Abbiamo parlato la scorsa settimana della situazione del mercato vinicolo mondiale, caratterizzata da una certa pesantezza - un'atmosfera che si è potuta avvertire alla Wine Paris e che presumibilmente si avvertirà ancor di più all'imminente ProWein di Düsseldorf.
Quali sono dunque le strategie da mettere in atto per affrontare meglio sia il mercato internazionale sia quello interno?
Partiamo dall'innovazione di prodotto. L'innovazione dovrebbe prendere in considerazione una serie di tendenze oggi piuttosto evidenti. Per esempio, i giovani e i giovanissimi tendono a non consumare vino. Qui si nota un'antitetica segmentazione dei comportamenti: da una parte un consumo di superalcolici (purtroppo talora anche eccessivo) e dall’altra la ricerca di prodotti a bassa o nulla gradazione alcolica (è il caso, per esempio, della kombucha sul mercato statunitense).
Per il primo settore sono sicuramente necessarie grandi campagne educative, che però non criminalizzino il vino. Come è stato rilevato al recente Wine Monitor di Nomisma: "I giovani della Generazione Z consumano il vino solo in occasioni speciali, hanno una scarsa conoscenza del prodotto e, quando lo scelgono, prestano attenzione primariamente alla gradazione alcolica e alla sostenibilità". Una tendenza che vale più o meno in tutto il mondo: non dimentichiamo che in buona parte dei paesi forti importatori il consumo è massimamente concentrato nelle fasce di età maggiori (over 45 e over 60).
Bisognerà quindi prestare grande attenzione ai vini più leggeri e ai No Alcohol Wines (Naw).
Per i Naw, il Decreto Ministeriale dello scorso 20 dicembre permette anche agli italiani di produrre e commerciare vini dealcolati: e qui si apriranno scenari totalmente nuovi. Amici sommelier di gran vaglia mi giurano di non essere stati in grado di riconoscere in test cieco i Naw – e questo la dice lunga.
Venendo ai mercati: non esistono solo gli Usa o la Germania.
Le esportazioni italiane nel 2024 sono andate alla grande anche in Polonia (+22%), Repubblica Ceca (+47%), Romania (+22%), Messico (+3%) ed Ecuador (+56%). E poi c’è la Cina, considerata da qualcuno come il mitico Catai del vino. E, a onor del vero, in Cina gli australiani hanno ricominciato a esportare con risultati veramente straordinari.