L'agricoltura di precisione può essere utile alle piccole e medie aziende cerealicole?

 

È questa la domanda di fondo a cui vuol rispondere il progetto di ricerca Go Tinia, partito ormai da alcuni anni con i finanziamenti del Psr Toscana.

 

Per farci spiegare cosa si sta facendo e quali risultati si sono raggiunti abbiamo intervistato il professor Marco Vieri, ordinario di meccanica agraria all'Università di Firenze, che sta coordinando questo progetto giunto ormai alla conclusione.

 

Professor Vieri, come e perché è partito questo progetto e chi ci partecipa?
"Questo progetto nasce nel 2017 inizialmente con un finanziamento del Psr sulla sottomisura 16.2 sul sostegno ai progetti pilota e allo sviluppo di nuove pratiche, processi e tecnologie per valutare l'utilizzo delle tecnologie di agricoltura digitale e di agricoltura di precisione applicate a colture di pieno campo.

 

Poi il progetto ha avuto una seconda fase a partire dal 2019 con la costituzione di un Gruppo Operativo, fase che è andata avanti fino ad oggi, coinvolgendo oltre all'Università di Firenze, l'agenzia formativa di Coldiretti Caict della sezione di Arezzo e l'azienda agricola Bemoccoli, che chiude la filiera dei salumi dalla produzione dei mangimi all'allevamento e che ha svolto il ruolo di azienda sperimentale e dimostrativa.

 

Il progetto ha visto anche la partecipazione, importante, di Bonifiche Ferraresi che hanno fornito i dati per i sistemi di supporto alle decisioni (Dss - decision support system) per le allerte dovute allo sviluppo di patogeni, agli stress idrici per le colture di pieno campo.


La scelta dell'azienda Bemoccoli di Arezzo è stata fatta sulla base di 2 punti di forza importanti: la capacità imprenditoriale e agricola del titolare Roberto Bemoccoli e la formazione tecnica del figlio Leonardo, perito agrario con una formazione specifica sulla agricoltura digitale.


Riguardo al nome invece, Go sta per Gruppo Operativo, e Tinia è un nome che ho scelto io per motivi affettivi. È il nome di una divinità etrusca di cui al museo di Cortona è conservata una statuetta proveniente dalla zona dei fuochi di Pietramala, che sono i posti in cui sono cresciuto".

 

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Il professor Marco Vieri dell'Università di Firenze

(Fonte foto: Università di Firenze)

 

Che tipo di tecnologie sono state valutate?
"Nello specifico non sono state valutate tanto le tecnologie, ma la possibilità della loro applicazione in contesti aziendali specifici, valutando quali sono i problemi nell'uso e nell'applicazione. Le tecnologie utilizzate infatti non sono tecnologie sperimentali, ma tecnologie già mature come quelle per l'acquisizione dei dati spaziali con valutazione dello stato della coltura e delle condizioni ambientali e meteorologiche, con un software aziendale di raccolta di questi dati e abbinamento con gli appezzamenti e con il tempo.


Sulla base di questi dati poi l'azienda faceva un piano di coltivazione ragionato, decidendo per l'uso di concimi e sementi a rateo variabile. A questo seguiva il rilievo puntuale del prodotto raccolto e della sua qualità tramite il quantimetro applicato alla mietitrebbia che registra per le singole particelle raccolte peso, umidità e tenore proteico, in modo da poter valutare a posteriori le scelte fatte e prendere decisioni per le coltivazioni future.


Il progetto, nella sua evoluzione ha avuto 2 fasi. La prima in cui sono state fatte conoscere all'azienda le tecnologie disponibili per poter scegliere quelle più adatte sulla base di 4 fattori: la proposta di valore, cioè il beneficio che può essere generato, il tipo di tecnologie usabili, gli strumenti e le competenze necessarie in azienda per usare queste tecnologie e gli aspetti extra aziendali altrettanto necessari perché queste tecnologie possano essere usate efficacemente, come l'assistenza tecnica e l'analisi dei dati. La seconda fase è stata l'utilizzo in campo di queste tecnologie".


Quali sono stati i primi risultati che sono emersi?
"I risultati sono stati interessanti. Le strategie per l'uso di queste tecnologie infatti sono 2: o mirare a mantenere la produzione usando meno input (sementi, fertilizzanti, fitofarmaci, ecc.), o aumentare la produzione a parità di input, e l'azienda Bemoccoli ha scelto quest'ultimo, con risultati interessanti, arrivando ad un aumento medio di produzione del 18%".

 

Quali sono stati invece i limiti principali?
"In generale i limiti maggiori per l'introduzione delle tecnologie di agricoltura digitale sono la diffidenza, la difficoltà di investimento e la mancanza di competenze per gestire la tecnologie. Tutte cose che però nell'azienda Bemoccoli non hanno costituito un problema".

 

Le tecnologie usate sono applicabili anche a macchine già presenti in un'azienda o necessitano di un rinnovo di tutto o di parte del parco macchine?
"In una prima fase queste tecnologie sono implementabili sulle macchine già esistenti, poi nell'ambito del normale rinnovo del parco macchine conviene dotarsi di macchine già progettate e realizzate con questo tipo di tecnologia, in particolare per quanto riguarda il sistema Isobus".

 

Si può identificare una dimensione aziendale sotto la quale non è conveniente usare queste tecnologie?
"Oggi la digitalizzazione è per tutti, l'importante è acquisire le competenze necessarie ad utilizzarla. Le aziende più grandi possono gestire queste competenze internamente, con personale addetto, quelle più piccole potranno affidarsi a professionisti esterni.


La tecnologia di per sé, nel senso degli strumenti e dei hardware invece ha un costo che è uguale per tutti e quindi ad oggi è più facilmente sostenibile da una azienda grande rispetto ad una piccola, ma le evoluzioni sono molto veloci.


Inoltre, questa tecnologia può essere usata anche sfruttando l'opera dei contoterzisti. Ma è l'azienda che deve richiedere al contoterzista di usare una determinata tecnologia. E il contoterzista in genere fa pagare questo servizio, quindi per sfruttarlo al meglio l'azienda deve avere le competenze per farlo.


L'approccio infatti deve essere antropocentrico e non tecnocentrico: l'obiettivo prioritario non è acquisire nuove tecnologie, ma quello di acquisire competenze digitali con cui poter usare al meglio le possibilità offerte dall'innovazione tecnologica".