“Piante in provetta”, incapsulate, prive di virus, facilmente trasportabili e commerciabili. E' la nuova frontiera dell’attività vivaistica che si occupa di propagare piante. La tecnologia dell’incapsulamento è il metodo innovativo che si affianca alla micropropagazione e attualmente allo studio dei ricercatori dell’Università di Perugia che hanno partecipato alla lettura “Una nuova tecnologia vivaistica in vitro” promossa dall’Accademia dei Georgofili.

“All’interno di un laboratorio, in ambiente sterile – ha spiegato Alvaro Standardi, ordinario della Facoltà di Agraria di Perugia - partendo da una porzione di tessuto di una pianta madre, si clonano nuove piantine. In realtà la nuova tecnologia permette di arrestare il processo rigenerativo prima dell’ultima fase, prima cioè della formazione della piantina completa. Il piccolo espianto ottenuto viene protetto all’interno di una capsula di circa mezzo centimetro e può essere così conservato e spedito".
Un processo quindi particolarmente utile nello scambio di materiale vivaistico anche fra paesi diversi. “Nel Paese di destinazione le piante vengono solitamente messe in quarantena – ha detto Standardi - per verificare l’eventuale presenza di patogeni, procedura che spesso danneggia la merce. La micropropagazione è una tecnica che può essere applicata solo in ambiente sterile e risolve quindi alla base il problema della presenza di parassiti. Il materiale incapsulato che viene spedito non viene normalmente fermato alle dogane in quanto per definizione sterile. Il ‘seme sintetico’ che viene commercializzato in capsule non ha virus, perché se li avesse la pianta perderebbe le sue capacità rigenerative”.

La tecnologia dell’incapsulamento racchiude i pregi della clonazione e quelli del seme gamico per quanto riguarda conservabilità, trasporto e volume occupato.
Attualmente la sperimentazione della nuova tecnica è stata applicata su piante da frutto come il melo, cultivar di olivo, piante ornamentali da esterno, piante acquatiche e piante grasse, ma è potenzialmente utilizzabile per tutti i tipi di pianta.
“Siamo ancora fra la ricerca e la sperimentazione – ha spiegato Standardi - in Europa siamo in pochi ad occuparci di questo settore, in Italia ci sono due tre gruppi che lavorano in questo ambito, ma c’è un grande interesse da parte dei vivaisti e di chi commercializza piante. Le difficoltà che devono essere superate riguardano essenzialmente la resa in termini di conversione (germinazione o ripresa) di questa nuova tecnologia infatti la germinabilità di questi semi è ancora bassa, raramente supera il 50%, inoltre la possibilità di conservarlo è alta per alcune specie, mentre per altre si riduce solo ad un paio di settimane. Il nostro obiettivo minimo è quello di arrivare ad un seme che sia conservabile per 2/3 mesi, almeno per tutto il periodo della commercializzazione, in modo tale da poter programmare le produzioni”.