Le conseguenze dell'epidemia da Covid-19 sul mondo agroalimentare si allargano a nuove filiere.
Prima è toccato al latte, ora alle prese con un eccesso di produzione che fatica a trovare uno sbocco dopo la caduta dei consumi e dei flussi verso l'export. Quasi contemporanea la crisi dell'ortofrutta, seguita a ruota dal florovivaismo.

Non è difficile trovarne le motivazioni. Tutti questi settori hanno cicli produttivi bloccati, non comprimibili o adattabili a seconda delle situazioni contingenti.
Il latte va munto ogni giorno, gli ortaggi e la frutta vanno raccolte a maturazione, cosa analoga per fiori e piante.

Ora è il turno della carne. Gli allevatori hanno dilatato per quanto possibile il ciclo di produzione, ora non possono più attendere.
Mantenere gli animali in stalla costa e in qualche caso non si può aspettare oltre. Accade ad esempio per la carne ovina e in particolare per gli agnelli.


Consumi compromessi

La chiusura dei ristoranti, l'impossibilità per le persone di incontrarsi per vivere insieme momenti di convivialità, sta avendo come risultato una riduzione del consumo di carne.

Per la carne ovina, il cui picco del consumo avviene per le festività pasquali, si rischia così una crisi senza precedenti.
A lanciare l'allarme è Uniceb, l'Unione italiana per la filiera delle carni, che ha inviato un accorato appello per fronteggiare la situazione.

Quanto sia grave lo dimostra la riduzione dell'80% dei contratti siglati con la distribuzione organizzata per gli acquisti di carne di agnello.
Al contempo anche i flussi di export rallentano, sia per le difficoltà dei trasporti, sia per il generalizzato calo dei consumi anche nei paesi di destinazione.
 

Agnelli in crisi

In ballo c'è una produzione di 350mila agnelli, 150mila dei quali del circuito tutelato dell'Igp Agnello di Sardegna.
La crisi della carne ovina si abbatte per di più su un settore, come quello ovino, ancora alle prese con le difficoltà vissute sul comparto del latte.

Per alleggerire almeno in parte le ricadute sul mondo produttivo, Uniceb ha proposto alla ministra per le Politiche agricole Teresa Bellanova l'introduzione di un “premio alla macellazione”, iniziativa che andrebbe accompagnata da un aiuto all'ammasso privato.


Le altre carni

Se per la carne ovina il momento è particolarmente delicato, in virtù della stagionalità dei consumi, venti di crisi si alzano anche per gli altri comparti.
La chiusura della ristorazione collettiva, che va dalle mense ai ristoranti sino alle strutture alberghiere, sta coinvolgendo tutto il comparto della carne.

Per i bovini sono in flessione le vendite di carne di vitello, di scottona e vitellone, come pure i prodotti a base di carne.
Situazione analoga è quella che si incontra per le carni suine.
Non si salva nemmeno il circuito delle carni destinate a produzioni di eccellenza come i prosciutti. Il calo è stimato per il momento fra il 15 e il 20%.


Le proposte

Come per gli ovini, la proposta lanciata da Uniceb è quella di chiedere alla Commissione europea l'apertura degli ammassi per il settore bovino e suino.

L'eccezionalità della situazione consentirebbe poi di accedere agli aiuti previsti dai regolamenti comunitari, come il 1308/2013.
Un ulteriore aiuto potrebbe giungere dall'alleggerimento del mercato promuovendo le esportazioni.

In questo ambito, suggerisce Uniceb, sarebbe opportuno accelerare l'iter dell'intesa commerciale fra Italia e Cina.
Ne potrebbe trarre giovamento l'export delle nostre carni verso Pechino. Ma c'è fretta, i ritardi potrebbero avere conseguenze pesanti.