Nulla sarà più come prima. Quando questa crisi sarà alle spalle, ci troveremo di fronte ad un nuovo scenario, specie nel settore agroalimentare. E non è detto che il passaggio sia in chiave negativa, anzi. Purché ci si attrezzi di conseguenza, senza perdere tempo. Questo, in estrema sintesi, il messaggio che è scaturito dall'incontro promosso dalla Regione Emilia Romagna e che si è svolto a Bologna il 16 dicembre sul tema “Agricoltura e sviluppo rurale: riformare per competere”. Un'occasione per fare il bilancio di fine legislatura e un'opportunità per delineare le prospettive del settore, come recitava lo stesso sottotitolo dell'incontro. Un bilancio, ha evidenziato l'assessore regionale all'Agricoltura, Tiberio Rabboni, che ha visto un forte impegno della Regione nel fronteggiare la crisi. E' in questa direzione che vanno letti gli aumenti del 76% delle risorse destinate ai Consorzi di garanzia per favorire l'accesso al credito. Ed è nei confronti di questi stessi Consorzi che è partito l'invito a superare la dimensione provinciale per giungere ad un unico organismo regionale in grado di interfacciarsi al meglio con il sistema bancario. Anche il riordino dei Consorzi di bonifica va nella direzione di migliorarne l'efficienza attraverso la riduzione del numero, che in Regione scende da 16 ad 8. Questa linea di azione orientata al riordino e all'aggregazione si ritrova negli strumenti messi a disposizione tramite i Psr (programma di sviluppo rurale) e nei progetti di filiera. Ad esserne coinvolti, per un importo complessivo di spesa di 300 milioni, sono 1600 aziende agricole che fanno capo a 70 progetti orientati alla nascita di nuove aggregazioni e al rafforzamento di quelle esistenti.

 

Le esperienze degli altri

La parola d'ordine è dunque riorganizzazione per affrontare un mercato che ha nuovi connotati e dove la competizione fondata sui prezzi al ribasso ci vede perdenti. Ma bisogna fare in fretta, perché i nostri compagni di viaggio, le agricolture degli altri Paesi della Ue, sono in molti casi più avanti di noi. Lo si è toccato con mano nello scoprire le realtà agroalimentari di Olanda e Francia, portate come esempio di organizzazione di filiera. J-C Montigaud dell’Inra ha tracciato un quadro dell’organizzazione francese nel settore ortofrutticolo che può vantare la presenza di strutture associative funzionali e ben strutturate, capaci di rapportarsi con la grande distribuzione organizzata e di assecondare le esigenze in tema di forniture costanti per quantità e qualità.
L’altro esempio, portato da Kees de Roest, del Crpa di Reggio Emilia, è quello dell’agricoltura Olandese e della sua forte vocazione zootecnica. Con una superficie agricola comparabile a quella delle pianure dell’Emilia Romagna, della Lombardia e del Veneto, l’Olanda riesce ad avere una densità di suini, come pure di bovini e avicoli, pressoché doppia rispetto a quella delle regioni citate. Un così elevato grado di concentrazione degli allevamenti è reso possibile dalla forte organizzazione interprofessionale specializzata, che in Olanda è costituita per legge e che svolge vari compiti, dall’imposizione di contributi obbligatori a quella di ente pagatore per conto della Ue. A rafforzare il sistema produttivo contribuiscono poi le cooperative di produzione di mezzi e servizi che hanno in Olanda quote di mercato inimmaginabili in Italia. E’ il caso del settore lattiero caseario, dove l’82% del mercato è nelle mani di un’unica struttura cooperativa (Friesland Campina) o quello della macellazione dei suini che vede l’80% del mercato gravitare attorno alla Vion (Ztlo). Il risultato è un’agricoltura efficiente, capace di realizzare un maggior reddito.

 

Scenari futuri

Se il futuro è indirizzato, come sembra, verso un’agricoltura sostenibile e orientata al mercato, capace di produrre senza sostegno finanziario, se non per le sue funzioni di tutela dell’ambiente e del benessere animale (che non producono reddito e pertanto vanno sostenute), l’Olanda si presenta già con le carte in regola. Mentre l’agricoltura italiana dovrà attrezzarsi per questa nuova sfida che va affrontata con profondi cambiamenti che richiedono l’impegno di tutti i protagonisti. E’ questo il messaggio dell’accalorato intervento del presidente della Regione Emilia Romagna, Vasco Errani, a conclusione del convegno. Occorre un salto di qualità, che permetta di superare il “barocchismo”, ha detto Errani, che c’è nella filiera. Un processo di riorganizzazione per il quale Errani auspica la convocazione degli Stati Generali dell’agricoltura dai quali disegnare l’assetto del settore agroalimentare anche nei riguardi della nuova Pac, lasciando per ultimo il problema dei finanziamenti e dando priorità al ruolo strategico dell’agricoltura. Per arrivare a questo obiettivo bisogna vincere una battaglia culturale, ha proseguito Errani, che faccia scattare l’idea di un nuovo modello organizzativo.

 

La “scintilla”

Se il presidente dell'Emilia Romagna avesse chiesto ai numerosi presenti al convegno se erano d’accordo con queste tesi, siamo convinti che si sarebbe alzato un corale ed entusiasta assenso. Un consenso che avrebbe accomunato molti rappresentanti delle altrettanto numerose organizzazioni agricole che l’Italia può vantare. Ma serve una “scintilla” capace di innescare il cambiamento. Scintilla che potrebbe venire da questa lunga e tormentata stagione di crisi. Meglio approfittarne.