Ortofrutta, scacco matto alla crisi in cinque mosse. Si potrebbe sintetizzare così il progetto messo a punto dall'assessore all'Agricoltura della Regione Emilia Romagna, Tiberio Rabboni, presentato a Bologna il 16 aprile ad un affollato incontro di operatori del settore. Dopo aver visto il comparto piegare le ginocchia sotto il peso di ricorrenti crisi, assai gravi quelle del 2009 e poi quella del 2011, Rabboni si è fatto interprete della necessità di predisporre un progetto per il futuro del settore ortofrutticolo. Progetto che non a caso nasce in Emilia Romagna, regione ai vertici europei in quanto a efficienza degli impianti, qualità e affidabilità della produzione. Prerogative importanti, ma che da sole non sono un baluardo alle crisi. Tanto che anche in Emilia Romagna il settore ortofrutticolo ha pagato un forte tributo in termini di aziende chiuse. I dati sono quelli del censimento ed evidenziano che nel volgere di dieci anni il numero delle aziende si è ridotto di oltre il 40% (oggi ne restano poco più di 18mila) e la superficie agricola investita a frutteti è calata del 22%, scendendo a 67mila ettari. E la Plv del settore ortofrutticolo nel 2011 per la prima volta non ha superato la soglia del miliardo di euro, fermandosi a 981 milioni.

 

Governare la produzione

Serve una svolta o altre crisi si assumeranno il compito di chiudere aziende frutticole, di mettere fuori mercato produttori di orticole e di togliere all'Italia i primati raggiunti in questo comparto. Al primo posto, a parere di Rabboni, c'è la necessità di governare la produzione in base alle dinamiche della domanda. Insomma, serve equilibrio fra domanda e offerta, prima regola di ogni mercato. E per ottenerlo occorrono gli organismi interprofessionali. “Il primo nodo da sciogliere - ha detto Rabboni - è quello dell'interprofessione, tema che si pone soprattutto a livello nazionale. L'interprofessione ortofrutticola - ha continuato Rabboni mettendo l'accento su pesche e nettarine - va rivista, rilanciata e resa protagonista della prossima campagna di raccolta.

 

Redditi certi

Governare l'offerta è importante, ma non basta. Bisogna prevedere nuovi strumenti per stabilizzare il reddito degli agricoltori, un compito che può essere assolto dalle assicurazioni sul reddito e dai fondi mutualistici. In questa direzione vanno le proposte di riforma della Pac, purché si eviti di proporre questi strumenti nell'ambito dello sviluppo rurale, dunque con forti limitazioni all'accesso. Si resta a Bruxelles con la richiesta, al terzo punto del progetto Rabboni, di rivedere le modalità di ritiro del prodotto eccedentario previste dalla attuale Ocm, di fatto inefficaci. E su questo fronte alcune anticipazioni del Commissario europeo Dacian Ciolos lasciano ben sperare per un aumento dei prezzi di ritiro.

 

Un fondo per lo sviluppo

Innovativa e lungimirante la proposta contenuta nel quarto punto del “progetto”, con la creazione di un fondo (autofinanziato dai produttori attraverso i loro organismi rappresentativi) per destinare una quota della produzione all'apertura e all'avviamento di nuovi mercati. Utile a promuovere le nostre produzioni di eccellenza e ad alleggerire il mercato interno. Infine, al quinto punto, la necessità di migliorare le relazioni commerciali, in particolare con la parte finale, quella della distribuzione, E qui viene in aiuto l'articolo 62 del decreto “liberalizzazioni”, laddove introduce l'obbligo di contratti scritti e tempi massimi di pagamento.

 

Progetto condiviso

Questi, in sintesi, i punti cardine del progetto presentato da Rabboni e sui quali ha chiesto a tutti gli attori della filiera un pronunciamento chiaro. “Perché non si continui a invocare nel pieno delle crisi cambiamenti, innovazione e aiuti, salvo poi dimenticarsene alla viglia della campagna successiva.” La risposta è stata pronta ed è arrivata dai numerosi interventi che si sono succeduti durante l'incontro e che qui sarebbe troppo lungo ricordare singolarmente. Condivisione del progetto è stato espresso dal mondo della cooperazione e delle imprese del settore. Apprezzamenti sono arrivati dalle Organizzazioni Professionali, Coldiretti, Confagricoltura, Cia e Copagri, pur con sottolineature diverse. Vedremo nei fatti se raccoglieranno l'invito di Rabboni per un “patto” che porti ad una direzione di marcia comune al di là dei ruoli e delle differenze.

 

L'intervento del ministro

Che ci sia molto da fare per affrancare il settore ortofrutticolo dalle crisi ricorrenti lo ha poi ribadito il ministro dell'Agricoltura, Mario Catania, nel concludere i lavori del convegno. In sintesi (un approfondimento lo si può leggere in questo stesso numero di Agronotizie) il ministro ha annunciato le buone prospettive che a Bruxelles si stanno realizzando per il ritiro delle eccedenze produttive. Sul fronte dell'interprofessione, intanto, si continuano a registrare difficoltà nell'instaurare un rapporto costruttivo con la Gdo (distribuzione organizzata). Un altro scoglio da superare è quello delle barriere fitosanitarie che limitano in nostro export ortofrutticolo. Sui temi più generali, come quello della fiscalità, il ministro ha ribadito il suo impegno affinché al comparto agricolo non venga chiesto più di quanto possa dare. E per l'Imu è già certa la franchigia sui terreni e l'esenzione per i fabbricati rurali di montagna. Ma tutti gli sforzi che si faranno per il settore ortofrutticolo saranno inutili, ha sottolineato Catania, se non si farà un salto di qualità sul fronte dell'aggregazione dell'offerta. Senza di questa tutti gli altri interventi potrebbero risultare vani. Difficile dargli torto.