"In italiano sfortunatamente food security e food safety si traducono entrambi con "sicurezza alimentare", ma sono concetti molto differenti", ha precisato aprendo i lavori Paolo De Castro, eurodeputato e presidente della commissione Agricoltura al Parlamento europeo. "Si parla di Food security quando si vuole garantire a tutti gli esseri umani l'accesso al cibo, mentre la food safety riguarda la sicurezza degli alimenti, come la loro conservazione e salubrità".
La sfida forse più grande è quella di dare da mangiare ad una popolazione in costante crescita e con abitudini alimentari mutevoli. Nel 2015 saremo nove miliardi di abitanti, ma già oggi gli squilibri sono enormi: tre miliardi di persone sono in condizioni di povertà e soffrono di malnutrizione, mentre due miliardi sono in sovrappeso o obesi.
Incrementare la produzione di cibo non è tutto, serve anche una equa distribuzione. Eppure la scienza deve dare vita ad una nuova rivoluzione verde, capace di aumentare la produttività dei campi tutelando la biodiversità e la fertilità del territorio. Le stime parlano di un incremento necessario del 60%, rispetto ai livelli del 2005, per dare da mangiare alla popolazione mondiale nel 2050.
Oltre alla produttività le sfide sono talmente tante da far tremare i polsi: cambiamenti climatici, specie aliene invasive, malattie, desertificazione e inquinamento sono gli ostacoli che devono essere superati. Come? Ad esempio selezionando cultivar resistenti a parassiti e cambiamenti climatici, ma anche facendo ricorso al l'agricoltura di precisione, che promette di aumentare le rese diminuendo gli input. Durante il Forum ci si è spinti anche oltre, immaginando un mondo in cui le proteine saranno fornite dagli insetti e frutta e verdura cresceranno in "vertical farm" e in colture idroponiche, anche in città.
Le grandi aziende agricole meccanizzate sono il futuro? Non è detto. Bisogna considerare che l'agricoltura industriale consuma il 70% delle risorse, mentre produce il 30% del cibo. Nelle piccole fattorie il rapporto è inverso, 30% a 70%. Le piccole realtà devono essere valorizzate e lo spreco di cibo ridotto (visto che un terzo di ciò che si raccoglie finisce nel bidone dell'immondizia).
Ridurre gli sprechi sarà essenziale per sfamare una popolazione mondiale che consuma sempre più cibo e soprattutto proteine (in Cina si è arrivati a 50 chili di carne pro capite, la metà del livello europeo, ma in costante crescita). Ma la battaglia va combattuta anche sul fronte della conservazione del cibo con la selezione di cultivar più resistenti, lo sviluppo di nuove tecniche di conservazione e nuove catene di distribuzione.
"Ci hanno detto che questo forum era troppo ambizioso", ha dichiarato Stefano Bonaccini, presidente dell'Emilia Romagna. "Ma la nostra è una terra che ha il record di prodotti tipici riconosciuti internazionalmente, il 20% del Pil regionale è fatto dall'agroalimentare e a Parma ha sede l'Efsa, l'Autorità europea per la sicurezza alimentare. Perciò chi meglio di noi avrebbe potuto guidare il cambiamento?"