Non sarà facile trovare un punto di incontro sulla necessità di indicare in etichetta l’origine dei prodotti alimentari. Fortemente voluta dai produttori agricoli e incoraggiata dallo stesso ministro dell'Agricoltura, Luca Zaia, la provenienza delle materie prime non è percepita dalle industrie agroalimentari come un'esigenza indispensabile al Made In Italy. Una posizione ribadita dal presidente di Federalimentare, Giovanni Auricchio, in occasione della recente assemblea di questa associazione che riunisce gran parte delle industrie del settore. Perché, ha sottolineato nel suo intervento Auricchio, “ciò che contraddistingue la qualità alimentare italiana è in sostanza la ricetta, il processo di trasformazione, la sapiente e accurata selezione delle materie prime – nazionali o all'occorrenza estere – e la loro lavorazione, non certo la provenienza delle materie prime utilizzate”. Se su questo punto le posizioni del mondo agricolo e di quello industriale appaiono distanti, c'è invece piena condivisione sulla necessità di rinnovare e rendere più efficienti i rapporti di filiera, in particolare nei riguardi della Gdo. Un tema, questo dei rapporti con la Gdo emerso dall'assemblea di Federalimentare, che ha trovato risposta nell'intervento del ministro dello Sviluppo economico, Claudio Scajola. “Dobbiamo favorire – ha detto il ministro - un rapporto corretto ed equilibrato con la Gdo e per questo abbiamo istituito un tavolo apposito presso il mio ministero con il compito di arrivare ad un protocollo di intesa che sia finalizzato non solo ad un confronto, ad un dialogo permanente, ma per andare a regole condivise.” “L'obiettivo del protocollo – ha continuato il ministro - è il ridimensionamento delle controversie, in modo particolare la promozione di un mercato più trasparente e più concorrenziale e che abbia positive ricadute, equilibrate fra produttori, distributori e consumatori.” “Oggi – ha concluso Scajola- c'è uno squilibrio che non può perdurare”.

 

Secondi per fatturato

Fra i temi sollevati dall'assemblea di Federalimentare non poteva mancare quello della stretta creditizia conseguente alla crisi dei mercati finanziari, un problema che si fa sentire in misura anche maggiore nelle piccole e medie industrie, che rappresentano la gran parte del tessuto produttivo in campo agroalimentare. In Italia si contano in questo settore 6500 aziende che occupano, senza considerare l'indotto, ben 400mila dipendenti. Con il suo fatturato di 120 miliardi l’agroalimentare si conferma come secondo settore produttivo del Paese, alle spalle del comparto metalmeccanico. Forte non solo “in casa” ma anche sul fronte dell'export che raggiunge quota 20miliardi, il 16,7% del fatturato totale. Ed è proprio l'export che ha fatto segnare, a dispetto della crisi, interessanti progressi facendo chiudere il bilancio del 2008 con una crescita del 10% rispetto all'anno precedente. Certo, il 2009 non potrà forse contare su risultati altrettanto positivi, ma già dai dati del primo trimestre, l'industria alimentare può vantare una flessione molto più contenuta (-4%) rispetto al crollo del settore industriale nel suo complesso (-21%).

 

Niente crisi in tavola

Partendo da questi dati e dall'analisi della situazione, l'assemblea di Federalimentare è stata anche occasione per tracciare le ipotesi sulla possibile evoluzione del mercato agroalimentare, a partire dalle tendenze del consumatore. Utili a questo proposito i risultati delle indagini di mercato illustrate durante l'incontro, che evidenziano come solo due italiani su dieci siano intenzionati a ridurre la spesa alimentare, mentre un altro 20% prevede al contrario di aumentarla. Ma bisogna guardare con maggiore attenzione alle esportazioni, certamente sensibili agli effetti della crisi. Le industrie rappresentate da Federalimentare si sono dette soddisfatte per le politiche di promozione del Made in Italy, ma chiedono una sempre maggiore attenzione contro la contraffazione, che secondo stime riportate dal ministro Scajola, raggiungono la considerevole cifra di 50 miliardi di dollari.

Per affrontare le nuove sfide che attendono il settore, in Italia e nel mondo, il presidente Auricchio ha ricordato che si sta lavorando a un nuovo modello organizzativo con il quale snellire i processi decisionali, capace di maggiore reattività e di maggiore determinazione nei rapporti istituzionali e con i media. Proposte che si vorrebbe rendere operative già entro la fine dell'anno.