In fuga dalle campagne la popolazione mondiale si accalca nelle città dove i gesti legati al patrimonio rurale vanno dissolvendosi tra palazzi, marciapiedi, lamiere e cemento.

Raccontare questa storia, affondando il naso negli anfratti dimenticati dalla cementificazione selvaggia che, per volontà di piccoli gruppi con finalità anche differenti, si trasformano in orti urbani, giardini pensili, aiuole fiorite o lasciano spazio alla coltura in sacchi di juta o idroponica di ortaggi, è stata la scelta di Michele Mellara e Alessandro Rossi, registi e scrittori del film documentario 'God save the green' prodotto dalla Mammuth Film.

 

L'idea 

All'inizio volevamo fare un documentario sul diritto al cibo nel mondo – raccontano ad Agronotizie i due registi -, ma nella fase di approfondimento e lettura e di incontro con agronomi, botanici, ma anche operatori di diverse Ong, abbiamo cambiato il fuoco del film.
Mantenendo centrale il tema dell'accesso al cibo fresco e salutare, lo abbiamo declinato diversamente decidendo di attraversare storie di comunità di persone che, in contesti urbani di diverse aree del mondo, si riappropriano degli spazi per declinarli al verde.
Siamo stati a Teresina la capitale del Piauì nel nord est del Brasile, a Casablanca in Marocco, a Nairobi in Kenya ma anche a Berlino, Bologna e Torino. Abbiamo mappato e raccontato esperienze molto diverse tra loro spaziando dalla Guerrilla Gardening berlinese alla coltivazione in sacchi di juta negli slams di Nairobi".

 

Paese che vai, bisogno che trovi

"Se il movimento della Guerriglia, originario di San Francisco e giunto in Europa con una prima e molto significativa tappa a Berlino, conferisce al verde urbano una dimensione estetica che attraverso l'intraprendenza dei singoli assume caratteri di bellezza e amenità trovando espressione in aiuole fiorite pregne di valenza estetica ma anche politica; a Nairobi la coltivazione in sacchi di juta di Sucuma Wiki, una specie di spinacio, e di altri ortaggi, assume i caratteri di economia di sussistenza e produzione del cibo con la finalità prima di sfamare per circa un anno una famiglia di sei persone .

Anche in questo caso esiste però un aspetto edonistico: un sacco da cui spuntano ortaggi inserito in un contesto povero di spazi dove la terra è inquinata, gli odori sono fortissimi e a predominare sono le lamiere delle baracche, diventa un disegno urbano, un green-spot capace di aumentare la qualità della vita.
La nostra volontà è quella di fornire un affresco, parziale per la vastità del tema, che dia la possibilità al pubblico di balzare da un angolo all'altro del mondo cogliendo quello che di immanente c'è nei gesti di chi si riappropria degli spazi cittadini per declinarli al verde.

Il nostro affresco vuole mettere in luce molteplici aspetti incarnandoli nella vita reale delle persone; si va dalla ricerca della bellezza cui l'uomo anela e di cui ha diritto enfatizzata nelle azioni di Guerrillia Gardening all'aspetto legato alla produzione di cibo fino al messaggio di stagionalità delle produzioni che, contrapponendosi alla società dei consumi, esprime il concetto che non si possa avere tutto, subito e sempre".

 

Un mosaico di storie, orti e giardini

Non parliamo, come tanti si affretterebbero a dire, “di un ritorno a un’utopia agreste o bucolica, ma di una travolgente e globale risposta politica e culturale al declino e alle storture del modello consumistico.
Il film si struttura in un mosaico di storie i cui tasselli sono rappresentati 'dall’ultimo giardino' girato a Rahmna, il più grande slam di Casablanca; 'senza terra' ovvero il racconto delle coltivazioni idroponiche gestite da un gruppo di donne a Teresina e che oltre a rappresentare un'esperienza produttiva ha dato la possibilità a donne che vivevano in uno stato di quasi isolamento, di crearsi un tessuto sociale di rapporti molto importante.
In 'orti comunitari' c'è uno spaccato Berlinese mentre ne 'il sacco' raccontiamo la coltivazione in sacchi di juta nella bidonville di Nairobi. 'Giardini pensili' è infine girato a Torino e Bologna”.

 

Raccolta fondi: sono finiti i soldi?

Il progetto, iniziato nell'estate del 2008 ha ricevuto un contributo comunitario con il Media Development Fund e uno regionale attraverso la Cineteca di Bologna. Ha, inoltre, vinto il premio come miglior progetto di documentario alle giornate europee del cinema di Torino; "ora, ci manca l'ultima parte di budget per finalizzare il lavoro.

Per questo abbiamo pensato ad una raccolta fondi per ultimare il lavoro ma anche per sensibilizzare la comunità web sul tema; è la prima volta ed abbiamo provato a sperimentare direttamente la messa in rete di un progetto documentaristico all'interno di indiegogo, uno dei due portali più importanti per la raccolta di contributi dal basso.

Infatti, così come acquistare un cavolfiore direttamente dal produttore ti fa sentire un co-produttore la stessa cosa si può dire per un film documentario".

La raccolta fondi, iniziata il 4 maggio, si chiuderà venerdì 6 luglio; nel momento in cui scriviamo dei ventimila dollari necessari ne sono stati raccolti poco più di nove mila.

Si può contibuire on line aggiudicandosi il Dvd del documentario in attesa della sua presentazione ufficiale, ma si deve fare in fretta, mancano poche ore!