Buona la prima, l'edizione della ripartenza, che la 54esima rassegna internazionale di Vinitaly porta anche nel nome: "Restart", dopo due anni di assenza a causa del covid-19. Le attese erano parecchie e le risposte sono state all'altezza della manifestazione, sempre più internazionale e orientata al business e con la parte più esperienziale all'esterno dei padiglioni fieristici, nel cuore della città di Verona.

 

Se Vinitaly merita la promozione per aver saputo accontentare espositori e buyer internazionali, con numeri significativi (25mila operatori stranieri, pari al 28% delle presenze) e una rotta che risponde alle esigenze di internazionalizzazione. Con consumi sempre più consapevoli - aspetto che traccia un solco fra le politiche della Commissione Europea sul bere responsabile, che si delinea come una vera e propria caccia alle streghe al vino - la realtà italiana, dove il vino è, innanzitutto, cultura, deve giustamente guardare all'export e i 7,1 miliardi di euro di esportazioni toccate dal comparto nel 2021 sono un valore su cui lavorare.

 

Bene dunque Vinitaly come piattaforma per esportare il vino italiano e bene le politiche di sostegno che vanno dall'Ocm vino all'Ice alle Ambasciate. Servirebbe, sul tema, maggiore sinergia e unità d'intenti. Aziende alleate e non competitor, Paesi target sui quali scommettere con forza e con strumenti adeguati, burocrazia più leggera, piani definiti e capacità di segmentare l'offerta, garantendo in ogni caso e per tutte le tipologie di offerta l'alta qualità e la biodiversità del made in Italy.

 

Per fare questo, è fondamentale operare a livello culturale e di formazione. Le masterclass, nome pomposo con cui oggi si definiscono le degustazioni guidate, vanno benissimo, ma il ciclo culturale e formativo dovrebbe diventare - magari sotto l'egida di Vinitaly a fare da garanzia - costante nel corso dell'anno. E riguardare gli operatori del vino, così come quelli del food. Più si allarga la platea dei "competenti", maggiori sono le probabilità di celebrare, anche economicamente, il successo del vino italiano.

 

Esportare di più e dare maggiore valore aggiunto

La strada è quella di incrementare i numeri dell'export, sia in quantità che in valore aggiunto.

 

Il modello da seguire da un lato dovrà essere la Francia, con la sua capacità di creare "comunità" intorno a un prodotto, valorizzarne lo status, il brand, l'appartenenza. Dall'altro, l'Italia può contare su una varietà di vitigni autoctoni che non ha eguali, aspetto che finora è stato considerato come un limite, ma che nell'era della comunicazione veloce, smart, attraverso QR Code e altre diavolerie tecnologiche, deve poter informare i millennials giocando proprio sulla distintività. I giovani desiderano essere unici, la diversità dei vini italiani aiuta a distinguersi, magari grazie all'abbinamento col cibo e le innumerevoli variabili territoriali della nostra Penisola.

 

Più spazio alla tecnologia

Abbiamo citato il QR Code, strumento che già ora è adottato su base volontaria per etichette più trasparenti, con informazioni dettagliate, utili anche per promuovere la sostenibilità ambientale. L'innovazione sarà una leva in grado di aiutare i produttori per essere più competitivi, più green, più resilienti.

 

Le opportunità sono infinite: dall'innovazione genomica per varietà più resistenti alle malattie e ai cambiamenti climatici; ma anche centraline digitali per il meteo, droni per le mappe di vigore, rilevatori di agenti patogeni, mezzi automatizzati per la distribuzione sostenibile dei fitofarmaci, fino alla raccolta meccanizzata, sulla quale il mondo del vino non sempre è allineato.

 

Non siamo tecnici, ma la prima impressione della resistenza ad introdurre sistemi di raccolta meccanizzata nei vigneti richiama alla memoria la chiusura verso la ricerca genetica (oggi finalmente superata dall'apertura verso le Tecnologie di Evoluzione Assistita), o le difficoltà legate all'utilizzo dei robot di mungitura da parte di alcuni consorzi di tutela di importanti formaggi Dop italiani.

 

Si compiano studi, si facciano tutte le verifiche necessarie, ma se le macchine per la raccolta delle uve sono così diffuse in Francia, un Paese che ha fatto della qualità e del prestigio dei propri vini una bandiera, mi pare che sia giunto il momento di operare un salto culturale e tecnologico anche in Italia. Forse avremmo una risposta positiva anche alle difficoltà di reperire manodopera, con tutti i risvolti del caso.

 

Fra le tecnologie, le soluzioni innovative per la vendita online e la consegna a domicilio dei prodotti. È un modello di vendita consolidato e in crescita e anche alcune enoteche sembrano aver adottato tale sistema come soluzione accanto al negozio fisico.

 

La rivoluzione della mixology

Una manifestazione che è il punto di riferimento del settore a livello internazionale deve necessariamente introdurre novità e Vinitaly 2022 ha scommesso intelligentemente sulla mixology, una formula diversa del bere, che però ha i propri seguaci, i propri codici, opportunità interessanti di business. E un pubblico giovane, da non sottovalutare in chiave di ricambio generazionale.

 

I nuovi trend

Il settore del vino, al netto dell'incremento dei costi e della difficoltà di reperire alcune materie prime (dalle bottiglie agli imballaggi), si è tinto di arancione, il colore che si sta affiancando ai tradizionali consumi di bianco, rosso e rosato. Se sarà una moda lo vedremo. Intanto, approfondiamo una nuova sfumatura di vino. Anche i vini a basso tenore alcolico o dealcolati rappresentano un'opportunità di mercato, ma servono regole chiare e strategie discusse e condivise. Non si improvvisa, ma si deve ragionare per conquistare nuovi mercati e nuovi consumatori.

 

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La marcia lenta dell'Europa

Spesso in ritardo su alcune prese di posizione o nell'accorgersi di alcuni fenomeni in atto, l'Unione Europea sul vino ha mostrato la propria anima luterana, repressiva, nordeuropea dall'approccio intransigente. Anche in questo caso, l'Unione Europea si faccia carico di campagne informative, non di terrore e nemmeno di divieti.
Allo stesso tempo, si risolvano alcuni nodi legati alla tutela delle Indicazioni Geografiche, vertenza Prosecco su tutte, perché se ci sono delle regole, devono essere rispettate.

 

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