potenziale di entrambi i sottoinsiemi. La continuità dell'attività agricola e pastorale deve essere garantita nel tempo mantenendo l'indirizzo dell'azienda e la produttività, anzi, potenzialmente migliorandola.
Per provare che questo requisito è rispettato, va previsto il monitoraggio dell'attività agricola con una zona di controllo o prendendo come riferimento la valutazione della produzione agricola prevista sull'area che si è scelto di destinare ad agrivoltaico. Anche la produzione di energia elettrica deve essere garantita, in particolare l'impianto non deve produrre meno del 60% dell'energia prodotta in un impianto fotovoltaico standard (requisiti A e B). Vengono individuate le altezze minime dei pannelli (requisito C): 1,3 metri per l'attività zootecnica, 2,1 metri per l'attività colturale. "Da sottolineare - ha detto il relatore - che tutti gli impianti che si stanno realizzando vanno da 3 metri in su, per permettere il passaggio dei macchinari". I requisiti D ed E sono molto stringenti e contemplano il risparmio idrico, il recupero della fertilità del suolo, il miglioramento del microclima, il tutto monitorato con sistemi tecnologici e corredato da relazioni tecniche annuali.
Da tenere presente che, rispetto a soggetti diversi, l'impresa agricola vanta molte semplificazioni. Fino a 1 MW, "basta una Dila, una Dichiarazione di Inizio Lavori Asseverata, che sostanzialmente dichiara che l'impianto rispetta i requisiti. Vale per zone vicine ad aree industriali e artigianali, vicino alle autostrade, entro 500 metri da chi ha un'Autorizzazione Unica Ambientale e a più di 500 metri da beni culturali. Gli iter autorizzativi per gli agricoltori si sono notevolmente accorciati", ha continuato Gabriele Chiodini.
Nonostante le semplificazioni, sicuramente progettare e realizzare un impianto agrivoltaico che rispetti i requisiti richiesti non è semplice, ma, proprio i calcoli di redditività presentati durante il convegno di ConsulenzaAgricola.it, rincuorano perché dimostrano che, anche optando per un impianto più semplice, che non faccia perno sulle risorse del Pnrr, l'agrivoltaico è economicamente redditizio e sostenibile.
Il dettaglio dell'esempio che riguarda un impianto da 1 MW illustrato dal relatore è disponibile leggendo le slide della giornata organizzata da ConsulenzaAgricola.it. Basti dire però che, se l'impianto è finanziato dal Pnrr, con un investimento di circa 1 milione e 500mila euro, richiedendo un ulteriore finanziamento alla banca per 882mila euro, l'impianto ripaga con la produzione di energia la rata annuale del mutuo acceso. Al decimo anno, il debito è estinto e comunque, fin dal primo anno, pagata la rata, resta comunque un flusso di cassa. Nel caso in cui l'impianto non sia finanziato dal Pnrr, allo stesso modo ripaga annualmente la rata del mutuo che sarà stato acceso, generando un flusso di cassa che, in media, negli anni del debito, si aggira attorno ai 45mila euro annui. In tredici anni, comunque, il debito con la banca è completamente estinto.
Per quanto riguarda l'inquadramento fiscale dei redditi provenienti da produzione e cessione di energia elettrica, in un contesto di impianto agrivoltaico, ne ha parlato Vanni Fusconi, avvocato dell'Ufficio Studi di ConsulenzaAgricola.it. "Ci siamo chiesti - ha detto l'avvocato - se l'agrivoltaico è equiparabile al fotovoltaico ai fini fiscali. A nostro parere andrebbe fatta una distinzione perché l'agrivoltaico non sottrae nulla alla coltivazione, anzi si migliora l'attività agricola. Sarebbe quindi da considerare un'attività sempre connessa a quella agricola ma è necessario un chiarimento. Fino a quando ciò non avverrà occorre adeguarsi alla Circolare 32/E dell'Agenzia delle Entrate del 2009".
Secondo quanto stabilito dalla Legge 23 dicembre 2005 n. 266, l'energia elettrica da fonti fotovoltaiche produce reddito agrario fino a 260mila KWh annui, ciò che eccede il limite va a reddito d'impresa. Il reddito si determina in maniera forfettaria (con coefficiente di redditività del 25%) dove ci sia legame fra la produzione di energia e l'attività agricola, altrimenti si seguono le regole ordinarie in materia di reddito d'impresa, con ciò che ne consegue in fatto di pressione fiscale. Diventa quindi fondamentale determinare questo legame che è stato appunto individuato con la Circolare 32/E dell'Agenzia delle Entrate, citata dall'avvocato.
L'Agenzia delle Entrate ha stabilito che, per la parte eccedente la franchigia, la produzione di energia elettrica può essere considerata connessa all'attività agricola in caso sia rispettato uno dei requisiti individuati: l'impianto è integrato su strutture aziendali esistenti (i tetti dei fabbricati, per esempio); il volume d'affari che deriva dall'attività agricola è superiore al volume d'affari della produzione di energia fotovoltaica che eccede; entro il limite di 1 MW per azienda, per ogni 10 kW di potenza installata, eccedente il limite dei 200 kW di potenza nominale, l'imprenditore deve dimostrare di detenere almeno 1 ettaro di terreno utilizzato per l'attività agricola.
In realtà, ha spiegato l'avvocato, la Corte Costituzionale nel 2015 è andata oltre. "La Corte Costituzionale ha detto sostanzialmente che quando c'è un'azienda agricola, con attività agricola svolta in via principale, il fotovoltaico va sempre considerato connesso. L'Agenzia delle Entrate però pone i tre parametri. In presenza di agrivoltaico, a mio modo di vedere - ha concluso l'avvocato Fusconi - l'eccedenza di energia prodotta va sempre tassata in maniera forfettaria, con coefficiente del 25% ma, appunto, restiamo in attesa di avere un chiarimento".