Sembra uno scherzo e invece è la realtà. Una startup londinese ha messo a punto una maschera antigas per vacche da latte che dovrebbe servire non tanto a proteggere gli animali da emissioni nocive, quanto ad evitare che il metano prodotto dal rumine finisca in atmosfera, contribuendo al surriscaldamento globale.

Secondo i dati dell'Agenzia europea dell'ambiente gli allevamenti sono responsabili per il 60% delle emissioni climalteranti riconducibili al settore primario. Dunque, se si vuole ridurre l'impronta ambientale dell'agricoltura occorre fare i conti con la gestione delle deiezioni e con i gas prodotti all'interno del rumine, come il metano.

Ecco allora che aziende e startup stanno sperimentando metodi per limitare queste emissioni, ad esempio utilizzando additivi da miscelare alla razione che inibiscono la produzione di metano da parte dei batteri del rumine, ma ci sono anche idee più fantasiose, come le toilette per vacche.
Le maschere antigas messe a punto da Zelp sono tutt'altro che un'invenzione eccentrica visto che sono diversi gli investitori che hanno creduto nel progetto aprendo il portafogli. Ed è notizia di questa estate che il colosso Cargill ha stretto un accordo con Zelp per proporre attraverso la sua rete la maschera antimetano agli allevatori europei.

Ma come funziona l'apparecchio? Il sistema consiste in una maschera che copre solo le narici del bovino e filtra il respiro. Il metano viene trattenuto da uno speciale filtro che poi, un po' come accade in una marmitta catalitica, demolisce la molecola producendo CO2. L'aspetto positivo è che il metano è ottanta volte più dannoso dell'anidride carbonica nei confronti del clima e dunque rilasciare CO2 invece di metano rappresenta un bel passo avanti. E il metano che esce dalla bocca? È irrisorio visto che ammonta a solo un 5%, questo almeno è quanto affermano i produttori della mascherina.
In più questo sistema può essere impiegato assieme ad altre soluzioni, come ad esempio gli additivi alimentari.

Dalla startup fanno sapere che l'apparecchio, ancora in fase di sviluppo, dovrebbe tagliare le emissioni di una vacca del 50% e che una volta commercializzato, in teoria a metà 2022, dovrebbe costare circa 80 dollari all'anno. Una funzionalità interessante che potrebbe spingere qualche allevatore a provare le maschere è che i sensori all'interno dell'apparecchio sono in grado di comunicare con il computer dell'allevatore inviando dati sul comportamento animale. Dati attraverso i quali è possibile sapere se il capo è in salute, oppure se sta male o è in calore.

Ma perché un agricoltore dovrebbe aprire il portafogli per dotarsi di questi strumenti? Secondo la startup il crescente interesse dell'opinione pubblica verso il tema della sostenibilità e le pressioni della filiera spingeranno i produttori ad adottare soluzioni per abbattere le emissioni di gas climalteranti. L'importante però è che ci sia anche una remunerazione degli sforzi che gli allevatori metteranno in campo, che possono passare da un prezzo più elevato del latte venduto, da incentivi pubblici o, come alcuni pensano, dall'ottenimento di carbon credits.

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