Ismea ha pubblicato un interessante lavoro sui numeri del mais italiano, dallo stato di salute del comparto a una dettagliata analisi dei costi di produzione, con l'obiettivo di fornire una valutazione sulla sostenibilità economica e dare anche riferimenti utili per la definizione dei contratti di coltivazione.

Secondo i dati di Ismea, la coltivazione del mais in granella si è fortemente ridotta in Italia negli ultimi anni. Le superfici sono passate da 1,06 milioni di ettari in produzione nel 2000 ai 629mila ettari del 2019, con un calo di 431mila ettari; di riflesso registriamo un calo produttivo in valore assoluto dai 10 milioni di tonnellate del 2000 ai 6,2 milioni del 2019, con una riduzione netta di 3,8 milioni. A livello di mercato, le importazioni sono aumentate toccando la cifra record di 6,4 milioni di tonnellate, mentre vent'anni fa gli arrivi dall'estero si attestavano a poco più di 500mila tonnellate.

Conseguentemente a questi dati il tasso di autoapprovvigionamento, al 100% nel 2000, si è ridotto attestandosi al 50% nel 2019. Scarsa la redditività primaria, in quanto dall'analisi si evince una crescita media dell'indice dei costi più elevata rispetto a quella dei prezzi all'origine corrisposta dagli agricoltori. Nello specifico, vi è stata una flessione del 3% nell'intervallo di tempo considerato dal 2011 al 2019, a cui è però invece corrisposto un lieve incremento dei costi (+0,8%). L'analisi sui costi prende in considerazione una serie di aziende agricole a produzione mais, dislocate in Veneto, Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia.

Analizzando da vicino la struttura media dei costi per la produzione di mais in un'azienda emiliano-romagnola, si parte da una resa media di 11 tonnellate per ettaro, con un prezzo medio di vendita corrisposto all'imprenditore agricolo di 169,80 euro/t. La Plv media risulta così essere di 1.872,70 euro/ha, che può arrivare fino a circa 2.249 euro con l'aggiunta del pagamento diretto Pac, stimata mediamente in circa 376,40 euro. Sul fronte dei costi variabili, troviamo la manodopera (54 euro) e i carburanti (88 euro), mentre l'acquisto di materie prime, per un costo medio totale di 544,80 euro, viene ripartito fra sementi (215,30 euro), concimi (214,90 euro) e fitofarmaci (114,60 euro).

Importante il costo delle lavorazioni per conto terzi, per un totale di 408,60 euro, mentre il costo di essicazione e stoccaggio viene addebitato in circa 198,60 euro. Il risultato del margine lordo, considerati i ricavi e i costi variabili, è pari a 1.026 euro; ci sono poi 710,80 euro di costi fissi, divisi fra 139,90 euro di ammortamenti, 77,30 di servizi amministrativi e assistenza fiscale, 91,40 di imposte, tasse e contributi di bonifica, 188,70 per eventuali affitti e altri 213,50 di costi fissi, come manutenzioni, oneri assicurativi e contributi previdenziali. Il reddito operativo medio risulta quindi essere di 315,30 euro/ha nel caso in cui l'azienda agricola ottenga il pagamento diretto, mentre sarà negativo di 61,20 euro senza il contributo europeo.