Nell'ortoflorovivaismo la coltivazione delle piante in contenitore passa per l'utilizzo di un substrato, cioè un mezzo solido composto da un insieme di materiali organici ed inorganici. Le sue funzioni principali sono ancorare le radici al panetto di substrato e trattenere l'acqua e gli elementi nutritivi essenziali alla crescita della coltura.

 

I substrati professionali sono composti principalmente da torba con una percentuale che si attesta attorno al 70% del volume complessivo, e che viene in genere miscelata con altre componenti e additivi in base alle esigenze di coltivazione (specie, tipo di contenitore e ambiente). Non esiste perciò una matrice universale per la coltivazione.

 

Per la torba però ci sono diverse incognite all'orizzonte: difficoltà o impedimento nell'ottenere concessioni per aprire nuove torbiere, l'uscita dal mercato dell'Irlanda uno dei principali fornitori di questo materiale e il conflitto fra Russia e Ucraina che rende problematico l'accesso alle riserve presenti su questi territori.
Di conseguenza si sta così riducendo l'utilizzo di questo materiale, soprattutto dei tipi più decomposti o/e sta aumentando l'impiego di matrici alternative.

 

"La riduzione o sostituzione della torba è certamente un tema che riscuote sempre l'interesse, anche se questo era l'argomento di punta negli anni Ottanta e Novanta, fra gli addetti ai lavori dei laboratori più accreditati. Molti dei ‘nuovi' materiali alternativi si conoscono da tempo anche se la loro tecnica di produzione spesso è cambiata radicalmente" spiega Costantino Cattivello, responsabile del Laboratorio Substrati dell'Agenzia Regionale per lo Sviluppo Rurale della Regione Autonoma Friuli-Venezia-Giulia (Ersa-Fvg).

 

Come vedremo a breve le nuove matrici spesso non hanno caratteristiche performanti come la tradizionale torba. Ma modificare la composizione di un substrato in produzione aggiungendo un additivo diverso può aiutare a migliorare il comportamento del terriccio in coltivazione.

 

"Gli additivi saranno lo strumento che ci farà fare il vero balzo nel futuro" dice Cattivello.

 

Additivi, come migliorare un substrato

La classe degli additivi è vasta e permette sostanzialmente di ottimizzare le caratteristiche idrologiche, meccaniche, fitosanitarie e di resilienza dei nuovi substrati.

 

Nelle produzioni ortoflorovivaistiche su blocchi o plug è fondamentale l'attività legante che eviti lo sfaldamento dell'alveolo se manipolato quando la piantina è molto piccola. A differenza della tradizionale torba a media o alta decomposizione infatti le matrici alternative tendono ad avere un basso effetto collante e un basso potere tampone.

 

Per aumentare l'effetto collante, quindi, vengono aggiunti alla miscela delle sostanze leganti. Il Laboratorio Substrati ha effettuato dei test su nuovi materiali sia organici che inorganici, naturali o di sintesi, alcuni di questi hanno mostrato un aumento del numero di alveoli non sfaldati se sottoposti a stress meccanico e nessun effetto negativo sulla crescita delle plantule.
Miscelare questi leganti, quindi, consente di migliorare la resistenza dell'alveolo alle sollecitazioni meccaniche, come la ripicchettatura in serra o il trapianto meccanico in pieno campo.

 

Per aumentare invece l'effetto tampone si può correggere anche di poco il valore di pH della matrice di coltivazione ed ottenere una buona qualità delle piantine. Ad esempio, impiegando la dolomia anziché il comune carbonato di calcio si osserva nelle plantule orticole una migliore radicazione, un aumento del peso fresco, a parità di  sostanza secca, e un aumento dell'indice di compattezza.
Inoltre, aumentando il pH del substrato da 5,0 a 7,0 quindi avvicinandosi di più al pH ideale del suolo si diminuisce l'incidenza di stress da post trapianto in pieno campo. Questo perché più il pH della matrice è simile a quello del terreno e più sarà facile per la pianta ambientarsi durante la messa a dimora.

 

Agenti umettanti

In generale, oltre a leganti e correttivi si possono usare anche gli agenti umettanti (o tensioattivi), cioè additivi che diminuiscono la tensione idrica del substrato favorendo così il movimento dell'acqua all'interno di esso evitando così stress alla pianta.

 

Gli agenti umettanti più usati nel settore sono quelli sintetici, in particolare quelli definiti non-ionici perché sono ben tollerati dalle piante e non creano problemi di fitotossicità. Inoltre, hanno una durata di efficacia nel substrato molto elevata, spesso superiore ai 12 mesi.

Per migliorare la sostenibilità ambientale delle miscele però si possono usare anche agenti umettanti di origine naturale come estratti di alghe e di Altea officinalis che hanno mostrato un'efficacia e una sicurezza paragonabile ai prodotti di sintesi almeno nei primi 4-5 mesi di utilizzo, rappresentando perciò delle valide alternative nel vivaismo orticolo.

 

Altre innovazioni in fase di studio

L'impiego sempre più esteso di matrici diverse dalla torba che, come abbiamo detto nel paragrafo precedente, sono caratterizzate da una stabilità microbiologica in alcuni casi insoddisfacente, renderà sempre più importante il ricorso a metodi analitici in grado di predire la stabilità in coltivazione di queste materie prime.
Per esempio, l'uso di analisi respirometriche come il Rateo di Consumo dell'Ossigeno (Our): "In questo caso le metodiche ci sono, ma sarà necessaria una riduzione dei costi e delle tempistiche analitiche per farne delle analisi routinarie" sottolinea Cattivello.

 

"Tra le altre innovazioni ricorderei la misura della diffusività dei gas a livello radicale. Si è visto infatti che a parità di volume d'aria del substrato la diversa permeabilità ai flussi influenza la qualità della pianta prodotta".

 

Sembra aprire interessanti prospettive anche l'impiego di substrati stratificati per la coltivazione in vasi di medie o grandi dimensioni.
"Studi americani hanno messo in luce risparmi nell'ordine del 20% nei consumi idrici e nelle concimazioni, a parità di qualità finale delle produzioni. Su questi aspetti abbiamo in corso prove di verifica nelle nostre condizioni" conclude Cattivello.

 

In sintesi, i substrati del futuro dovranno avere una maggiore sostenibilità ambientale sia in fase di produzione che di utilizzo, rispondere meglio alle esigenze specifiche di ogni produttore, soddisfare più efficacemente le richieste dei committenti, adattarsi all'evoluzione dell'agrotecnica e contribuire a mitigare gli effetti del cambiamento climatico.