Oggi, 25 ottobre 2022, è la Giornata Mondiale della Pasta, organizzata come ormai di consueto da Unione Italiana Food e da International Pasta Organization. L'evento è indetto per sensibilizzare l'opinione pubblica sull'alimento a base di semola di grano duro entrato a far parte del Patrimonio Culturale Immateriale dell'Umanità dell'Unesco. L'evento mira a massimizzare la promozione di un cibo straordinario, buono, sano nutriente, accessibile e sostenibile, vero pilastro della dieta mediterranea.


Tante le occasioni celebrative e di comunicazione, come la Settimana della Pasta, sette giorni dedicati alla regina della dieta mediterranea. Dal 19 al 26 ottobre prossimi i pastai artigiani di Confartigianato Imprese Vicenza propongono sconti, ma anche eventi, sempre con l'obiettivo di promuovere il lavoro dei pastai artigiani della provincia e diffondere la cultura di questo alimento che unisce tradizione, cultura locale e ingredienti semplici e genuini.

 

Pasta, produzione e consumo

Nella Giornata Mondiale della Pasta, simbolo della cucina italiana e anche di quella dieta mediterranea che è ormai riconosciuta da tutti gli esperti come un regime alimentare salutare ed equilibrato, si pone un'enfasi particolare sulla realtà produttiva.


Negli ultimi dieci anni (dato 2020) il consumo mondiale di pasta è passato da 9 milioni di tonnellate l'anno a 15 milioni di tonnellate. In Italia il consumo annuo si aggira sui 1,4 milioni di tonnellate, in pratica nove italiani su dieci mangiano pasta regolarmente per un una media di 23 chilogrammi pro capite l'anno (il più alto consumo in assoluto).


E mentre si moltiplicano le iniziative per celebrare questo alimento - come gli assaggi in pastificio nel Vicentino, alla scoperta della pasta al torchio - il mondo produttivo si interroga sul futuro del comparto a cominciare dalla produzione della materia prima: quel grano duro senza il quale non c'è semola e neppure pasta.

 

Grano duro, prospettive produttive

Se l'annata 2021-2022 sembra essere ormai alle spalle, con la siccità che aveva colpito il Canada e il Nord degli Usa determinando il crollo della produzione di grano duro nei due Paesi e il decollo dei prezzi internazionali, quest'anno si tenta di dare risposte alla maggiore domanda di sicurezza alimentare intesa come food security: approvvigionamenti certi almeno a livello di Unione Europea

 

Greening coltivabile

Parole d'ordine che per il grano duro significano maggiori investimenti nelle aree vocate, come la Puglia, dove potrebbe essere recuperata almeno una parte dei 100mila ettari di terreni a riposo alla produzione delle preziose cariossidi dalle quali si ottiene la semola. Una riconversione consentita dalle norme Ue sulla Pac di guerra, prorogate sul 2023, che permettono la coltivazione dei terreni ammessi al contributo del greening.

 

Aumentare le superfici a grano duro

Ma si sa, questa misura sarà temporanea, intanto l'Italia in realtà dispone di almeno 3 milioni di ettari di terreni agricoli oggi fuori dal calcolo della Sau, Superficie Agricola Utilizzata, che almeno in parte potrebbero essere investiti a seminativo, ovvero anche a grano duro. Una proposta in tal senso è stata lanciata per la prima volta il 13 maggio 2022 da Carmine Nardone, presidente della fondazione Futuridea di Benevento: "Rivolgiamo un appello al ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali affinché predisponga un provvedimento per il superamento delle criticità burocratiche che rendono difficile e lenta la messa a coltura delle terre incolte, definendo contestualmente una strategia nazionale di tutela delle biodiversità, con la produzione di una carta della naturalità dei territori e con la promozione di strategie di tutela personalizzate alle specificità locali".

 

A distanza di mesi una prima risposta giunge proprio dalle prime dichiarazioni del nuovo ministro all'Agricoltura e Sovranità Alimentare, Francesco Lollobrigida, che afferma la necessità di recuperare almeno un milione di ettari incolti in Italia. Sul come si vedrà.

 

Prezzi e redditività del grano duro

Ma consentire anche un incremento di produzione in cambio di un premio, come nel caso del greening mantenuto con la possibilità di poter coltivare la terra, non assicura di per sé la redditività dei campi. Oggi i prezzi del grano duro sono nuovamente in ripresa, ma le continue oscillazioni delle quotazioni del grano duro danno problemi a chi, per seminare oggi, deve programmare i costi di coltivazione lungo i 7-8 mesi che separano dalla mietitura.

 

E in questa prospettiva occorrerà forse rivisitare e adeguare ai tempi i contratti di filiera per il grano duro, che avevano fornito una buona prova durante una fase di prezzi tendenzialmente bassi e per nulla remunerativi, ma a costi ben più certi e costanti.

 

Oggi, con i costi energetici e dei mezzi tecnici alle stelle ed in continua ascesa, il conto economico delle imprese cerealicole si è fatto ancora più complicato. E le risposte che il settore attende dai policy maker sono sempre più decisive: scongiurare il rischio che in molti rinuncino a seminare grano duro nel timore di finire in perdita, nonostante i premi Pac, non sarà facile.