"Le richieste al prossimo ministro delle Politiche Agricole? Non aggiungerei altre priorità rispetto a quelle che erano emerse dal comparto e dal sistema agricolo. Quindi, direi che più che 'cosa fare' sarebbe bene affrontare il tema col nuovo Governo di 'come fare'. Si parla tanto di sovranità alimentare, l'Italia è un Paese storicamente deficitario di materie prime, anche perché la disponibilità di superficie agricola è quella che è e dobbiamo probabilmente essere chiari nel dire che l'autosufficienza alimentare non si raggiungerà mai. Tuttavia, dobbiamo anche prendere atto che solo nel 2007-2008, quando mi occupavo di mangimistica ed ero anche allora presidente di Assalzoo, eravamo praticamente autosufficienti nella produzione di mais, oggi siamo intorno al 50%. Significa che abbiamo perso un patrimonio, con il rischio che, quando si riduce la disponibilità delle derrate principali, poi si riduce il numero di capi. Ma l'impoverimento della zootecnia vuol dire anche maggiore dipendenza dall'estero".
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Nove consigli per il futuro ministro dell'Agricoltura
Partiamo con uno sguardo al futuro, per quanto siamo vicini all'individuazione del futuro ministro dell'Agricoltura, con Silvio Ferrari, presidente di Assalzoo, l'Associazione di riferimento della mangimistica italiana con quasi un centinaio di aziende iscritte e una produzione totale delle industrie aderenti che copre circa il 75% della produzione nazionale.
Lo abbiamo intervistato, chiedendogli di fare un po' il punto della situazione a poco più di due mesi dalla fine di un anno particolarmente vivace per l'agricoltura.
Presidente Ferrari, qual è la situazione per i produttori di mangimi? State andando verso una normalizzazione o ci sono ancora difficoltà? Come sta influendo la guerra in Ucraina?
"Per il settore mangimistico il 2022 si è aperto con molte incertezze. Infatti ad un trend di aumento dei costi delle materie prime, che avevano subìto un notevole incremento già nel 2021, si è aggiunto il grave problema della guerra russo/ucraina che ha determinato forti ripercussioni di mercato, sia con un ulteriore forte rialzo dei prezzi e difficoltà negli approvvigionamenti di materie prime, sia con una forte fiammata sui costi del gas e dell'energia, di cui oggi stiamo subendo la fase più critica.
Un mix da molti ritenuto una tempesta perfetta, che sta mettendo in gravissima difficoltà le industrie mangimistiche sottoposte ad incrementi dei costi di produzione fuori controllo con inevitabili pesanti ricadute su tutta la zootecnia e, di conseguenza, sulle produzioni alimentari di origine animale.
Anche a causa di ciò ne è conseguita una immediata contrazione della produzione mangimistica nazionale, che nei primi sei mesi dell'anno è piuttosto significativa e che, se il trend sarà confermato anche nel secondo semestre, porterebbe a un arretramento produttivo anche superiore al 5%. Ovviamente speriamo che la tendenza si inverta, ma al momento non si vedono segnali incoraggianti.
Stiamo vivendo sicuramente uno dei periodi più difficili della nostra storia dal Secondo Dopoguerra ad oggi e prevale una forte preoccupazione a causa dell'incertezza generale. Anche se, bisogna riconoscere, che con i forti rincari delle materie prime non pochi allevatori che prima acquistavano le commodity e gli ingredienti per prepararsi autonomamente la razione alimentare, oggi stiamo assistendo a uno spostamento verso il mangime finito. Questo per i mangimisti è uno scenario che non è del tutto negativo, anche se un conto è l'aumento del fatturato, un altro conto sono i margini di guadagno, che con il boom delle materie prime e il costo dell'energia si sono notevolmente assottigliati".
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Ecco: quanto pesa il caro energia? Qual è l'impatto sulle aziende produttrici di mangimi e sugli allevamenti?
"L'impatto del costo dell'energia è molto forte, abbiamo assistito ad aumenti anche del 500% del costo dell'energia elettrica e addirittura del 1000% del gas. Ciò si ripercuote notevolmente sui costi di produzione e, anche se l'industria mangimistica non è considerata tra quelle cosiddette energivore, la componente energia e gas ha un forte impatto e stiamo subendo rincari prossimi al 50%, senza contare naturalmente gli aumenti dei prezzi delle materie prime e della logistica.
L'impatto sugli allevamenti è pertanto inevitabile, anche perché venivamo già dal difficile periodo covid-19 e da un 2021 con prezzi delle materie prime in netta salita. Aumenti che l'industria mangimistica ha cercato di mediare con i contratti a termine e facendo da camera di compensazione per contenere gli aumenti agli allevatori già in grave crisi: il settore avicolo a causa dell'influenza aviaria, il settore latte con prezzi al di sotto dei costi di produzione, il settore suinicolo in grave crisi di mercato e anche qui con prezzi al di sotto dei costi di produzione.
Per cercare di fronteggiare il forte aumento dei costi dell'energia e del gas Assalzoo ha chiesto al Ministero delle Politiche Agricole misure per ammortizzare i forti aumenti di costo, facendo almeno rientrare l'industria mangimistica tra le imprese energivore, ma senza esito. Ovvio che pertanto dopo due anni di aumenti, con una speculazione del tutto fuori controllo, stiamo vivendo una fase molto complessa, che preoccupa molto per il futuro non solo dell'industria mangimistica, ma per tutta la filiera agro zootecnica alimentare, per la quale al momento l'unico dato positivo sembra arrivare dall'andamento dell'export. Ma quello che ci preoccupa è soprattutto il mercato interno".
Come la Pac potrebbe dare maggiore sicurezza alle imprese agricole e al vostro comparto?
"Il nostro comparto non ha alcun coinvolgimento diretto all'interno della Politica Agricola Comune, dalla quale l'industria mangimistica subìsce però effetti indiretti, tenuto conto che il nostro settore industriale è legato a doppia mandata ad agricoltura e allevamento, in quanto siamo acquirenti diretti di materie prime vegetali dal mondo agricolo e forniamo i nostri prodotti finiti all'allevamento nazionale.
Agricoltura e zootecnia sono invece i due comparti sui quali ha effetto diretto la Pac. Da questo punto di vista non siamo affatto sereni, perché la nuova riforma della Pac che entrerà in vigore per il periodo 2023-2027, oltre a prevedere un sostanzioso taglio in termini di dotazione finanziaria, prevede una vera e propria rivoluzione nella distribuzione delle risorse, con un sistema di aiuti a nostro parere non solo oltremodo complesso, ma fortemente dipendente dal conseguimento di una serie di obiettivi ambientali molto severi. Questa spiccata, forte condizionalità ambientale, soprattutto in un contesto geopolitico internazionale e di mercato già così difficile, rischia di creare più difficoltà che opportunità. Senza contare che l'Unione Europea ha adottato la nuova Pac senza fare una valutazione di impatto e che da diversi studi condotti a livello internazionale provengono molte critiche su quali effetti la nuova Politica Agricola Comunitaria potrà avere sugli agricoltori/allevatori, con la previsione di una contrazione sia della produzione che del reddito valutato tra il 15 e il 20%. Insomma è ovvio che anche sul fronte della Pac non possiamo dormire tranquilli".
Quale direzione prevedete per le semine nell'annata 2022-2023?
"Per quello che abbiamo detto sulla nuova Pac è molto difficile fare delle previsioni, anche perché c'è disorientamento tra gli stessi agricoltori, che al momento stanno prendendo le loro decisioni sulla programmazione delle semine.
Come industria mangimistica siamo molto preoccupati in modo particolare per il destino del mais che rappresenta per noi una materia prima strategica e assolutamente fondamentale per la produzione di mangimi destinati a tutte le specie animali. Per dare un dato emblematico, in Italia abbiamo bisogno di circa 12 milioni di tonnellate di mais, di cui 9 milioni di tonnellate solo per l'alimentazione animale e la produzione media degli ultimi anni non è andata oltre i 6 milioni di tonnellate. E non cito il raccolto di quest'anno che probabilmente non raggiungerà nemmeno i 4 milioni di tonnellate, causa la forte siccità.
Proprio a causa di una eccessiva dipendenza dall'estero di materie prime per l'alimentazione animale, stiamo cercando un confronto costruttivo sia con il Ministero che, soprattutto, con le organizzazioni agricole, per cercare di trovare soluzioni comuni per una migliore pianificazione della coltivazione, ma è ovvio che anche a causa delle preoccupazioni sull'applicazione della nuova Pac, dei forti problemi legati alla crisi in atto e ai conseguenti rischi in termini di competitività, il pericolo è che, almeno per il mais, ci possa essere una ulteriore riduzione delle superfici, con effetti davvero preoccupanti sulla capacità del nostro Paese di assicurare una soglia di autoapprovvigionamento che ci consenta di allontanarci da una sempre maggiore dipendenza dai mercati esteri".
Quali innovazioni e/o tecnologie digitali potrebbero migliorare la situazione in termini di maggiore produzione in campo e minori tensioni sui prezzi?
"Noi siamo convinti che il nostro Paese sia chiamato, oggi più che mai, a fare un vero e proprio scatto in avanti verso la ricerca e l'innovazione se non vogliamo davvero entrare in un vortice all'interno del quale la nostra agricoltura rischia di non riuscire a uscire fuori. In Italia abbiamo una superficie agricola utilizzabile limitata, ma questo deve spingerci a raggiungere il massimo livello di efficienza se vogliamo garantirci una produzione interna in grado di raggiungere il più elevato livello possibile.
In questo dobbiamo avere più coraggio e fare leva su un grande punto di forza che ha sempre caratterizzato il nostro Paese e cioè la ricerca in agricoltura. Abbiamo centri di ricerca di assoluta eccellenza, che possono fornire alla nostra agricoltura strumenti eccezionali, come le Tea o le Nbt che dir si voglia, per far sì che le nostre coltivazioni siano più performanti in quantità e qualità, siano più resilienti rispetto alle problematiche legate al cambiamento climatico, siano più sostenibili dal punto di vista ambientale e consentano ai nostri agricoltori di recuperare quella competitività senza la quale non può esserci produzione.
Ecco, noi crediamo che le Tea a fianco di altre importanti innovazioni, come l'agricoltura di precisione e pratiche agronomiche sempre più efficienti e mirate alla nostra realtà agricola, possano davvero fare la differenza e consentire alla nostra agricoltura non solo di recuperare il terreno perso, ma addirittura di assicurare al nostro Paese un maggiore grado di sicurezza degli approvvigionamenti e di sovranità alimentare".
Silvio Ferrari, presidente di Assalzoo
(Fonte foto: Assalzoo)
Innovazione nei mangimi: quale direzione hanno assunto le vostre imprese?
"L'industria mangimistica è impegnata da sempre in un continuo miglioramento delle performance dei mangimi cercando di aumentare l'efficienza della razione alimentare per garantire sia la salute che il benessere degli animali in allevamento, la ricerca da diversi anni guarda anche ad una produzione più sostenibile. Possiamo affermare senza timore di smentite, di essere arrivati a un livello molto elevato.
Puntiamo da sempre ad ottimizzare l'impiego delle risorse disponibili, assicurando un livello molto elevato di circolarità all'interno del settore alimentare di cui siamo un anello fondamentale, attraverso il recupero di grandi quantità di sottoprodotti, coprodotti e residui dell'industria alimentare, dando un contributo insostituibile a evitare sprechi e riportando queste materie prime all'interno dello stesso circuito alimentare da cui derivano, con notevoli benefici in termini di sostenibilità economica e ambientale.
Attraverso una alimentazione sempre più mirata sui fabbisogni di ciascuna specie animale consentiamo alla nostra zootecnia di produrre utilizzando sempre meno input, ottimizzando la gestione delle risorse disponibili.
Abbiamo pertanto migliorato l'indice di conversione del mangime in latte, carne, uova e pesce, ma soprattutto lo abbiamo fatto aumentando la qualità dei prodotti zootecnici che ne derivano.
Stiamo migliorando l'impatto degli allevamenti attraverso un'alimentazione che possiamo definire a tutti gli effetti di 'precisione', che riduce al minimo gli sprechi di sostanze nutritive e che attraverso l'impiego di nuovi additivi messi a disposizione dalla ricerca, ci consente, ad esempio, di ridurre fortemente la produzione di metano negli allevamenti, limitando il fenomeno delle fermentazioni enteriche negli animali, con un duplice beneficio ambientale ma anche di benessere e salute degli animali.
Insomma, siamo un settore di industria con una forte propensione all'innovazione, dal quale dipende il futuro stesso della zootecnia".