Si chiama “divieto di evocazione” ed è la proposta che il ministro per le Politiche agricole, Maurizio Martina, ha portato all'attenzione del segretario all’Agricoltura degli Stati Uniti, Tom Vilsack, per contrastare l’uso dell’Italian sounding. Non si tratta di una contraffazione in senso stretto, ma del ricorso a nomi commerciali che inducono il consumatore a ritenere di essere di fronte ad un prodotto italiano. Un fenomeno dalle dimensioni economiche impressionanti che ruba enorme fette di mercato ai nostri prodotti sui mercati del Mondo.
I danni
Il Censis ha quantificato in oltre 1 miliardo di euro i beni agro-alimentari contraffatti nel nostro Paese. Un danno all’economia del sistema Italia elevatissimo, sia in termini di riduzione del Pil ma soprattutto in termini di occupati e di imposte perdute. E l’Italian sounding? I dati disponibili non sono recenti ma restano paurosi. Nel 2009 a livello mondiale valeva circa 60 miliardi di euro. Dei quali 24 miliardi in Nord America, 26 miliardi in Europa e 10 miliardi nel resto del mondo.
“Ma gli effetti negativi al sistema economico sono anche maggiori di quanto stimato” spiega Gabriele Canali – docente Smea e direttore Crefis – che alla presentazione del rapporto Inea sul tema “Il commercio con l’estero dei prodotti agro-alimentari”, ha svolto una relazione proprio su questi temi. “Sono da valutare anche altri guasti sul sistema produttivo italiano: maggiori difficoltà sui mercati dei prodotti autentici (quantità ma anche prezzo e ciclicità); selezione avversa delle imprese (favoriti gli imitatori e i falsari). E non bisogna sottovalutare i danni ai consumatori, italiani e, soprattutto, del resto del mondo: errata valutazione (e pagamento) per la qualità dei prodotti acquistati e minore varietà dell’offerta in termini di sopravvivenza dei falsi e scomparsa dei prodotti autentici”.
Come intervenire
L’azione di contrasto alle imitazioni e al falso made in Italy, deve procedere su piani diversi ma complementari, ha poi spiegato Gabriele Canali. In ambito continentale la difesa dei nostri prodotti che fanno riferimento all’origine è facilitata dalla tutela dei marchi europei (Dop e Igp). È molto più difficile, invece, proteggere le nostre indicazioni geografiche nei paesi extra-UE.
Il direttore del Crefis ha anche proposto un nuovo “indice di intensità di imitazione” dal quale risulta che in nord America, ad esempio, l’Italian sounding vale ben 8 volte le nostre esportazioni; ciò dimostra come i consumatori siano molto interessati ai prodotti italiani: una grande opportunità per le imprese agroalimentari italiane. Per questo è importante agire in due direzioni: da un lato è necessario svolgere, in particolare in sede Wto (organizzazione per il commercio mondiale), ma anche nell'ambito degli accordi bilaterali, Ttip in primis, un’attenta azione di tutela. In secondo luogo esiste la necessità di sostenere i singoli consorzi e le Pmi sia nella registrazione dei marchi a livello internazionale, almeno dove tale pratica risulta possibile, che nello sviluppo di percorsi efficaci di internazionalizzazione. Contro i falsi, infine, è importante anche una comunicazione efficace, ha concluso Gabriele Canali. Anche per illustrare le ricadute negative del sostegno indiretto che i consumatori riconoscono ai produttori di falsi con l’acquisto di questi prodotti.
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Fonte: Crefis