Arriva la proroga per le etichette 'trasparenti' sull'origine del grano per la pasta di semola di grano duro, sull'origine del riso, e sull'origine del pomodoro nei diversi prodotti sottoposti a trasformazione. In un momento di emergenza sanitaria per coronavirus ricordarsene potrebbe valere come un appello ai cittadini a stare ancora più attenti, e 'velatamente' a consumare prodotti made in Italy.

Il decreto interministeriale è stato firmato dalla ministra delle Politiche agricole Teresa Bellanova e dal ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli, e prolunga i provvedimenti nazionali in vigore oltre il primo aprile (data in cui entra in applicazione il regolamento europeo 775 del 2018). La proroga vale fino al 31 dicembre 2021. Le indicazioni sull'origine devono essere messe sull'etichetta in un punto evidente e nello stesso campo visivo, così da essere facilmente riconoscibili, chiaramente leggibili e soprattutto indelebili.

Ma in sostanza cosa viene disposto dal decreto?

Per il grano, quindi per la pasta, prevede che le confezioni di quella secca prodotte in Italia debbano continuare ad avere obbligatoriamente indicate in etichetta alcune determinate diciture come il paese di coltivazione del grano, il paese in cui il grano è stato macinato. Se queste fasi avvengono nel territorio di più paesi possono essere utilizzate, a seconda della provenienza, le diciture 'paesi Ue, paesi non Ue, paesi Ue e non Ue'; se il grano duro è coltivato almeno per il 50% in un solo paese, come per esempio l'Italia, si potrà usare la dicitura 'Italia e altri paesi Ue e non Ue'.

Per il riso il provvedimento prevede che sull'etichetta ci debba continuare a essere indicato il 'paese di coltivazione del riso', il 'paese di lavorazione', il 'paese di confezionamento'. Se le tre fasi avvengono nello stesso paese è possibile utilizzare la dicitura 'Origine del riso: Italia'. Mentre, anche per il riso così come per la pasta, se queste fasi avvengono nel territorio di più paesi possono essere utilizzate, a seconda della provenienza, le diciture 'paesi Ue, paesi non Ue, paesi Ue e non Ue'.

Le confezioni di derivati del pomodoro, sughi e salse prodotte in Italia devono continuare ad avere obbligatoriamente indicate in etichetta le seguenti diciture: 'paese di coltivazione del pomodoro'; 'paese di trasformazione del pomodoro'. Se queste fasi avvengono nel territorio di più paesi possono essere utilizzate, a seconda della provenienza, sempre le diciture 'paesi Ue, paesi non Ue, paesi Ue e non Ue'. Se invece tutte le operazioni avvengono nel nostro paese si può utilizzare la dicitura 'Origine del pomodoro: Italia'.

"L'Italia - hanno osservato i ministri Bellanova e Patuanelli - si conferma all'avanguardia in Europa per la trasparenza delle informazioni al consumatore in etichetta. Non possiamo pensare a passi indietro su questa materia e per questo abbiamo deciso di andare avanti. Diamo certezze alle imprese di tre settori chiave per l'agroalimentare italiano".

Poi nelle parole dei ministri il richiamo internazionale: "Chiediamo anche all'Europa di fare scelte coraggiose nell'ambito del Green deal e della strategia 'Farm to Fork', introducendo a livello europeo l'obbligo di indicare l'origine per tutti gli alimenti". E naturalmente non poteva mancare il riferimento alla crisi della pandemia coronavirus: "Chiediamo ancora una volta alla Commissione di andare incontro anche alle richieste delle imprese, che oggi devono fronteggiare i danni da Covid-19, e di spostare di almeno un anno l'applicazione del regolamento 775. Una norma che non ci piace e alla quale oggi, con tante imprese che producono imballaggi chiuse in Europa, è difficile adeguarsi".