"Le questioni dell’energia, dell’ambiente e del cambiamento climatico hanno acquisito nuovi caratteri e ulteriore rilievo nel quadro dell’attuale crisi economica". Così Luigi Paganetto, presidente dell'Enea, introduce il Rapporto energia e ambiente 2008 che prende in esame la questione energetica - domanda/offerta, ruolo delle tecnologie, impatto economico - e le sue implicazioni, nonché i futuri scenari nel panorama nazionale e internazionale.
Il Rapporto sottolinea la riduzione dei consumi e delle emissioni come conseguenza del rallentamento delle attività produttive e allo stesso tempo rimarca la necessità di investire per un uso più razionale delle risorse e per lo sfruttamento delle fonti energetiche rinnovabili. Questo diverso metodo di affacciarsi all'utilizzo dell'energia - ovvero, Clean energy technologies - potrebbe fungere da volano per la ripresa economica.
 
L'impatto della crisi si avverte a livello di investimenti. Secondo le indicazioni dell’Agenzia internazionale dell’energia vi è una una riduzione di tutte le tipologie di investimenti energetici, ad iniziare dai progetti considerati più rischiosi per ragioni sia tecnologiche ed economiche: le prime stime indicano che gli investimenti per le rinnovabili si stanno riducendo in misura proporzionalmente maggiore rispetto alle altre tipologie di generazione elettrica (fino al 40% in meno nel 2009 rispetto al 2008).
Entrando pi in dettglio, un intero capitolo è dedicato alle 'Teconologie per le fonti rinnovabili'.
Negli scenari globali - si legge nel Rapporto - il potenziale contributo delle rinnovabili è valutato intorno al 20% degli obiettivi di mitigazione, di cui 4,4% eolico, 5,2%
solare (equamente ripartito tra fotovoltaico PV e solare termico a concentrazione CSP), 3,1% biomasse, 4,6% biocombustibili di seconda generazione, 2,1% idroelettrico e geotermico. Sul piano della ricerca e dell’industria l’interesse si accentra sulle opzioni con maggior potenziale come PV, CSP, biocombustibili, eolico.
 
Biocombustibili
 
I biocombustibili rappresentano un’area di grande potenzialità, ma anche di significativa incertezza. Le proiezioni indicano che nel lungo termine il 26% della domanda globale di
combustibili da trasporto potrebbe essere soddisfatta da biocombustibili utilizzando il 4% delle terre arabili. In anni recenti, la grande enfasi sui biocombustibili di prima generazione  (bioetanolo da colture zuccherino-amidacee e biodiesel da piante oleaginose) si è esaurita nella seconda metà del 2007 con un crollo degli investimenti a livello mondiale, determinato dal forte rialzo dei prezzi agricoli e dai problemi legati all’uso dei terreni agricoli e alla competizione con la produzione alimentare. Autorevoli organizzazioni internazionali (Fao) hanno espresso forti perplessità circa la sostenibilità di tali produzioni di biofuels anche sul piano della riduzione delle emissioni.
L’attenzione si è spostata sui biocombustibili di seconda generazione: bioetanolo da processi di idrolisi e fermentazione di materiali ligneo-cellulosici (residui agro-industriali e forestali, coltivazioni dedicate non-food, rifiuti urbani) o biodiesel da processi Fischer-Tropsch (biomass to liquid, BTL) e colture microalgali per la produzione sia di bioetanolo che di biodiesel (queste ultime indicate come tecnologie di terza generazione). Soluzioni che non sono in competizione con la produzione agricola alimentare anche se possono comportare occupazione di territorio.
 
Colza (Fonte foto: maiptitfleur)
 
Oltre le tecnologie emergenti 

A differenza di altri settori, quello energetico non ha subito rivoluzioni tecnologiche negli ultimi decenni (ad esempio nessun sistema di conversione diretta si è affermato commercialmente tranne l’emergente fotovoltaico) ma un costante e sensibile miglioramento delle tecnologie esistenti.
In quasi ognuno dei settori tecnologici analizzati esistono tuttavia una o più opzioni avanzate che hanno attualmente un ruolo marginale o trascurabile nelle proiezioni energetiche ma che potrebbero potenzialmente avere un ruolo molto superiore a quello prefigurato inducendo vere e proprie rivoluzioni tecnologiche (technology breakthrough).

Fotovoltaico a celle organiche
Nel fotovoltaico le celle organiche (ibride o puramente organiche), basate sull’uso di sostanze attive polimeriche o liquide di facile trattamento (stampaggi, coatings), offrono in  prospettiva costi molto ridotti (< 500 €/kW) e capacità produttive 10-100 volte maggiori di quelle di altre tecnologie a “film sottile”. La ricerca si concentra sul miglioramento delle  efficienze e della stabilità attraverso una maggiore comprensione della fisica di base e la sintesi di nuovi materiali. Altri approcci tentano di sviluppare nuovi materiali attivi capaci di catturare una maggiore frazione dello spettro della radiazione solare sfruttando le caratteristiche dei nano-materiali o di modificare lo spettro della radiazione incidente al fine di facilitarne la cattura. Diversi gruppi di ricerca sono impegnati nello sviluppo di materiali con efficienze teoriche intorno al 50-60% e target operativi del 25% da conseguire nel giro di pochi anni (2015). 

Combustibili di terza generazione da microalghe
Un ulteriore potenziale esempio di technology breakthrough è rappresentato dalla produzione di combustibili di terza generazione a partire da microalghe. Mentre la ricerca si concentra sulla selezione delle specie e l’ingegnerizzazione delle colture, la tecnologia già si presta a sperimentazioni industriali e progetti dimostrativi posti in essere in molti paesi anche non particolarmente avanzati sul piano tecnologico. I bioreattori più avanzati già attualmente offrono produttività (100-200 t/ha) significativamente superiori alle colture  tradizionali di biomassa per biocombustibili e maggiore flessibilità nella produzione.
I lipidi e gli zuccheri contenuti nella biomassa algale possono essere impiegati sia nella produzione di etanolo che di biodiesel, oltre che in quella di sottoprodotti, dando luogo al concetto di bioraffinerie, e a costi di produzione dell’ordine di 90-100 dollari a barile.  Considerando che nei decenni passati, in assenza delle attuali conoscenze genetiche e biologiche, è stato possibile accrescere la produttività di alcune colture agricole tradizionali anche di 10 volte, non sembra particolarmente audace ipotizzare sviluppi in grado di abbassare sensibilmente la soglia di competitività economica. Le coltivazioni impegnerebbero tra l’altro aree marginali non destinate alla produzione agricola. 

 

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