Nel 2006 le esportazioni agroalimentari confermano l’andamento crescente degli ultimi anni, con un incremento, rispetto al 2005, del 6%. Anche le importazioni registrano un sensibile aumento del 5,2%. Il deficit agroalimentare complessivamente si porta ad oltre 8 miliardi di euro, ma il saldo normalizzato - pari a -15,5% -  mostra un leggero miglioramento che si inserisce in un trend di più lungo periodo. Questo conferma il risultato strutturalmente positivo degli scambi agroalimentari, reso più evidente dalla performance negativa della bilancia commerciale complessiva, il cui deficit, al netto dell’agroalimentare, raggiunge i 13 miliardi di euro. Questo è quanto emerge dalla sintesi fornita da Inea - Istituto nazionale di economia agraria "Il commercio con l’estero dei prodotti agroalimentari - 2006".

La variazione positiva delle esportazioni rispetto al 2005 è da attribuire ad un effetto combinato di prezzi (+2,3%) e quantità (+3,7%); al contrario, l’incremento delle importazioni deriva quasi esclusivamente dalla variazione dei prezzi (+6,2%). La maggiore crescita nel 2006 dei prezzi medi alle importazioni rispetto ai prezzi medi alle esportazioni comporta un complessivo peggioramento della ragione di scambio2 (-3,7%), che interessa soprattutto le materie prime importate per l’industria di trasformazione.

Le aree
L’importanza dell’Unione europea come area di riferimento per gli scambi è prevalente nell’agroalimentare rispetto al resto della bilancia commerciale: le esportazioni agroalimentari verso l’Ue-25 pesano per il 68,3%, contro il 58,2% degli scambi complessivi, mentre le importazioni agroalimentari dall’Ue-25 rappresentano il 70%, contro il 55,3% degli acquisti totali. Questa prevalenza è determinata dagli scambi con l’area dei 15 Paesi europei, mentre le quote degli scambi agroalimentari e totali per i nuovi Stati membri (entrati nel 2004) si equivalgono. La Germania rappresenta il principale cliente, con una quota del 20,5%, seguita da Francia, Usa e Regno Unito. La Francia è il principale fornitore di prodotti agroalimentari dell’Italia (16,5%), seguita da Germania, Spagna e Paesi Bassi. Tra i paesi non comunitari si segnalano, al settimo posto, il Brasile (3%) e, al decimo, l’Argentina (2,4%), mentre tra i fornitori emergenti meritano attenzione la Cina, con una quota piuttosto stabile nel tempo e la Thailandia, che mostra un incremento notevole del valore delle vendite
all’Italia (+35%).

I comparti
I prodotti dell’industria alimentare, detengono una quota preponderante e stabile del totale degli scambi agroalimentari italiani, pari al 78% delle esportazioni ed al 65,2% delle importazioni. La componente del settore primario assume un peso relativamente maggiore dal lato delle importazioni (32%), rispetto a quello sulle esportazioni (19,6%); in questo caso, si registra una lieve flessione, contenuta in un punto percentuale, per entrambi i flussi rispetto all’anno precedente.

I prodotti
Nel 2006, il 4,5% delle esportazioni agroalimentari italiane è rappresentato dai vini rossi e rosati di qualità (Vqprd), seguiti dalla “pasta alimentare non all’uovo né farcita” (4%). Sullo stesso valore si attestano le vendite di olio di oliva vergine ed extravergine (+14%) e superano nella graduatoria le conserve di pomodoro e pelati (3,9%). Chiudono la graduatoria delle prime 5 voci di esportazione i prodotti della biscotteria e pasticceria (3,2%). Nel complesso, tali voci costituiscono quasi il 20% delle esportazioni agroalimentari italiane e confermano il successo sui mercati mondiali dei prodotti della trasformazione alimentare del made
in Italy,
Il lato delle importazioni evidenzia, al contrario, prodotti appartenenti a comparti per i quali l'Italia riporta una debolezza produttiva strutturale e una forte domanda verso l’estero: nella graduatoria dei primi 5 prodotti importati si trovano le carni suine e bovine fresche o refrigerate, rispettivamente con il 4,4% e 4,3%, ed un incremento della dipendenza dall’estero testimoniato dalle percentuali di crescita, comprese tra il 13 ed il 16%. A seguire l’olio di oliva (3,6%) e i crostacei e molluschi congelati, per i quali si registra una crescita importante della quota rispetto al 2005. Infine, i bovini da allevamento (3,2%). L’insieme dei prodotti della graduatoria spiega il 19% delle importazioni agroalimentari italiane.