Ad una settimana dallo strappo in Commissione prezzi alla Camera di commercio di Foggia, resta invariato il prezzo del grano duro fino definito due settimane fa dopo il secco no di Coldiretti, Cia e Confagricoltura all'ennesimo tentativo unilaterale di commercianti ed industriali di abbassare la quotazione del cereale pastificabile della Capitanata, "mentre in un mese dal 1° agosto al 1° settembre 19 navi alcune provenienti da Canada, Ucraina, Thailandia, Albania hanno scaricato prodotto estero al porto di Bari" si sottolinea in una nota di Coldiretti Puglia. Insomma, l'import di grano duro verso il paese vi è sempre stato, ma a questo punto le analisi sul crollo verticale dei prezzi, interventuo da luglio a settembre, hanno esiti diversi tra le organizzazioni agricole.
 


Coldiretti Puglia, tempesta sui prezzi mortifica costruzione accordi di filiera

 "La Commissione prezzi della Camera di commercio di Foggia funge da punto di riferimento per le quotazioni del grano in Puglia, pertanto vanno salvaguardati corretti ed equi rapporti all'interno della filiera, in una campagna che tra l'altro segna minori quantità e qualità apprezzata dal mercato", afferma Pietro Piccioni, delegato confederale di Coldiretti Foggia.

"Non ci stiamo ad assistere alle proposte di abbassamento dei prezzi del grano duro che mortifica il lavoro e gli investimenti dei nostri agricoltori, e vanifica anche i tentativi di creare accordi di filiera che dal campo alla tavola garantiscano ai consumatori di acquistare pasta 100% made in Italy, senza che alcuno degli anelli della filiera ci rimetta", aggiunge Piccioni.

Secondo Coldiretti a congiurare contro il prezzo del grano duro fino nazionale vi sono le importazioni dal Canada, aumentate del 59% nel primo trimestre e del 34% nel secondo trimestre 2020 e favorite dal Ceta, l'accordo di libero scambio tra il paese nordamericano e l'Unione europea.
 

Confagricoltura Emilia-Romagna, costruire la filiera per stabilizzare i prezzi

Ma proprio mentre il mercato italiano sembra finalmente stabilizzarsi, un severo monito arriva da Confagricoltura Emilia-Romagna: "Attenzione ai falsi miti: la flessione del prezzo del grano duro - avverte il presidente di Confagricoltura Emilia Romagna, Marcello Bonvicini - non dipende dal Ceta, bensì da dinamiche dell'economia globale, in particolare la maxi offerta proveniente da paesi produttori top e il cambio euro/dollaro sfavorevole per la nostra produzione nazionale".

In effetti, se un certo aumento dell'offerta di grano duro da parte di alcuni paesi è stata sicuramente una realtà negli scorsi mesi, è pur vero che tali incrementi si sono registrati quando il prezzo del grano duro italiano registrava ancora rialzi, sulla base delle aspettative negative inerenti i raccolti. Invece, il tasso di cambio euro/dollaro ha fatto sì che con un euro già forte poteva acquistarsi merce per 1,12 dollari ai primi di luglio, quando ancora i prezzi del grano italiano erano in aumento, mentre se ne possono acquistare oggi ben di più: 1,17 dollari. E nel pieno della crisi dei prezzi in Italia si era andati ben oltre: nei primi 15 giorni di settembre più volte si sono superati gli 1,19 dollari, acquistabili con un euro, neutralizzando anche l'aumento del prezzo in dollari del grano Usa.

Motivi questi per i quali sarebbe scorretto e inutile, prosegue Bonvicini, continuare a illudere gli agricoltori. "Assistiamo ogni giorno a proclami di vittoria quando nulla è stato fatto finora, con l'incognita della instabilità dei mercati a evidenziare le varie dicotomie - spiega il presidente regionale dell'organizzazione agricola -. La filiera del grano made in Italy va costruita realmente, con una visione comune, all'interno di una organizzazione interprofessionale capace di unire attorno a un tavolo tutte le sue componenti - produttori, stoccatori, commercianti, con gli industriali del settore molitorio, pastario e mangimistico -, per dare un futuro alle nostre produzioni, altrimenti, questa filiera ideale, rimarrà sempre un concetto astratto".

"Il mercato dei prezzi dimostra che slogan e bandiere non generano un valore economico - afferma ancora Bonvicini -. Bisogna invece definire e condividere, insieme agli attori della filiera, strategie di valorizzazione della produzione nazionale, tenendo conto delle dinamiche internazionali e di variabili difficilmente calcolabili".