Ma il biotech non ha solo dimostrato la volontà di rispondere ai bisogni per quanto riguarda la salute umana, come nel caso del superamento dell’emergenza da Covid-19, ma anche per una ripartenza sostenibile.
Infatti le biotecnologie scendono in campo per rispondere alla sfida di un’alimentazione adeguata per una popolazione globale in costante crescita, per contrastare gli effetti del cambiamento climatico e per preservare la biodiversità.
Da questa sfida è nato "Biotech, il futuro migliore”. Il progetto realizzato da Assobiotec Federchimica, Associazione nazionale per lo sviluppo delle biotecnologie, con il supporto di StartupItalia che è partito a giugno 2020 e si è sviluppato fino a novembre.
Gli stakeholder del mondo delle biotecnologie si sono confrontati in tavoli di lavoro dai quali si sono delineate alcune proposte di policy e piani di azione concreti per costruire un piano di rilancio del comparto biotech, aggiornato e condiviso.
L'obiettivo? Delineare il futuro del settore biotech del nostro paese e lavorare su tre direttrici: ecosistema, bioeconomia e scienze della vita.
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Ecosistema
Entro il 2030 si stima che la popolazione mondiale crescerà del 28%, dai 6,5 miliardi del 2005 a 8,3 miliardi e con un reddito medio annuo globale pro capite che subirà un incremento del 57%, dai 5.900 dollari del 2005 a 8.600 dollari.Una popolazione mondiale più numerosa e ricca che farà quindi crescere la domanda globale di servizi sanitari ma anche di risorse come cibo, mangimi per animali, acqua pulita ed energia.
Le biotecnologie offrono le soluzioni tecnologiche sulle quali, però, si deve costruire il rilancio dell’economia e dell’occupazione anche in Italia. Per massimizzarne i benefici, serve un ecosistema nazionale che permetta lo sviluppo del settore, favorendo l’innovazione.
Per rispondere a queste sfide, dai tavoli è emersa la richiesta di specifiche policy come definire una governance dell’innovazione efficace, certa e centralizzata, con una prospettiva temporale di lungo periodo, sotto la guida dell’Agenzia nazionale della ricerca. O ancora un organismo indipendente e competente, in grado di operare come uno strumento di attuazione della strategia nazionale della ricerca e dell’innovazione, capace di favorire partnership e collaborazioni tra pubblico e privato.
Tra le policy anche il raddoppiamento degli investimenti in ricerca pubblica e la creazione sia di un “One stop shop”, uno sportello unico per chi vuole investire in settori ad alta tecnologia e innovazione, sia di una rete di centri di trasferimento tecnologico, in grado di valorizzare la ricerca trasformandola in imprese, occupazione, nuovi servizi e prodotti.
Dai tavoli è emersa anche la proposta di modificare gli indicatori di valutazione dei professori universitari, eliminando il cosiddetto Professor’s privilege, che attribuisce la titolarità di un brevetto in capo al professore o alla professoressa, piuttosto che all’Istituzione accademica rappresentata.
Infine, per l'area "Ecosistema", l'obiettivo è quello di favorire la collaborazione e la partnership pubblico-privato nella realizzazione e gestione di infrastrutture per la ricerca e l’innovazione, e stimolare la ricerca e l’attrazione di investimenti privati.
Bioeconomia
Negli ultimi dieci anni le biotecnologie si sono ritagliate un ruolo di game changer nelle politiche di sviluppo sostenibile di diversi Paesi del mondo, all’interno di quello che è stato definito come il paradigma della bioeconomia circolare. Un settore in costante crescita, che in Italia vale circa 345 miliardi di euro - pari al 10,1% del valore della produzione - occupando oltre 2 milioni di persone (dati 2018). Numeri che posizionano il nostro Paese al terzo posto in Europa, dopo Germania (414 miliardi) e Francia (359 miliardi).
Nel 2017 l’Italia ha messo in campo una strategia nazionale per la bioeconomia, che è stata rivista nel 2019 dal Gruppo di coordinamento nazionale per la bioeconomia della presidenza del consiglio, per allinearla alle nuove priorità del Paese in questo ambito (circolarità, digitalizzazione, rigenerazione territoriale, bioeconomia delle città, etc.). Successivamente, nel 2020, è stato presentato un piano di implementazione nei territori insieme a un documento di indirizzo per il recovery del Paese chiamato “La bioeconomia circolare: suo ruolo per la ripresa economica, sociale, sanitaria ed ambientale del Paese”, dimostrando una particolare sensibilità su questo tema.
In questo contesto, un ruolo cruciale lo giocano le biotecnologie industriali e quelle agricole, rappresentando la principale leva di innovazione per la bioeconomia.
Biotecnologie industriali
Già oggi protagoniste di investimenti rilevanti da parte dell’industria chimica, le biotecnologie industriali sono considerate come vere e proprie chiavi di innovazione, non solo per produrre in modo sostenibile, ma soprattutto per sviluppare nuovi prodotti innovativi.
Su questa transizione alla sostenibilità attraverso le biotecnologie, si colloca la capacità dei Paesi di essere competitivi, accrescendo il benessere dei cittadini e preservando l’ambiente circostante.
Biotecnologie agroalimentari
Produrre di più, e meglio, con meno. Questa è la sfida di oggi, quella che richiede che la produttività sia oggetto di continuo miglioramento, affinché sia disponibile per tutti cibo sano e abbondante.
In questo scenario, le biotecnologie applicate alla produzione primaria e alla sua trasformazione in alimenti hanno un ruolo fondamentale, poiché hanno il potenziale per contribuire a mantenere il primato di offerta e competitività del settore, evitando improbabili ritorni a forme di agricoltura del passato, non sostenibili perché poco produttive.
Dal tavolo di lavoro dedicato alla bioeconomia, sono emerse le seguenti richieste di policy per garantire uno sviluppo sostenibile attraverso le biotecnologie: favorire la riconversione dei siti industriali dismessi in bioraffinerie integrate nel territorio, varare nuove misure per agricoltura e supportare la creazione di filiere integrate nel territorio.
Emersa anche la richiesta di agevolare lo scale-up industriale delle tecnologie e quella di proseguire e potenziare il piano nazionale per le biotecnologie sostenibili in agricoltura.
Infine rivedere il quadro normativo per consentire la sperimentazione in campo aperto delle biotecnologie sostenibili attuando le relative procedure autorizzative, sulla base della normativa esistente, ma anche individuando le aree specifiche destinate allo scopo e adottando protocolli semplici e proporzionati per la sperimentazione in campo.
Scienze della vita
Nel mondo, il 50% dei farmaci in sperimentazione clinica sono biotecnologici. Queste tecnologie sono anche alla base dell’intero processo di drug discovery, oltre ad attraversare trasversalmente tutto il settore della salute: dalla diagnostica ai vaccini.Le biotecnologie costituiscono un motore strategico dell’innovazione nelle scienze della vita, un comparto che già vale circa il 10% del Pil nazionale, con un numero di addetti pari a circa 1.75 milioni. In Italia si conferma un settore molto dinamico e ad alto tasso di innovazione, il cui valore necessita di essere riconosciuto in tutta la filiera, dalla sperimentazione all’accesso al mercato.
A tal proposito, al tavolo di lavoro, è emersa la richiesta di alcune policy come: la creazione di centri d’eccellenza italiani per rafforzare la capacità del Paese di generare conoscenza e valore; la velocizzazione del processo di approvazione delle sperimentazioni cliniche e lo sbloccaggio della sperimentazione animale, allineando la legislazione italiana a quella europea.
Inoltre si richiede il rafforzamento del tessuto produttivo bio-farmaceutico, favorendo una trasformazione degli impianti produttivi italiani, nell’ottica di valorizzare la produzione innovativa e biotecnologica, e la revisione del sistema di governance farmaceutica, considerato superato e penalizzante.
(Fonte: Assobiotec)
Le premiazioni
L’evento conclusivo del 9 novembre è stato anche l’occasione per l’assegnazione dell’Assobiotec Media Award e del Premio Federchimica Giovani – sezione biotecnologie.Il primo è un riconoscimento che, dal 2014, viene dato alla capacità di raccontare tematiche complesse, rendendole accessibili al grande pubblico. Quest'anno è stato assegnato a Barbara Gallavotti, biologa, giornalista e divulgatrice scientifica, “per la capacità di divulgare la scienza, per il linguaggio sempre chiaro e fruibile, per i diversi e inediti approfondimenti sul nuovo coronavirus, per le riflessioni su temi della ricerca scientifica e il diritto alla cura”.
Il secondo è invece un concorso riservato agli studenti della Scuola secondaria di primo grado di tutto il territorio nazionale, chiamati a presentare un racconto, un reportage giornalistico, una presentazione, un fumetto o un video. Il premio è stato assegnato, per la sezione biotecnologie, al progetto "SARS-CoV-2: Non ci hai spaventato, ma vogliamo sapere tutto su di te", delle classi 2E, 2F e 3E dell’Istituto Comprensivo Calasanzio di Milano. L'elaborato è stato scelto “per la ricchezza e la varietà di spunti e contributi, per l'originalità nella modalità di presentazione, per il lavoro di approfondimento e per il coinvolgimento allargato a docenti ed esperti del tema trattato”.