Un De Castro decisamente in forma smagliante quello che è intervenuto a Roma alla 69esima assemblea nazionale di Fruitimprese, dove non si è limitato - come spesso accade - a svolgere un "compitino" di rappresentanza istituzionale, ma ha voluto tenere quella che, per molti dei presenti, è stata una breve "lectio magistralis per gente comune": con argomenti precisi, esposti in maniera colloquiale, comprensibili a un pubblico di non iniziati e conditi di interessanti novità in anteprima.
 

L'Europa siamo noi

L'esordio del vicepresidente della Commissione Agricoltura del Parlamento europeo è stato sull'Europa, da molti vista alternativamente come una sanguisuga, un carrozzone politico che sa solo chiedere risorse e imporre regole più o meno assurde, una vacca da mungere in ogni modo o una specie di entità soprannaturale che segue regole misteriose.

"L'Europa siamo noi" ha spiegato Paolo De Castro ai presenti. "Non è un posto dove qualcuno tiene da conto dei nostri problemi, ma un luogo di opportunità che funziona a seconda di quanto lo si utilizzi e ci si lavori. Siamo noi che ci dobbiamo attivare, partendo dai produttori.
Quando ero ministro
- ha raccontato - ci chiedevamo: è arrivato il parere del Parlamento europeo? Sì? Bene, possiamo iniziare a discutere. Lo mettevamo nel cassetto e li rimaneva, perché non contava niente. Ora le cose sono cambiate con la grande novità istituzionale, che solo ora stiamo imparando a conoscere, che dal 2013 attribuisce poteri codecisionali al Parlamento europeo".

Il lavoro da fare da Italia, Francia e Spagna per evitare il peggio, secondo l'europarlamentare, è soprattutto a livello organizzativo e consiste nel "mettere insieme le loro grandi attività e costruire qualcosa che poi deve essere trasformata in norme comuni".
"Oggi sfido chiunque di voi a dirmi chi sono i nostri componenti della Commissione Agricoltura del Parlamento europeo. Non lo sapete. Fate la stessa domanda ai rappresentanti della cooperazione spagnola o francese: vi diranno nome, cognome, da dove vengono, che idee politiche hanno e come li possono contattare. Il cambiamento deve partire da voi" ha concluso. "L'Europa andrà bene o male se noi saremo parte di quel processo decisionale che è alla base delle norme, delle direttive e dei regolamenti".
 

Brexit: una (mezza) bolla di sapone?

Buone notizie sul fronte Brexit. Il recente voto alla Camera dei Lord in favore del mantenimento dell'unione doganale, infatti, ridimensiona pesantemente il quadro catastrofico che si andava delineando in seguito all'uscita del Regno Unito dall'Unione europea. "Il voto alla Camera dei Lord, - ha spiegato De Castro - significa per noi una cosa: che tutto rimarrà com'è ora. Il Regno Unito non potrà fare accordi commerciali e varranno quelli fatti dall'Unione europea. A tutto ciò sovraintenderà la Corte di giustizia. Ora vedremo cosa succederà alla Camera dei Comuni, ma non c'è dubbio che la Brexit è stata talmente dirompente e la grande quantità di bugie che sono state raccontate sulle praterie di opportunità che il Regno Unito avrebbe avuto, si sta rivelando per quello che è: una bufala terrificante che ora porta tutti a una fuga per limitare i danni di una scelta da cui non si può tornare indietro".

Se il voto della Camera dei Lord dovesse essere confermato da quella dei Comuni, si avrebbero due effetti immediati: da un lato si scongiurerebbe il rischio di un'agricoltura europea danneggiata dall'introduzione di nuovi dazi doganali, dall'altro si risolverebbe il problema delle frontiere per il Nord Irlanda.
"Pochi giorni or sono, - ha detto De Castro - un'associazione di produttori di carne irlandese ha calcolato che se venissero reintrodotti i controlli doganali, nel porto di Dover si formerebbe in meno di un'ora e mezza una fila di camion fino a Londra. Questo per dire che la Brexit, semplicemente, non si può fare, oppure bisogna trovare un modo furbo, come il voto dei Lord, per fare un passo indietro".
 

Post Brexit: una nuova Europa?

Rispetto a quanti ritengano che con la Brexit l'Europa si indebolisca, De Castro va controcorrente. "L'effetto della Brexit è stato, in effetti, quello di rendere l'Europa più forte, essendosi liberata del paese che, ogni volta che l'Ue ha cercato di fare un passo avanti, si è messo regolarmente di traverso. La concezione di Europa per il Regno Unito è sempre stata quella di un'area di libero scambio, mentre paesi come Italia, Germania e Francia vogliono fare un passo in più. L'ultimo discorso del presidente Macron ci ha visto alzarci più volte per applaudire un intervento finalmente europeista e di grandi prospettive. Le risposte ai nostri problemi ce le può dare solo l'Europa. Non è una questione di affetto, ma un dato oggettivo, che dipende dalle dimensione delle economie in gioco. La voglia di Europa cresce nonostante le forze contrarie e grazie alla Brexit, che diventa sempre più un vaccino che una malattia, si sta creando un sentimento europeista forte".

Se gli effetti della Brexit sembrano subire un ridimensionamento, non significa che non ce ne siano. L'uscita del Regno Unito, infatti, si tradurrà per il bilancio comunitario in un buco di circa 12 miliardi di euro, che si sommano a circa altri 13 miliardi necessari a sostenere nuove politiche comunitarie, quali quelle per l'immigrazione e per la difesa comune. Di fronte a un tale fabbisogno l'Europa si trova a un bivio: "Dove andare a prendere questi 25 miliardi? - ha detto De Castro - O si aumentano le risorse all'Unione europea, e c'è già una proposta in questo senso che sarà formalizzata entro qualche settimana del commissario Oettinger per lo 0,1% di aumento del Pil, o si fanno tagli. I grandi paesi si sono già espressi positivamente per l'aumento, molti altri contro, tra cui i paesi scandinavi e quelli dell'area orientale. Ora dobbiamo decidere. Se non lo facciamo non c'è dubbio che i tagli arriveranno e saranno in una prima fase orizzontali, ma a lungo andare si andrà a tagliare dove è più facile, ossia dove ci sono gli interessi di solo tre o quattro paesi".

Ha parlato estremamente chiaro, De Castro, spiegando che per quanto riguarda provvedimenti come l'Ocm vino e ortofrutta, c'è nell'Unione una larga maggioranza di paesi disinteressati, prontissimi a risparmiare i circa 3 miliardi e mezzo di euro che servono a finanziarli.
"Sia chiaro: noi difenderemo l'Ocm a spada tratta. Non c'è nessun rischio che la nuova riforma della Pac, che il commissario Hogan si ostina a presentare e che di fatto lascia con il New Delivery Model la gestione della Pac tutta agli Stati membri, possa passare. Fino al 2022 terremo questa Pac e questi Ocm, ovviamente con le risorse a disposizione dal 2020".
 

Ue e antitrust: il principio dell'Omnibus

A corroborare le parole di De Castro sul lavoro da fare in Europa e sui risultati che questo può dare, c'è il lampante esempio dell'approvazione del Pacchetto Omnibus, identificabile come una vera e propria riforma di medio termine della Politica agricola comune e risultato di un lavoro tutto italiano, che introduce una serie di novità che vanno oltre l'ambito della semplificazione, della gestione dei rischi e delle misure di mercato. Una delle più significative è quella di aver stabilito un principio: quello che le norme comunitarie superano le norme antitrust. "Si tratta di un principio esplosivo, che riguarda tutti i settori produttivi. Nulla impedisce che oggi due o più grandi Op possano fare un'Aop che gestisca l'80% dell'offerta. Vi sembra poco? Vi sembra poco che Melinda possa fare una Aop con Valvenosta e definire le politiche commerciali per il 90% delle mele? Pensate a cosa significa questo per il settore dei formaggi, che per anni ha avuto il problema dell'antitrust con multe pesanti per i produttori di Parmigiano e Grana".
 

Pratiche sleali

"L'Europa ha presentato la direttiva sulle pratiche commerciali sleali nella catena alimentare; - ha proseguito De Castro - una partita che andava avanti da dieci anni e di cui sarò io il relatore. Una direttiva è qualcosa di molto complicato e non so come andrà a finire, ma è comunque qualcosa di molto importante, perché contiene le regole minime che dovranno essere obbligatoriamente adottate in tutti i paesi europei entro due anni dalla sua eventuale approvazione".

Tra queste l'obbligo di introdurre in ciascuno Stato membro delle autorità - che potranno essere un'agenzia autonoma o all'interno di un'antitrust - che raccolga le denunce autonome dei produttori su eventuali pratiche sleali. "Quale produttore, piccolo o grande, si mette oggi contro la grande distribuzione? Di pratiche sleali, però, molti di voi ne hanno viste tante. Provate a pensare cosa succederà quando questo entrerà in vigore".

L'iter della direttiva prevede tempi serrati: affinché si possa approvarla entro l'anno, De Castro presenterà il suo rapporto, ossia la posizione del Parlamento per il voto, a luglio; a settembre si voterà in aula. Tra ottobre e novembre ci dovrebbero essere i primi triloghi. "Speriamo di concludere tutto, ma se non ce la faremo rimarrà comunque un'approvazione in prima lettura che condizionerà la prossima legislatura".

Guarda la videointervista a Paolo De Castro sulle pratiche commerciali scorrette