Benedizioni degli animali nelle stalle, nessuna macellazione, mangiare di magro. Consuetudini non scritte da secoli, che sono ancora attualissime per celebrare Sant'Antonio Abate, data sul calendario il 17 gennaio, protettore degli animali e patrono degli allevatori. È una delle feste comandate che gli allevatori onorano. Tanto più che Sant'Antonio Abate è uno dei santi riconosciuto non solo dalla tradizione cattolica, ma anche da quella ortodossa (copta) ed evangelica.

 

Buon Sant'Antonio, dunque, per quanto la zootecnia stia attraversando momenti complessi, per non dire di vera e propria incertezza. Innanzitutto, bisogna recuperare il rapporto fra consumatori e allevatori. Fanno benissimo i primi a chiedere sicurezza alimentare, benessere animale, produzioni sane e tracciate, ma allo stesso tempo è bene riconoscere i progressi che gli allevatori hanno compiuto negli anni, conquistando medaglie in ogni campo. Oggi si producono carni e prodotti della zootecnia di migliore qualità, sicuri, tracciati, rintracciabili, controllati. Negli allevamenti si usano meno farmaci, grazie alla zootecnia di precisione, al precision feeding, al monitoraggio attento di talmente tanti parametri che è difficile persino elencarli tutti.

 

Aumentando il benessere animale (che fa aumentare i costi di produzione e tale sforzo dovrebbe essere riconosciuto a livello di filiera), migliorando la qualità e il livello della razione alimentare, riducendo così gli sprechi e orientando anche l'alimentazione verso una maggiore efficienza, sono soluzioni che di fatto migliorano i costi e riducono le emissioni nell'ambiente.

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Allevatori eroi? Questo è sicuro. Allevare rimane un mestiere faticoso e complesso, che richiede impegno costante, preparazione, rapidità nelle decisioni e una dedizione maniacale. La passione è uno dei motori, gli altri sono la competenza, la formazione, la sensibilità ad innovare. Abbiamo dimenticato qualcosa? Sì, la filiera. Dove il dialogo fra operatori funziona, migliori sono i risultati economici e i benefici lambiscono anche gli allevatori.

 

In tutto ciò, se gli allevatori potessero esprimere un desiderio per Sant'Antonio Abate (da non confondere con Sant'Antonio da Padova, che si festeggia il 13 giugno), cosa chiederebbero? Dando per scontato un miglioramento della redditività, elemento peraltro essenziale per affrontare il difficile ostacolo del ricambio generazionale, ipotizziamo che tutti abbiano qualcosa da chiedere all'Unione Europea. Innanzitutto, un maggiore equilibrio nella transizione ecologica. Non è possibile considerare le emissioni di un allevamento alla stessa stregua di un'industria. È evidente che qualcosa non torna.

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Vi sono concentrazioni di allevamenti? In alcune aree indiscutibilmente è così, pensiamo ad esempio ai Paesi Bassi, a certe zone della Germania o ad alcune aree della Pianura Padana. Ma applicare parametri obsoleti per valutarne l'impatto ambientale, in alcuni casi vecchi di oltre trenta anni, è francamente un azzardo.

 

Vi è stato un miglioramento complessivo diffuso tanto nelle pratiche zootecniche che in quelle agronomiche e ambientali e le emissioni sono mediamente inferiori rispetto agli Anni Novanta. Sarebbe ora di prendere in considerazione modelli più attuali per valutare il corretto impatto della zootecnia sull'ambiente, riconoscendo magari il ruolo dei reflui zootecnici in chiave di economia circolare (tanto nella produzione energetica che in quella della fertilizzazione del suolo) e comunicare esattamente il valore aggiunto del sistema allevatoriale in termini economici, ambientali, sociali, paesaggistici, di tutela e presidio del territorio. Un allevamento è una sentinella sull'ecosistema.

 

L'Unione Europea è chiamata ad accelerare, a nostro modesto avviso, anche su un altro fronte, quello cioè sanitario. Vi sono troppe emergenze senza risposta, che rischiano di scatenare una vera e propria bomba. Proprio mentre l'ex ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina, oggi attentissimo nel ruolo di vicedirettore generale della Fao, richiama l'attenzione sulla necessità di rilanciare azioni contro l'antimicrobico resistenza, applicando il corretto concetto di "One Health" riconosciuto a livello mondiale come approccio multidisciplinare per difendere allo stesso tempo uomini e animali, Bruxelles sembra nicchiare su temi altamente preoccupanti. Temi come l'influenza aviaria, per debellare la quale sarebbe opportuno rilanciare una campagna vaccinale capillare ed efficace (sappiamo che è ardua, con il virus in continua mutazione), o come altre emergenze come la peste suina africana (i numeri la danno in recessione su scala mondiale nel 2022 nell'ordine del -25,6%, se consideriamo i focolai), la blue tongue, o altre patologie che rischiano di portare al collasso gli allevamenti e le filiere zootecniche italiane ed europee.

 

Il tutto proprio quando, al contrario, il consumo in aumento di proteine nobili di origine animale a livello mondiale è in aumento e l'Europa dovrebbe - grazie alla propria capacità produttiva e agli allevamenti all'avanguardia che può vantare rispetto ad altre realtà del mondo - assurgere a ruolo di leader per incrementare le produzioni e le esportazioni, assicurando così al resto del mondo alimenti di qualità e con parametri di salubrità elevati.

 

L'Europa deve credere di più nelle potenzialità dei propri insediamenti zootecnici, vigilare sul rispetto delle norme, ma altrettanto pianificare strategie non vessatorie e soprattutto restituendo all'agrozootecnia il ruolo che le compete: quello di leader mondiale per qualità, cura, attenzione delle filiere produttive.

 

Difendiamo dunque le Indicazioni Geografiche su tutto, aggreghiamo l'offerta, rendiamo più fluida l'interprofessione e insistiamo sull'export e su un rapporto costruttivo col consumatore. Oggi possiamo farlo anche grazie ai sistemi di innovazione e digitalizzazione, grazie alla ricerca genetica e genomica, tramite blockchain e con una trasparenza che altrove, nel mondo, manca. Serve fiducia per investire nel futuro. Avete altre soluzioni? Come sempre sono ben gradite, purché espresse col dovuto garbo.

 

Buon Sant'Antonio a tutti!