Il consumo della mozzarella era già diffuso nel XII secolo e, verso la fine del XVIII secolo, Carlo III di Borbone incentivò la realizzazione di un grosso allevamento bufalino e di uno dei primi caseifici sperimentali della storia nella Reggia di Carditello (Ce), la tenuta di caccia dei regnanti spagnoli. Durante la dominazione spagnola, quindi, la mozzarella diventò un prodotto di largo consumo.
L'allevamento bufalino ha poi subito nel primo e soprattutto nel secondo dopoguerra un forte decremento, dovuto alle opere di bonifica e allo sciacallaggio umano, tanto che negli anni '50 questa specie era considerata in via d'estinzione e i capi restanti si concentravano soprattutto nel salernitano. Dagli anni '70 ad oggi, l'incremento dei capi bufalini è stato continuo grazie alla riscoperta rusticità di questa specie e all'aumento della domanda di mozzarella, soprattutto a livello locale, raggiungendo negli anni gli attuali circa 400mila capi nazionali, dei quali circa 290mila presenti solo in Campania.
Ad oggi, la mozzarella risulta essere il più importante marchio Dop del mezzogiorno, il quarto prodotto a livello nazionale per produzione e il terzo tra i formaggi Dop, nonché uno dei prodotti italiani più apprezzati e conosciuti in tutto il mondo. Infatti, una considerevole parte (18%) della produzione totale viene venduta all'estero soprattutto nei paesi europei, ma anche in Russia, Stati Uniti e Giappone. Negli ultimi anni si è verificato un significante incremento nella produzione, con una media di 33mila tonnellate prodotte ogni anno. È stato appurato che nel 2018 sono state prodotte quasi 50mila tonnellate di mozzarella di bufala campana, con un aumento del 5% rispetto all'anno precedente. L'export si è aggirato intorno al 33% (+1% sul 2017), e avviene principalmente verso paesi quali Germania, Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti, Spagna e Paesi Bassi (figura 1).
Figura 1. Export di mozzarella nel corso del 2018 (Consorzio di tutela della Mbc)
La filiera di produzione della mozzarella va ad incidere fortemente sull'economia della Campania. Si stima, infatti, che il Pil della regione sia basato per il 16% circa sulla produzione di mozzarella di bufala campana, la quale, a sua volta, è concentrata per oltre il 60% solo nel casertano. È quindi evidente il motivo per il quale il cosiddetto "oro bianco" abbia ricevuto, nel 1996, il marchio europeo Dop che non solo ne enfatizza il valore, ma soprattutto ne garantisce l'autenticità e la qualità alimentare.
La qualità alimentare è divenuta, negli ultimi anni, fondamentale per il successo economico e commerciale di un prodotto. Questo perché oggi, il consumatore moderno, sempre più attento ed esigente, richiede allo stesso tempo qualità nutraceutica, sicurezza alimentare e il rispetto di norme etiche durante la produzione quali il benessere animale e la sostenibilità ambientale. Inoltre, a causa della globalizzazione dei mercati alimentari e dell'incremento della variabilità dei prodotti derivanti da paesi terzi, il consumatore è sempre più interessato a conoscere l'origine geografica degli alimenti che acquista e mangia. In definitiva, l'autenticità alimentare è fondamentale specialmente per i prodotti a marchio, ovvero quelli di alta qualità pagati dai consumatori a prezzi più elevati, tra i quali rientra la Mozzarella di Bufala Campana Dop. A tal proposito, a tutela sia del consumatore che dell'allevatore, è nata la tracciabilità.
Il concetto di tracciabilità è stato introdotto per la prima volta nel 2002, quando con il Reg. CE 178/2002 venne istituita l'Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa). In particolare, all'art. 18 di tale regolamento venne introdotta per la prima volta la tracciabilità, divenuta obbligatoria dal 01/01/2005 per tutte le filiere del sistema agroalimentare. La tracciabilità può essere definita semplicemente come la possibilità di seguire e ricostruire il percorso di una materia prima o di un alimento lungo tutte le fasi di produzione fino ad arrivare alla distribuzione. A tal fine, l'Unione europea richiede continuamente un aggiornamento di quelle che sono le tecniche di screening che vengono utilizzate per garantire la sicurezza alimentare. La maggior parte di queste tecniche sono basate sull'utilizzo della spettrometria di massa (MS), della cromatografia, o di altre tecniche di "nicchia" o in fase sperimentale.
Nonostante il costante processo di tutela applicato alla mozzarella, questo importante prodotto continua a subire sofisticazioni. L'adulterazione più comune che subisce l'oro bianco avviene a carico della materia prima che viene mescolata con il latte bovino. Oltre alla diluizione e all'aggiunta del più economico latte bovino, il latte di Bmi (Bufala mediterranea italiana) viene sostituito con latte di bufala importato da paesi terzi quali Canada, Polonia, Venezuela, Romania.
In merito a questa problematica bisogna specificare che, oltre le sofisticazioni a carico del latte che entra nella filiera bufalina, esiste un altro fenomeno che va crescendo ovvero l'imitazione e quindi l'immissione nei "premium market" di mozzarella non autentica, in sostituzione della mozzarella di bufala Dop.
Quindi, l'obiettivo di questo studio è quello di combinare la GC-MS (gas-cromatografia- spettrometria di massa) per l'identificazione dei metaboliti a formare una piattaforma tecnologica robusta e ripetibile per la caratterizzazione del metaboloma del latte e della mozzarella di bufala, allo scopo di garantire l'integrità e l'autenticità di uno dei prodotti alimentari più importanti d'Italia.
A proposito di metaboloma, è fondamentale effettuare una distinzione tra l'approccio alla biologia classico e quello più recente. Fino ad oggi, l'approccio alla complessità biologica è stato di tipo riduzionistico-gerarchico, ciò vuol dire che la biologia è sempre stata vista e trattata nelle sue singole componenti. Negli ultimi tempi, con l'avvento delle discipline "omiche" (genomica, trascrittomica, proteomica, metabolomica) si sta invece avendo un tipo di approccio olistico, quindi globale, in modo che la complessità biologica venga vista nel suo insieme. Grazie alle discipline omiche viene, infatti, ricostruito un flusso di informazioni partendo, ad esempio, dalla genomica che ci va ad indicare "ciò che potrebbe accadere" dato che studia il genoma, per arrivare poi alla metabolomica che, studiando il metaboloma, ovvero l'insieme dei metaboliti, ci va a mostrare "ciò che è già accaduto". (Figura 2).
Figura 2. Flusso delle informazioni biologiche tramite l'approccio "olistico"
Il successo delle scienze omiche, che coincide con un rapido miglioramento dell'analisi statistica e informatica degli ultimi anni, ha fatto sì che queste vengano oggi impiegate in medicina umana e in altri campi, compreso quello alimentare per la tutela, ad esempio, di alcuni prodotti di origine vegetale.
La metabolomica, in particolare, non dipende solo dal metabolismo interno di un organismo, ma piuttosto da fattori esterni come l'età, l'alimentazione, l'ambiente, quindi da fattori epigenetici. Proprio per questo, la metabolomica è stata scelta come innovativa scienza da utilizzare per il nostro studio, al fine di creare un nuovo approccio che possa essere complementare alle tecniche di screening già utilizzate per la tracciabilità della filiera bufalina.
Per lo studio sono stati prelevati 20 campioni di latte di massa e di mozzarella, dei quali 11 derivavano da caseifici siti nell'areale Dop e i restanti 9 da caseifici dislocati lungo tutta la penisola (tabella 1).
Tabella 1. Derivazione geografica dei campioni usati per la prova
I campioni sono poi stati conservati in siero a 25°C fino al momento dell'analisi. La fase di estrazione e derivatizzazione dei metaboliti è stata effettuata con il kit commerciale MetaboPrep, mentre la fase di analisi tramite l'unione del gas-cromatografo e lo spettrometro di massa (GC-MS), metodica utilizzata in generale per le indagini metabolomiche anche grazie alla sua velocità. In 40', infatti, è stato possibile avere sia la fase di separazione con il gas-cromatografo che quella di rilevazione del metaboloma con lo spettrometro di massa. Grazie all'analisi GC-MS sono stati ottenuti cromatogrammi dei campioni di latte e mozzarella, come si può osservare in figura 3.
Figura 3. Cromatogramma di un campione di mozzarella
La GC-MS ha evidenziato, in totale, 200 metaboliti, ma solo 185 hanno proseguito la prova. I 185 metaboliti "scelti" hanno poi subito un tipo di analisi differenziale con il metodo Pls-Da che gli ha poi attribuito un punteggio Vip (punteggio di importanza variabile in proiezione), che può essere definito come l'espressione del grado di differenziamento di un metabolita rispetto ad un altro. I 15 metaboliti che hanno ricevuto un punteggio Vip > 1,5 sono poi stati discriminati in base alla zona d'origine e alla matrice da cui sono stati estratti.
Le variazioni di concentrazione dei metaboliti tra i campioni di latte Dop e non Dop hanno permesso di dividere i metaboliti in due classi (figura 4).
- Classe 1: 4 metaboliti con concentrazioni più basse nella Dop (acido idrossibutirrico, acido citrico, ecc)
- Classe 2: 11 metaboliti con concentrazioni più elevate nei campioni non Dop (talopirosio, acido pantotenico, mannobiosio, acido palmitico, acido N-acetil glutammico, N-acetil glucosammina, ecc).
Figura 4. Rappresentazione grafica dei metaboliti Vip nei campioni di latte. I box in giallo rappresentano i metaboliti discriminati dei campioni di latte provenienti dall'area non Dop, quelli in blu i tipici nell'areale Dop. L'asse verticale riporta i valori logaritmici normalizzati risultanti della GC-MS per ogni metabolita
La stessa divisione è stata effettuata per i campioni di mozzarella (figura 5) e quindi:
- Classe 1: 8 metaboliti quali talopiranosio, sorbosio, acido ossalico, ecc sono risultati in misura maggiore nei campioni Dop;
- Classe 2: 7 metaboliti quali ribitolo, N-acetil glucosammina, valina, ecc sono risultati maggiormente presenti nei campioni prelevati nelle aree non Dop.
Figura 5. Caratterizzazione dei metaboliti estratti dalla matrice mozzarella derivate dall'areale Dop (arancio) e non Dop (verde)
È quindi evidente la disomogeneità dei metaboliti in base alla zona di origine. Tuttavia, è necessario specificare che i metaboliti sono risultati essere diversi anche in relazione alla matrice di estrazione, ad eccezione del talopiranosio e dell'N- acetilglucosammina.
La differenza dei metaboliti presenti nel latte rispetto a quelli evidenziati nella mozzarella, potrebbe essere giustificata dal fatto che la materia prima subisce dei trattamenti termici, quali la pastorizzazione, e poi viene trasformata. È doveroso sottolineare che la pastorizzazione non è obbligatoria da disciplinare di produzione, tuttavia la temperature durante la filatura della mozzarella sono comunque elevate. Le alte temperature, come è noto, possono comportare denaturazione delle proteine o, eventualmente, alterazione della componente organolettica del prodotto finito rispetto alla materia prima.
Analizzando quindi i dati emersi dalla prova, abbiamo notato che il luogo d'origine va effettivamente a incidere in maniera sostanziale sui metaboliti presenti in entrambe le matrici alimentari prese in esame. L'evidente differenza dei metaboliti, plausibilmente, è dovuta a fattori ambientali molteplici quali il clima, le caratteristiche intrinseche del suolo, le tecniche di lavorazione dei terreni, che vanno poi a influire non tanto sugli animali in sé, ma piuttosto sulle essenze foraggere che entreranno poi a far parte della composizione della razione alimentare degli animali.
A titolo esemplificativo, la concentrazione di acido palmitico, evidenziato nel latte con maggiore incidenza nell'area non Dop, dipende fortemente dal tipo di razione che viene formulata per l'animale, come emerso da studi condotti sulla bovina da latte. Alcune analisi hanno infatti evidenziato una relazione negativa tra l'assunzione di foraggio fresco (produzioni biologiche) e la concentrazione di acido palmitico nel latte. Al contrario, ulteriori studi condotti in USA e in Olanda, hanno riportato una concentrazione dello stesso più elevata o nessuna differenza tra latte biologico e latte convenzionale.
Il talopiranosio, riscontrato in entrambe le matrici, è uno zucchero precursore del talosio ed è stato evidenziato come "marker" differenziale del latte bovino rispetto a quello caprino.
Nella mozzarella proveniente dall'area Non Dop, è stata riscontrata in discreta concentrazione la valina. La valina è un amminoacido essenziale e, insieme alla glicina, è il metabolita più espresso nel latte di capra. Potremmo dedurre che valina e glicina sono metaboliti tipici dei piccoli ruminanti, mentre il talopiranosio, sono marker per i grandi ruminanti, bufala compresa. Tuttavia è necessario incentivare nuovi studi per avere la certezza che questi metaboliti possano essere realmente marker specifici per le varie specie produttrici di latte, in modo da ottenere realmente un forte strumento di tracciabilità alimentare. Questo perché alcuni metaboliti differenziati durante la prova sono poco noti. Ad esempio i due metaboliti unknown 1 e 2 rilevati nella mozzarella, hanno piccato durante la gas-cromatografia ma non sono stati riscontrati equivalenti noti nella letteratura e sono risultati discriminanti, rispettivamente, nell'area Non Dop e in quella Dop.
Dai risultati di questa prova è evidente una differenza esistente tra i metaboliti presenti sia nel latte che nella mozzarella derivanti da animali allevati nell'areale Dop e non Dop. L'applicazione della metabolomica alla filiera bufalina ha aperto una innovativa ed ampia prospettiva di ricerca per questa specie di grande interesse zootecnico. La metabolomica può essere utilizzata non solo per la produzione, ma anche per la riproduzione della bufala o ancora, per andare ad enfatizzare quelle che sono le componenti bioattive presenti nei prodotti bufalini. L'utilizzo della suddetta disciplina omica in particolare potrebbe quindi garantire una più efficiente tracciabilità dei prodotti, in modo che venga tutelato sia il consumatore, che ha la certezza di comprare esattamente ciò che è riportato in etichetta, sia il produttore che può vendere un prodotto di qualità con il cui ricavato può migliorare le performance riproduttive della mandria e ammortizzarne le spese.
Sulla base di quanto espresso finora e nonostante l'esito positivo della prova, è doveroso sottolineare che questo lavoro costituisce solo il punto di partenza e dovrebbero essere effettuati ulteriori studi e sforzi economici per permettere l'applicazione della metabolomica per scopi legali non solo per la filiera bufalina, ma per la filiera agroalimentare in generale, al fine di controllare e contenere le frodi di natura commerciale, considerando che ci troviamo in un mercato ormai globalizzato, dove le risorse sono scarse e gli sprechi inopportuni.
Marica Raimondo, categoria "Zootecnia"
(Fonte foto: © Marica Raimondo)
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Fonte: Agronotizie