A metà fra l’ironia e una fede cieca nella scienza, il presidente onorario dell’Accademia dei Georgofili, Franco Scaramuzzi, tocca un tasto il cui suono è già ampiamente noto. Il favore del mondo accademico verso gli ogm. Lo ha ribadito pochi giorni fa nella Torre di via de’ Georgofili.
Ma questa volta Scaramuzzi argomenta direttamente su quello che definisce “oscurantismo, un’azione da rogo” e cioè “la decisione che ha portato ad aver bloccato la ricerca scientifica italiana in materia di ogm. Non soltanto è stata proibita, ma sono anche state sradicate le piante che erano oggetto di sperimentazione. Credo che sia la cosa più dura da sopportare in questa vicenda”.
Poi arriva il gancio al ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina. Da dove deriva la virata, se non proprio a 360 gradi, da una posizione possibilista (da viceministro) a una chiusura sugli ogm? “I politici seguono opinione pubblica, cioè il numero di voti – taglia corto Scaramuzzi -. Non capisco però come mai la nostra opinione pubblica sia così sorda all’informazione competente”.
Perché vi sono alcune dinamiche innegabili. “Gli scienziati sono tutti favorevoli – prosegue, ricordando anche il manifesto in favore della ricerca genetica sostenuto proprio dall’Accademia dei Georgofili - eppure l’opinione pubblica è contro. Allora manca l’informazione”.
Qualcosa, in effetti, non torna. “La stampa ci pubblica quello che diciamo – considera Scaramuzzi - La gente lo legge, dovrebbe capire e distinguere chi parla con consapevolezza e chi parla per sentito dire. Ma questo non avviene. E così si compie un atto oscurantista, si nega l’evoluzionismo scientifico. Si nega il progresso delle conoscenze, anziché l’uso sbagliato di queste conoscenze, qualora ci fosse”.
Ma l’affondo del presidente onorario dell’Accademia sul giovane responsabile del dicastero di via XX Settembre non si ferma. “Creare panico non è un reato? Abbiamo i responsabili, a cominciare dal ministro Martina. Nessun paese tranne l’Italia ha bloccato la ricerca”, domanda polemico alla professoressa Eleonora Sirsi dell’Università di Pisa, al termine del giornata di studio su: “Gli ogm: a che punto di vista giuridico siamo?”.
“A chi giova? – si chiede di nuovo Scaramuzzi -. Ai consumatori no, ai coltivatori no”.
E se il cambio di rotta del ministro Martina fosse dovuta all’influenza politica e ideologica di figure come Carlin Petrini di Slow Food (ricordiamo che Martina ha portato i ministri agricoli europei in visita all’Università di Pollenzo-Bra durante il Consiglio informale dello scorso settembre) o di Oscar Farinetti, altro antagonista severo di tutto quanto può essere geneticamente modificato?
E dopo diversi mesi in cui gli imprenditori agricoli italiani sono alle prese con la Xylella fastidiosa dell’olivo e la mosca olearia, viene anche da chiedersi se piante geneticamente modificate sarebbero state nelle condizioni di non contrarre la pianta o di liberarsi da tali fito-patologie. Avrebbe potuto essere così?
“Certamente potrà essere studiata – risponde Scaramuzzi -. Nessuno può rispondere che sia ottenibile una soluzione di una pianta resistente alla Xylella fastidiosa e tanto meno in quanto tempo, ma la ricerca scientifica, in particolare quella genomica, stanno avanzando tale rapidità che possiamo permetterci di sostenere con un certo ottimismo che se la lasciassero lavorare liberamente con gli ogm a quest’ora avremmo già piante di olivo resistenti alla Xylella fastidiosa e anche alla mosca olearia che quest’anno ha creato molti danni”.
Ad incidere in ogni caso su un atteggiamento di chiusura assoluta verso gli ogm avrebbe contribuito anche la peculiarità della situazione italiana. “Gli ambientalisti hanno assunto una forza politica che gli agricoltori hanno invece perso – sostiene Scaramuzzi -. In Francia gli agricoltori sono organizzati e politicamente hanno un peso, in Italia abbiamo rappresentative spezzettate e se uno dice bianco l’altro dice nero e il peso politico diminuisce sensibilmente”.
Secondo Sirsi, “una risposta su questo rifiuto incomprensibile degli ogm andrebbe chiesta ai sociologi dei consumi. Si possono elaborare diverse teorie, ma è evidente la correlazione fra l’aumento irrazionale delle paure e l’aumento della dose di tecnologie”.
Italia e Nord Europa ragionano su premesse differenti. “Mentre nel Nord Europa c’è una coscienza ambientalista – spiega Sirsi - in Italia funziona l’argomento concorrenziale: il nostro rifiuto degli ogm serve perché dobbiamo proporre il nostro prodotto come diverso e in particolare, visto che la domanda c’è, perché il pubblico vede nei prodotti italiani dei prodotti tradizionali e l’ogm si è presentato come elemento opposto al tradizionale. Sappiamo però benissimo che non è vero”.
È la teoria del nemico da abbattere, nel quale prolifica il successo dell’agricoltura biologica, “fondata su un nemico da abbattere, che sono gli ogm”.
Il convegno sugli ogm ha visto come relatore anche il professor Giulio Sgarbanti, ordinario di Diritto agrario all’Università di Bologna, che ha compiuto un excursus legislativo dagli anni Novanta, quando compaiono i primi regolamenti europei, al decreto competitività 91 del 24 giugno 2014 numero 91, contenente il piano di azioni #campolibero. “All’articolo 4, comma 8 – recita Sgarbanti - si prevede che, salvo che il fatto costituisca più grave reato, chi viola divieto di coltivazione è punito con multa da euro 25mila a 50mila. L’autore punito dovrà rimuovere a propria cura e spese le coltivazioni di sementi vietate e dalle realizzazioni di misure primarie e compensative definite dalla Regione competente per territorio”.
E solo pochi giorni fa, a Bruxelles, la Commissione Ambiente del Parlamento europeo ha votato un nuovo sistema per l’autorizzazione degli ogm che rafforza i motivi per cui uno Stato membro può scegliere di non applicare le eventuali autorizzazioni rilasciate dall’Unione europea (53 voti a favore, 11 contrari, 2 astensioni). Il testo dovrà essere approvato dal Parlamento europeo in seduta plenaria. Le associazioni ambientalista esultano, gli scienziati per nulla.