Le quotazioni del grano duro continuano inesorabilmente a calare e la situazione di mercato prende toni anche drammatici, sicuramente paradossali in un'annata che era iniziata con raccolti bassi e quale speranza perlomeno per le quotazioni. Le raccolte scarse tuttavia, come si vedrà, non hanno certo garantito prezzi elevati, anzi.
Quando le cose si fanno complicate per certi argomenti mi devo rivolgere ad amici fidati ed esperti di lungo corso; questa volta (e non è la prima) cerco Valerio Filetti, presidente di Ager, Borsa Merci di Bologna.
L'industria molitoria - mi racconta Valerio - deve ragionare con un certo orizzonte temporale, quindi assicurarsi forniture almeno a sei mesi.
E da qui iniziamo la ricostruzione dei fatti.
L'industria molitoria e pastaria, come noto, importa circa i due quinti del grano necessario per poi riesportare prodotto finito (nel 2022: 3,690 milioni di tonnellate prodotte e 2,292 milioni di tonnellate importate). Quest'anno le raccolte sono state limitate, ma soprattutto la qualità dei grani è risultata bassa. Vista la scarsa disponibilità di grano molti produttori hanno deciso di ritardare la vendita in attesa di tempi migliori e migliori profitti stoccando la propria merce.
E qui è successo il pasticcio.
Ad agosto-settembre sono cominciate a comparire sul mercato italiano partite di provenienza turca. Anche la Turchia è un paese in genere netto importatore che però in questa stagione ha avuto raccolte particolarmente abbondanti. Raccolte a cui si è aggiunto un fattore a sorpresa: il grano russo. Molte partite di grano russo sono state allora "turchizzate" e hanno fatto la comparsa sul mercato italiano. Per i turchi esportare è stato un ottimo affare - il risultato sul mercato italiano è stato invece quello che ora vediamo. La geopolitica anche in questo caso ci ha messo lo zampino. Tralasciamo ogni commento.
I prodotti russi taroccati turchi ci fanno solo venire in mente Totò nel film "Un turco napoletano": "io sono turco, turco dalla testa ai piedi, ho persino gli occhi turchini".