E' questo il cuore dei dati contenuti nel nuovo rapporto dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) dedicato al consumo di suolo nel nostro paese.
In generale quasi la metà della perdita di suolo, nell'ultimo anno, si concentra nelle aree urbane, il 15% in quelle centrali e semicentrali, il 32% nelle fasce periferiche e meno dense. E la cementificazione avanza senza sosta soprattutto nelle aree già molto compromesse: il valore è dieci volte maggiore rispetto alle zone meno consumate. A Roma, per esempio, in un solo anno si sono consumati 57 ettari di aree verdi (su 75 ettari di consumo totale). Il record spetta a Milano dove sono stati spazzati via 11 ettari di aree verdi (su un totale di 11,5 ettari). In controtendenza Torino che inverte la rotta e inizia a recuperare terreno, tanto che ha 'ritrovato' sette ettari di suolo nel 2018.
Il rapporto mette in evidenza che in generale è Roma, con un incremento di superficie artificiale di quasi 75 ettari, il comune italiano con la maggiore trasformazione, seguito da Verona (33 ettari), L'Aquila (29), Olbia (25), Foggia (23), Alessandria (21), Venezia (19) e Bari (18). Il consumo di suolo cresce anche nelle aree protette (più 108 ettari nell'ultimo anno), nelle aree vincolate per la tutela paesaggistica (più 1.074 ettari), in quelle a pericolosità idraulica media (più 673 ettari) e da frana (più 350 ettari) e nelle zone a pericolosità sismica (più 1.803 ettari).
La velocità del consumo di suolo sembra però essersi stabilizzata anche se ancora molto lontana dai target europei che ne prevedono l'azzeramento. La situazione non ha a che fare con la crescita demografica: ogni abitante italiano ha in carico oltre 380 metri quadrati di superfici occupate da cemento, asfalto o altri materiali artificiali; si tratta di un valore che cresce di quasi 2 metri quadrati all'anno, con la popolazione che al contrario diminuisce sempre di più. E' come se nell'ultimo anno si fossero costruiti 456 metri quadrati per ogni abitante in meno.
Di questa situazione ne soffre anche il clima, che in alcuni casi porta a un aumento delle temperature proprio dove la natura ha lasciato spazio al cemento. Tra l'altro negli ultimi sei anni l'Italia ha perso superfici che erano in grado di produrre 3 milioni di quintali di prodotti agricoli e 20mila quintali di prodotti legnosi, e di assicurare lo stoccaggio di 2 milioni di tonnellate di carbonio. Inoltre viene prodotto anche un danno economico potenziale compreso tra i 2 e i 3 miliardi di euro all'anno dovuti alla perdita dei servizi ecosistemici.
"I dati - ha osservato il presidente dell'Ispra Stefano Laporta - confermano l'urgenza di definire al più presto un assetto normativo nazionale sul consumo di suolo, ormai non più differibile".
Il ministro dell'Ambiente Sergio Costa ha ricordato che "ci sono disegni di legge presentati sia dal Pd che dal M5S. Ora si tratta, articolo per articolo, di trovare la quadra. Lo faremo ma nell'interesse del paese".