Si stimavano circa 100-150 ettari fino all’anno scorso, mentre le stime attuali attestano un incremento del 50% pari a 250 ettari nella zona vocata.
Tale crescita è dovuta principalmente a tre fattori:
- disponibilità limitata dell’1,3 D come nematocida. Molte aziende agricole passano al fuori suolo per evitare la sterilizzazione del terreno;
- diffusione della fibra di cocco come substrato di coltivazione. Rispetto ai substrati utilizzati fino a 4-5 anni fa, principalmente lana di roccia e perlite, ormai in netto ribasso, la fibra di cocco permette una gestione più semplice, più simile al terreno, ed inoltre il substrato organico è in grado di “tamponare” eventuali errori in fase di irrigazione e fertirrigazione.
- il fuori suolo si è svincolato dalla tecnologia delle serre. La fibra di cocco e l’adozione di sistemi di fertirrigazione molto semplificati hanno permesso la coltivazione FS anche ad aziende agricole tradizionali, con strutture semplici e senza riscaldamento.
Le coltivazioni di ortaggi su fuori suolo in Sicilia riguardano per oltre il 90% il pomodoro, seguono la fragola (principalmente nella zona di Marsala), la melanzana, il peperone ed il cetriolo.
Nell’ambito del pomodoro le tipologie più coltivate fuori suolo sono il ciliegino, il datterino, la tipologia Piccadilly ed il grappolo. Meno diffuse le coltivazioni di cuore di bue e pomodoro verde.
Le piantine per le coltivazioni fuori suolo sono di solito propagate su torba, che ben si adatta al substrato più diffuso, la fibra di cocco. Recenti esperienze hanno però evidenziato che la propagazione su cubetto di fibra di cocco da alla pianta una partenza migliore ed anche una migliore struttura, con conseguenti maggiori produzioni.
L’utilizzo nelle coltivazioni fuori suolo di piante innestate è consigliabile nei casi in cui l’azienda intenda fare un ciclo lungo e/o in casi già accertati di presenza di Fusarium radicis.
La pianta innestata da comunque più garanzie di sanità e vigore nella stagione fredda.
Nelle coltivazioni fuori suolo sono fondamentali due fattori.
• La scelta del substrato. Dato ormai per scontato che la fibra di cocco è il substrato che meglio si adatta al contesto siciliano, all’interno del pianeta fibra c’è una vasta gamma di marchi e tipi.
La fibra va scelta principalmente in base alla conducibilità dell’acqua irrigua, più alta è l’EC più drenante dovrà essere il substrato. Altra variabile è data dal volume di substrato: non sempre un sacco più grande da più vantaggi, dipende dalla densità e dalla struttura della fibra. Infine un accenno al doppio strato (sopra più denso, sotto drenante), che alcune ditte cominciano a commercializzare: è un evoluzione della fibra di cocco, più performante ed adatto ai cicli lunghi.
• Il posizionamento del substrato. La serra va livellata ed i filari dei sacchi devono essere posti su supporti di polistirolo, isolati da una striscia di plastica. I tagli del drenaggio è meglio farli solo dal lato valle, per non creare ristagni. Nel caso di utilizzo della canaletta di polistirolo con substrato sfuso il livellamento è assolutamente necessario.
Le coltivazioni fuori suolo non mostrano particolari patologie rispetto a quelle su suolo; si nota in alcuni casi una maggiore incidenza di marciumi del colletto nelle piante giovani e Fusarium radicis su piante adulte. Queste patologie però vanno ricondotte ad errate strategie irrigue, dovute di solito ad inesperienza.
Un grande vantaggio del fuori suolo è quello di poter usare dosi ridotte di fitofarmaci per i trattamenti radicali ed avere una risposta immediata della pianta.
Gli impianti fuori suolo di solito prevedono l’utilizzo di gocciolatori autocompensanti con “spaghetto”; il materiale può essere nero o bianco, per evitare che l’acqua all’interno dei tubi si riscaldi eccessivamente. Negli ultimi anni si è diffusa anche un’ala gocciolante autocompensante antiintrusione, da infilare direttamente dentro al sacco. Infine alcune aziende utilizzano anche la classica manichetta morbida da sostituire tutti gli anni, che funziona se la fila non supera i 20 m.
Nelle coltivazioni fuori suolo la concimazione deve essere calibrata in base a diversi parametri: in primis l’acqua irrigua, poi la tipologia, il ciclo, l’obiettivo commerciale.
La flessibilità della gestione fertirrigua ci permette, con piccole modifiche, di gestire al meglio la nutrizione della coltura e di “dirigerla” verso gli obiettivi aziendali. Questo su terreno è difficilmente applicabile. La soluzione nutritiva deve essere preparata da un tecnico esperto, che possibilmente, dovrebbe poi seguire la coltura per accertarsi dell’efficacia della formula. Le ricette fatte a tavolino senza vedere la coltura hanno scarsa efficacia.
In generale una valida assistenza tecnica, specie il primo anno, è consigliabile per non incorrere in gravi errori e compromettere la coltivazione.
Un punto importante per la diffusione delle coltivazioni fuori suolo è la formazione degli agricoltori. La tecnica del fuori suolo è semplice, ma alcuni concetti basilari vanno assimilati bene e non basta solo l’esperienza diretta sul campo per gestire al meglio le coltivazioni, ma deve essere affiancata da un’esperienza didattica formativa, fatta da tecnici esperti nel settore.
Inoltre il FS va gestito con controlli quotidiani e la formazione insegna anche ad interpretare i dati rilevati per le modifiche alla strategia irrigua.
I controlli riguardano la misura della % di drenaggio, l’EC ed il pH della soluzione fornita e di quella drenata. È molto utile anche fare analisi chimiche periodiche della soluzione circolante nel sacco, per regolare al meglio la soluzione nutritiva.
Le coltivazioni fuori suolo sono semplici da gestire, ma come per tutte le cose nuove, è meglio farsi affiancare da tecnici competenti per non incorrere in errori gravi ed avere quindi danni economici ingenti.
A cura di Giovanni Nicotra - socio di Antesia
Antesia, l'Associazione Nazionale Tecnici Specialisti In Agricoltura
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Fonte: Antesia