“Lavorare con lentezza … chi va veloce si fa male” cantava Enzo del Re a metà degli anni '70. Appare però eccessiva la lentezza con cui le Regioni, in particolare quelle meridionali appartenenti all'Obiettivo convergenza (Puglia, Campania, Calabria e Sicilia) e Lazio e Abruzzo per il Centro, stanno utilizzando i fondi messi a disposizione dall'Unione europea attraverso i Piani di sviluppo rurale.

“I Psr rappresentano” ha detto il ministro Galan nell'audizione del 12 maggio scorso, “il principale strumento di sostegno al settore agricolo dopo gli aiuti diretti”.
Ammonta a 17,6 miliardi di euro il finanziamento pubblico attivato per il periodo 2007-2013 a favore dell'agricoltura italiana e al 31 dicembre 2009 - ovvero circa a metà del periodo di applicazione della programmazione - erano stati spesi solamente 2,4 miliardi di euro, pari al 13,4% della dotazione complessiva.
“Per evitare il disimpegno dei fondi non spesi” ha sottolineato Galan “occorrerà che le Regioni realizzino, entro il 31 dicembre 2010” quando scatterà la verifica comunitaria con l'eventuale disimpegno dei fondi non spesi, “un'ulteriore spesa di 1,1 miliardi di euro”.
Fermo restando che la gestione di tali risorse è di competenza regionale, il ministro ha rilanciato, di fronte ai deputati, l'ipotesi di trasformare i 21 Psr in un Programma unico nazionale articolato in 21 sottoprogrammi, così da consentire la compensazione finanziaria tra le Regioni e lasciare inalterato l'assetto delle competenze.

Evidente è, infatti, la diversità di capacità utilizzo dei fondi dello Sviluppo rurale da parte delle Regioni italiane: da un lato regioni come il Veneto (+35 milioni di euro erogati), seguito dalla Lombardia (+22 milioni) e dalla Toscana (+19 milioni) che stanno dimostrando di avere una buona capacità di impiego dei fondi; dall'altro la Puglia (che deve spendere ancora 131 milioni di fondi comunitari), la Campania con 100 milioni di gap, la Sicilia e la Calabria rispettivamente con 95 e 84 milioni da impiegare per raggiungere i propri obiettivi di spesa che mostrando grande lentezza e difficoltà rischiando di incappare nel meccanismo del disimpegno.

“In un momento come questo” ha dichiarato negli scorsi giorni Rocco Tiso, presidente di Confeuro, “è quantomeno surreale che non si utilizzino i fondi Psr destinati al sostegno delle produzioni agricole”. Una situazione questa che sempre secondo Tiso, evidenzia le lacune strutturali del sistema Italia con la sua farraginosità e lo scarso rapporto con le istituzioni europee.
“Bene ha fatto” prosegue il “il ministro Galan a ricordare che se le regioni alle quali sono destinati i fondi non riusciranno a mettere in moto le adeguate procedure di utilizzo, interverrà direttamente lo Stato”.

Secondi Coldiretti, un recupero nell’avanzamento della spesa potrebbe giungere dall'aumento del numero dei bandi di accesso alle misure Psr da parte delle Regioni, dalla semplificazione delle procedure amministrative di gestione delle domande e dalla promozione di investimenti realizzabili in tempi brevi.

Per Cia, invece, sarebbe necessario un maggiore coinvolgimento delle associazioni degli agricoltori nella progettazione degli interventi da parte delle Regioni.

Favorevole, infine, Confagricoltura “alla velocizzazione delle spese regionali con tutti i mezzi possibili. Se questo non fosse sufficiente crediamo” afferma l'organizzaione che già dallo scorso settembre aveva segnalato il grave rischio di veder tornare nelle casse dell'Unione europea circa 600 milioni di euro (che attivano la cifra complessiva di oltre un miliardo) per l'assenza di idonei programmi regionali “si potrà anche valutare la proposta di legge per il Programma unico nazionale di sviluppo rurale”.

Il disegno di legge per il Programma unico nazionale, presentato alla Camera lo scorso 12 maggio, è volto ad attuare su base nazionale con un unico Psr appunto, la politica di sviluppo rurale ed in pratica, consentirebbe di allocare i fondi a favore delle Regioni che spendono meno su quelle con maggiore capacità di spesa. Verrebbe così bypassata la regola del disimpegno che prevede la restituzione a Bruxelles dei fondi messi a disposizione per una certa annata e non spesi nei due anni successivi.

Non convinto dell'utilità del piano unico Dario Stefano, assessore regionale della Puglia secondo cui la pur legittima preoccupazione del governo circa il rischio di disimpegno di spesa da parte delle Regioni, “dovrebbe essere declinata verso una serie di interventi che aiutino queste ultime a superare un certo affaticamento dei processi di spesa, frutto dell'attuale congiuntura sfavorevole che non aiuta gli investimenti ma anche di anomalie procedurali direttamente collegate a disfunzioni di organismi riconducibili allo stesso ministero, Agea in primis”.

Il problema non si riduce solo alla perdita di fondi, “ci farebbe perdere autorevolezza in Europa, proprio ora che dobbiamo ridiscutere la nuova Pac” rincara la dose Galan durante il suo primo incontro con gli assessori regionali dell'Agricoltura.
“Questa situazione”
ha proseguito, “relega il nostro paese al quartultimo posto della classifica comunitaria: alle nostre spalle solo Romania, Bulgaria e Malta”, afferma Galan che conclude “bisogna trovare delle soluzioni sia per questa che per la prossima programmazione. La soluzione del piano unico nazionale” afferma “risolverebbe il problema del disimpegno rendendo possibili le compensazioni finanziarie tra programmi ma, dovrebbe essere preventivamente concordata con la Commissione europea sia per quanto riguarda i tempi che per la retroattività (la quota in disimpegno il 31 dicembre prossimo, si riferisce ad impegni assunti nell'esercizio finanziario 2008). Il coordinatore degli assessori Dario Stefano, mi ha promesso una proposta alternativa, condivisa con Agea, che si baserebbe sulla semplificazione delle procedure adottate per i pagamenti delle misure 'a superficie'. Aspetterò quindi questa proposta” conclude il ministro “che dovrà arrivare entro otto giorni prima di tentare altre soluzioni”.