Da una parte la peste suina africana che sta compromettendo gangli fondamentali della suinicoltura italiana, bloccando in parte la produzione.
Dall'altra il mercato che chiede carni suine da avviare alla trasformazione, richiesta che rischia di rimanere insoddisfatta.
Il risultato è un aumento dei prezzi dei suini da macello che non premia nessuno, né gli allevatori che non hanno di che gioirne, né i macellatori costretti a pagare di più la "materia prima" per fare prosciutti e insaccati.
Il ciclo chiuso
Così la redditività degli allevamenti a ciclo chiuso segna in settembre un ulteriore balzo in avanti.
Non solo per merito dei più alti prezzi di mercato dei suini da macello, ma anche per il calo, ancora una volta, delle quotazioni di alcune materie prime.
È questa la situazione fotografata dalle puntuali analisi del Crefis, il Centro per le Ricerche Economiche sulle Filiere Sostenibili dell'Università Cattolica di Piacenza, diretto da Gabriele Canali.
In settembre l'indice di redditività per il ciclo chiuso è salito dell'8,8% a livello congiunturale e del 14,5% a livello tendenziale.
Il prezzo medio mensile dei capi da macello destinati al prodotto Dop, sempre a settembre, è aumentato dell'8,4% su base mensile, raggiungendo i 2,249 euro/chilogrammo; la variazione tendenziale è invece negativa (-2%).
Il ciclo aperto
Favorevole anche l'indice di redditività della fase di ingrasso che è cresciuto, a livello congiunturale, del 5% e del 2,1% a livello tendenziale.
Una dinamica supportata dall'aumento delle quotazioni dei suini da macello pesanti che hanno compensato i maggiori costi per l'acquisto dei capi da 40 chilogrammi a inizio fase di lavorazione.
Ancora in calo invece la redditività della fase di scrofaia che a settembre, rispetto al mese precedente, perde il 4,1%, gravata dalla diminuzione delle quotazioni dei suinetti da 7 chilogrammi (-3,9% la variazione rispetto ad agosto per un prezzo di 70,133 euro/capo). Il dato tendenziale resta positivo e pari a 5,9%.
A settembre scende anche la redditività della fase di svezzamento che segna -4,7% rispetto al mese precedente e -19,2% rispetto a settembre 2023.
Questa situazione sfavorevole è data dal calo delle quotazioni dei capi da 40 chilogrammi che, sempre nel periodo preso in esame, perdono il 7,3% mese su mese scendendo a un valore di 3,044 euro/chilogrammo (-16,2% a livello tendenziale).
La macellazione
Negativo a settembre l'andamento della redditività dei macellatori italiani.
L'ascesa dei costi per l'acquisto dei suini da macello pesanti ha sovrastato la ripresa dei prezzi di alcuni tagli di carne fresca, influenzando negativamente l'indice di redditività che scende del 2% su base mensile.
Positiva però la variazione rispetto allo scorso anno: +8,6%.
Come accennato, i prezzi delle cosce fresche destinate a produzioni tipiche sono saliti del 5,6% rispetto ad agosto raggiungendo i 6,290 euro/chilogrammo; il confronto con i valori dello scorso anno è positivo e pari al 2,8%.
Anche le cosce fresche della tipologia pesante destinate a prodotto generico hanno fatto registrare un incremento mensile di prezzo del 7,9%, attestandosi a 5,098 euro/chilogrammo, ma con una variazione tendenziale del -0,8%.
Per quanto riguarda i lombi, sempre nel periodo preso in esame, si assiste an un andamento differenziato: il prezzo del taglio Padova è sceso del 2,4% mese su mese fermandosi a 4,900 euro/chilogrammo, mentre la quotazione del taglio Bologna è salita del +9,1% raggiungendo anch'essa i 4,900 euro/chilogrammo.
Positive le variazioni tendenziali pari rispettivamente a +5,4% e +5,9%.
La stagionatura
Redditività in leggera ripresa, a settembre, per il comparto della stagionatura del prodotto Dop mentre per quello non tutelato il recupero è più sensibile.
L'indice Crefis per il Prosciutto di Parma stagionato 12 mesi, infatti, a livello congiunturale cresce di un modesto 0,4% mentre il prosciutto generico mostra una variazione mensile della redditività pari al 2,6%.
Il differenziale tra Dop e generico, di conseguenza, resta negativo: -4,1%.
Un segnale decisamente preoccupante per il settore delle produzioni tutelate.
Sul fronte del mercato le quotazioni del Prosciutto di Parma della tipologia pesante stagionato 12 mesi sono salite dello 0,4% per un valore di 10,438 euro/chilogrammo, pur mostrando una variazione tendenziale negativa (-1,5%); per il prodotto non tutelato, a settembre il prezzo si è confermato a 8,600 euro/chilogrammo, ma facendo registrare una variazione tendenziale positiva del 1,2%.
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Fonte: Crefis






























