Ci risiamo. Le colpe dei padri è proprio vero che ricadono sui figli. Nel senso, se i padri fissano criteri irrazionali per valutare ciò che è pericoloso, poi i figli agiranno di conseguenza vedendo pericoli anche dove non ci sono. Soprattutto, investiranno tempo, lavoro e denaro per affrontare un problema che è più percepito che reale.


Si sta parlando (ancora) di acque, dal momento che in Europa è stata realizzata la "European Zero Pollution Dashboard" ed è stato emanato un documento della European Environment Agency relativo a fiumi, laghi e falde dal titolo "Pesticides in rivers, lakes and groundwater in Europe (Indicator)". 

 

Primo: la soglia zero non esiste

Già la parola "zero" lascia intuire quanto siano velleitari gli obiettivi europei. L'inquinamento zero, infatti, non esiste, non è mai esistito né mai potrà esistere. Troppo complessi i processi agricoli, urbani e industriali per illudersi di annullare gli input indesiderati nell'ambiente. Input fra i quali i "pesticidi" rappresentano una quota minima rispetto al totale. Un totale che stranamente non viene mai messo in risalto, creando la percezione per la quale la qualità delle acque si possa migliorare anche solo bastonando la fitoiatria.

 

Poi nelle acque ci si trova di tutto: farmaci, idrocarburi, solventi e una miriade di altre sostanze chimiche di derivazione civile e industriale. Meglio sarebbe quindi adottare tutte le possibili soluzioni tecniche e tecnologiche al fine di minimizzarli, questi input. Tutti, a partire da quelli ben più significativi rispetto agli agrofarmaci. Ed è semmai su questo fronte che si dovrebbero concentrare le risorse economiche e scientifiche del Vecchio Continente. 


Dura però pensare che una Bruxelles orientata al Farm to Fork e al Green Deal, con tutte le criticità ormai chiare e ben delineate, possa cambiare rotta anche nei criteri di valutazione dei reali impatti ambientali. A partire dalle soglie alle quali una o più sostanze possono rappresentare un rischio concreto per la salute dei cittadini e/o degli organismi acquatici.

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Criteri di qualità e loro superamenti 

Stando al report dell'Agenzia europea per l'ambiente sarebbero troppi i superamenti delle soglie ritenute valide per stimare la qualità delle acque. In effetti, traducendo dal summary del report: "Uno o più pesticidi sono stati rilevati al di sopra degli standard di qualità ambientale dell'UE nel 10%-25% di tutti i siti di monitoraggio delle acque superficiali tra il 2013 e il 2021. Nelle acque sotterranee, i superamenti dello standard di qualità per uno o più pesticidi sono stati rilevati tra il 4% e l'11%. % dei siti di monitoraggio. Le differenze nel tempo, nel tipo di raccolto e nei rapporti fanno sì che i cambiamenti tra gli anni potrebbero non essere significativi".


Come al solito, però, a creare tali dati più che i "pesticidi" sono i criteri di qualità stessi. Tema di cui si è più volte parlato su AgroNotizie®. Se si ponesse sulle autostrade il limite di 130 metri all'ora persino un ottuagenario con il deambulatore a rotelle verrebbe considerato un pirata della strada. Quindi, qualcuno dovrebbe comprendere che il problema sta nel limite, non nell'ottuagenario. 


Cosa dice la normativa

Al fine di stabilire i necessari parametri di riferimento per le diverse molecole, eventualmente presenti in un corpo idrico utilizzabile a uso potabile, sono stati prodotti nel tempo specifici documenti di valenza europea e nazionale. Per esempio, la Direttiva 80/778/CEE, del 1980 (matura quindi per andare in pensione), stabilì diverse soglie per una molteplicità di sostanze inquinanti, esprimendole come concentrazioni nelle acque. A tutti i prodotti per la difesa fitosanitaria delle colture agrarie, indipendentemente dalla loro tipologia e dagli aspetti tossicologici intrinseci di ciascuno di essi, venne attribuita una soglia pari a 0,1 µg/L (microgrammi per litro, ovvero milionesimi di grammo). Questo in caso di presenza di singole molecole, ma la soglia sale a 0,5 µg/L per eventuali miscele di sostanze attive contestualmente presenti. 


Colpisce che nel medesimo documento vengano poste soglie decisamente superiori per elementi la cui nocività per la salute umana è ormai chiara, come arsenico, cadmio, piombo e mercurio. Questi inquinanti possono essere anche di origine naturale, come per esempio l'Arsenico, al quale dalla medesima Direttiva venne data una soglia di 50 µg/L. Ovvero 500 volte quelle imposta alle sostanze attive a uso fitosanitario. Medesimi livelli vennero considerati tollerabili per i cianuri, per il piombo (in acqua corrente) e per il cromo, mentre per cadmio e mercurio tali valori vennero espressi rispettivamente pari a 5 e 1 µg/L. Ovvero 50 e 10 volte i limiti posti agli agrofarmaci. 


Anche gli idrocarburi furono contemplati nella Direttiva, con un valore di 10 µg/L: cento volte superiore rispetto a quello dei prodotti fitosanitari. Divari palesemente sproporzionati, sebbene si comprenda come all'epoca i prodotti fitosanitari fossero gravati da profili tossicologici molto peggiori di quelli attuali. Ciò che però più colpisce di tali valori-soglia per gli agrofarmaci è che non risulta alcun processo di valutazione tossicologica alla base dei limiti di 0,1 e di 0,5 µg/L. Queste molecole sono infatti tutte diverse le une dalle altre, sia per quanto concerne la tossicità acuta, sia per quella di tipo cronico. 


Ogni molecola andrebbe infatti valutata sotto una molteplicità di aspetti e per ciascuna sostanza attiva sarebbe opportuno venissero fissati nuovi criteri sui quali basare la regolamentazione delle acque a uso potabile. A conferma, già a 26 anni dalla Direttiva del 1980, la Dir. 2006/118/CE stabilì nella sua prima pagina che (Punto 8) "Dovrebbero essere stabilite, come criteri comunitari per la valutazione dello stato chimico dei corpi idrici sotterranei, norme di qualità per i nitrati, i prodotti fitosanitari e i biocidi e dovrebbe essere assicurata la coerenza, rispettivamente, con la direttiva 91/676/CEE, del Consiglio, del 12 dicembre 1991, relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole(6), la direttiva 91/414/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1991, relativa all'immissione in commercio dei prodotti fitosanitari (7), e la direttiva 98/8/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 1998, relativa all'immissione sul mercato dei biocidi (8)".

 

Il concetto di una specifica "valutazione di norme di qualità" è pertanto contemplato in tale Direttiva, la quale subito di seguito ammette come (Punto 9) "In talune zone, la protezione delle acque sotterranee potrebbe richiedere una modifica delle prassi agricole o forestali suscettibile di comportare una perdita di reddito. La Politica  agricola  comune prevede meccanismi di finanziamento per attuare misure volte a garantire il rispetto degli standard comunitari […]". 


In sostanza, si è perfettamente consapevoli che le restrizioni di impiego dei mezzi tecnici possano impattare negativamente i bilanci delle aziende agricole. Bilanci da integrarsi poi con una serie di specifici contributi pubblici il cui carattere compensativo emerge ogni giorno più chiaramente nella sua principale essenza. In sostanza, gli agricoltori vengono sussidiati per sopportare in qualche modo le perdite di produttività causate dalle limitazioni poste dalle normative vigenti. Siamo queste razionali o meno.

 

Ancora, all'Art. 2 (Pag. 3) la medesima Direttiva recita:  "Norma di qualità delle acque sotterranee: una norma di qualità ambientale definita come la concentrazione di un determinato inquinante, gruppo di inquinanti o indicatore di inquinamento nelle acque sotterranee che non dovrebbe essere superata al fine di proteggere la salute umana e l'ambiente". 


In tale passaggio vengono quindi previsti chiaramente degli specifici valori di soglia di qualità delle acque. La discussione deve quindi partire proprio da qui, cercando di rispondere alle seguenti domande: sono ormai da ritenersi obsoleti e quindi superati i limiti di 0,1 e 0,5 µg/L per i prodotti fitosanitari, stabiliti dalla Dir. 80/778/CEE? Quali nuovi criteri dovrebbero subentrare in tal caso, al fine di assicurare limiti di potabilità derivanti da analisi e processi valutativi più razionali e di natura scientifica? 


A distanza di 44 anni dalla Dir. 80/778/CEE le risposte sono entrambe sì: quei limiti non hanno più alcun senso e stanno causando inutili danni alla produttività delle aziende agricole, legandole sempre più indissolubilmente a una serie di contributi che ne vincolano l'operato, sempre meno basato sulle competenze proprie della fitoiatria e sempre più impoverito di sostanze attive impiegabili a difesa delle colture. 

 

E se a fissare i limiti fosse la tossicologia?

Applicando gli approcci più cautelativi, la tossicologia e l'ecotossicologia dicono che no: gli attuali limiti per le acque potabili e quelli per le acque superficiali non sono più adeguati al fine di elaborare valutazioni del rischio serie e affidabili. 


Lo si è dimostrato realizzando per le acque sotterranee i più opportuni Limiti di Confidenza Tossicologica, molecola per molecola. Analogamente, sono molto diversi i risultati anche per le acque superficiali quando vengano ad esse applicati i medesimi criteri di base ecotox, molecola per molecola, organismo per organismo. 


Quindi : ci sono "pesticidi" nelle acque. Ma quindi anche no: i rischi non sono quelli paventati. E infine ancora : le soglie di qualità vanno riviste radicalmente, proprio al fine di non elaborare costosi piani di indagine e di interventi che poggiano su criteri di valutazione obsoleti e inaffidabili dal punto di vista della stima dei rischi.  Con buona pace dell'ottuagenario con il deambulatore a rotelle.