Il vaccino è fra gli strumenti più efficaci per la prevenzione delle malattie, in campo umano come in campo veterinario.

Ma questa arma non è disponibile per tutte le patologie. A volte è colpa dell'agente infettivo in causa, che per le sue caratteristiche non sviluppa un'adeguata risposta immunitaria quando "compresso" all'interno di un vaccino.

Altre volte, in particolare nel caso dei virus, la variabilità è talmente elevata da rendere inefficace o poco duratura la vaccinazione. In campo umano è noto cosa accade con i virus influenzali e più ultimamente con le numerose varianti del Covid-19.

 

In ambito veterinario il ricorso al vaccino, sebbene possibile, viene escluso in talune circostanze per consentire l'eradicazione da intere aree di patologie particolarmente severe.

Così facendo è possibile dichiarare intere nazioni come esenti da alcune temibili patologie come, per citare le più note, la peste suina africana o la brucellosi.


I limiti del vaccino

Ma perché rinunciare in questi casi ai vaccini, sebbene efficaci?

Le motivazioni sono sia sanitarie sia economiche. Con i comuni esami diagnostici un animale vaccinato non è distinguibile da un animale che ha naturalmente contratto e superato la malattia, pur rimanendo in alcuni casi fonte di diffusione del patogeno.

I programmi di eradicazione verrebbero compromessi e non sarebbe possibile definire aree libere dalla malattia, danneggiando i commerci.

Uno scenario che le più recenti ricerche potrebbero tuttavia ribaltare, aprendo un nuovo capitolo nella prevenzione di patologie che interessano sia gli animali sia l'uomo.


I nuovi vaccini

Una rivoluzione che prende le mosse dal progetto Reprodivac, coordinato da Enea (Agenzia Nazionale per le Nuove Tecnologie, l'Energia e lo Sviluppo Economico Sostenibile), per il quale già sono stanziati 6 milioni di euro e che vede la partecipazione di 16 partner di sette diversi paesi europei.

 

Come spiega Selene Baschieri di Enea, il progetto Reprodivac consentirà di realizzare vaccini che con opportuni test diagnostici potrà distinguere gli animali vaccinati da quelli infetti.

Le implicazioni sono importanti in quanto la possibilità di ricorrere alla profilassi vaccinale aiuta a contenere il numero di animali ammalati. Ne consegue una minore necessità di interventi terapeutici e dunque un minore uso di farmaci e di antibiotici.

Importanti i possibili vantaggi: contrasto alla formazione di antibiotico resistenze e protezione della salute pubblica, in stretto accordo con la strategia "One Health", che sottolinea la connessione fra salute degli animali e salute dell'uomo.

Nell'ottica One Health, le patologie alle quali il progetto Reprodivac sta lavorando sono mirati ad alcune patologie che hanno la capacità di trasmettersi dagli animali all'uomo (zoonosi) e che interessando la sfera riproduttiva sono in grado di arrecare gravi danni agli allevamenti.

 

La febbre Q

Fra le patologie prese in esame figura la febbre Q.

Questa patologia è causata da un batterio, Coxiella burnetii, che si presenta in numerose specie animali, anche da compagnia.

Nell'uomo determina stati febbrili, con sintomi simili a quelli dell'influenza, ma può anche evolvere in polmoniti ed epatiti o cronicizzare con esito in endocarditi.

La principale fonte di contagio per l'uomo è rappresentata dai ruminanti e ne sono colpiti in prevalenza gli addetti alla cura degli animali, in quanto il contagio è prevalentemente per via aerea.

Negli animali la malattia evolve spesso in forma asintomatica, salvo provocare aborto, più frequente nel caso dei caprini.

 

L'aborto enzootico

Altra patologia presa in esame per la messa a punto dei nuovi vaccini è l'aborto enzootico degli ovini, malattia infettiva presente in tutto il mondo, responsabile di aborti tardivi, natimortalità e parti prematuri.

Anche in questo caso siamo di fronte a un batterio, la Chlamydophila abortus.

La trasmissione all'uomo avviene per contatto diretto con materiale infetto, determinando problemi riproduttivi e più raramente forme respiratorie.

Come intuibile, il rischio per l'uomo è limitato agli operatori a stretto contatto con gli animali ammalati.


La brucellosi nei suini

Fra le zoonosi, un ruolo importante è rivestito dalla brucellosi, che nella maggior parte dei casi è riferita ai ruminanti.

Esiste tuttavia anche una brucellosi dei suini nei confronti della quale si stanno studiando i nuovi vaccini.

La malattia è causata dalla Brucella suis, presente in alcuni paesi europei dove l'allevamento suino è più diffuso.

Questo batterio presenta una notevole resistenza all'ambiente esterno, in particolare in ambiente freddo, cosa che ne favorisce la diffusione, della quale è spesso responsabile il verro, ma non solo.

Anche in questo caso la trasmissione all'uomo riguarda in prevalenza gli addetti alla cura degli animali.


La Pssr

Nuovi vaccini sono poi allo studio per combattere la Pssr, acronimo di "Porcine Reproductive and Respiratory Sindrome" (Sindrome Riproduttiva e Respiratoria del Suino). Pur non interessando da vicino l'uomo, è molto diffusa negli allevamenti, dove determina ingenti danni.

A differenza delle precedenti malattie elencate, questa è dovuta a un virus con alta variabilità genetica e antigenica.

 

Una malattia che da oltre trenta anni ha fatto la sua comparsa negli allevamenti, dove provoca aborti, mancati accrescimenti, aumento della mortalità e obbliga a un maggiore ricorso ai farmaci.

Una volta entrata in allevamento diventa endemica e la trasmissione da un animale all'altro avviene sia per via diretta che indiretta.


Un nuovo capitolo nella profilassi

La prevenzione della Pssr, come pure delle altre malattie elencate, è affidata alla scrupolosa adozione di misure di biosicurezza utili a limitare o impedire la trasmissione degli agenti patogeni, batteri o virus che siano.

Dunque igiene, pulizia e disinfezione negli allevamenti, indumenti puliti e monouso, lavaggi frequenti per gli operatori, attenzione all'ingresso di veicoli e personale estraneo in allevamento.

 

Domani, se le ricerche in corso confermeranno la possibilità di avere a disposizione vaccini che "si fanno riconoscere", la profilassi di queste patologie farà un enorme balzo in avanti.

Ne guadagneranno gli allevamenti e più in generale l'intera collettività.