Ci sono buone notizie per gli allevamenti suinicoli della Sardegna.
Finalmente la peste suina africana, che dal 1978 è presente negli allevamenti dell'isola, sta per essere debellata.

Ci sono voluti oltre quarant'anni, ma l'adozione di misure drastiche, come l'abbattimento dei suini bradi privi di controllo e serbatoio del virus, ha portato alla svolta decisiva.
Dopo i 223 casi della malattia nel triennio 2012-2014, i focolai sono scesi a soli 56 fra i 2015 e il 2017, per poi azzerarsi nel 2019.
Presto i suini allevati in Sardegna e le loro carni, così sperano gli allevatori, avranno via libera in Italia e in tutta la Ue.


La peste nella Ue

Se in Sardegna la situazione sanitaria degli allevamenti appare ora sotto controllo, almeno per quanto riguarda la peste suina africana, non altrettanto si può dire per molti paesi dell'Unione europea.

Come già AgroNotizie ha approfondito, il virus di questa malattia è presente in particolare nel Nord Est europeo, dove stenta ad essere debellata.
Nuovi casi di peste suina africana in suini selvatici sono infatti stati riscontrati a fine gennaio in Lettonia, Ungheria, Slovacchia e Polonia.
In quest'ultimo paese la situazione epidemiologica, per quanto riguarda i suini domestici, è tuttavia in miglioramento grazie alla adozione delle necessarie misure di contenimento.

A questo proposito, sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea del 18 febbraio è stata pubblicata la "Decisione di esecuzione" numero 2020/220 della Commissione, che ha stabilito quali siano le nuove zone ad alto rischio dove attuare tutte le misure necessarie a contenere la diffusione della malattia.
 

La situazione in Grecia...

Anche la Grecia deve fare i conti con la presenza di peste suina africana nella regione di Serres.
Come specificato dalla decisione della Commissione, pubblicata dalla Gazzetta ufficiale Ue del 14 febbraio, sino al prossimo sei aprile le autorità sanitarie della Grecia sono tenute a mantenere come "Zona di protezione" il comune di Visaltia, insieme alle aree di sorveglianza di altri cinque comuni della stessa regione.

Altri due comuni sono poi tenuti a mantenere per la stessa data in zona di sorveglianza altri due comuni nella regione di Salonicco.


...e nel mondo

Focolai della malattia sono poi segnalati dall'Oie, l'organizzazione mondiale per la salute animale, in Moldavia, in Russia e in Sierra Leone.

Nota è infine la grave situazione della Cina, da mesi alle prese con la peste suina africana che ha comportato l'abbattimento di oltre un milione di capi, modificando persino l'equilibrio dei mercati internazionali delle carni suine.
La presenza del virus è poi segnalata in altri paesi e fra questi il Vietnam, le Filippine e la Corea del Sud e del Nord.

Questa larga diffusione è una ulteriore testimonianza della grande capacità di trasmissione di questo virus, capace di muoversi da una parte all'altra del globo.
L'assenza di vaccini e di terapie impone dunque di tenere alta la guardia per impedire che il morbo possa entrare in Italia e devastare i nostri allevamenti.
 

Avicoli sotto scacco

Nemmeno il settore avicolo può dormire sonni tranquilli. In questo caso la minaccia è l'influenza aviaria, anche questa una malattia virale, facilmente trasmissibile, la cui diffusione è favorita dagli uccelli migratori.

La sua presenza è stata recentemente confermata in allevamenti della Polonia e della Germania, dove è stato individuato il ceppo ad alta patogenicità H5N8.
In conseguenza di questi focolai la commissione europea ha affidato alla Gazzetta Ufficiale del 14 febbraio il compito di definire l'aggiornamento delle zone di protezione e di sorveglianza in questi due paesi.

Come già ricordato da AgroNotizie, a Polonia e Germania, si aggiungono poi Ungheria, Slovacchia, Romania, Repubblica ceca e anche Ucraina.
In tutti questi paesi si segnala la presenza di focolai di influenza aviaria, cosa che impone ai nostri allevamenti e ai servizi sanitari grande attenzione per evitare che il virus possa entrare in Italia.


Massima allerta

Il comparto avicolo insieme a quello suinicolo rappresentano circa i tre quarti della produzione di carne in Italia.
Se entrambi cadessero preda di questi due virus le conseguenze si allargherebbero dagli allevamenti alle industrie di trasformazione, con effetti economici e sociali devastanti.

Ma per fortuna possiamo contare sull'eccellenza dei nostri servizi veterinari che fanno capo al ministero della Salute.
Senza dimenticare l'elevata professionalità degli allevatori italiani, cui compete la responsabilità di mettere in pratica tutte le misure di biosicurezza suggerite dalle autorità sanitarie, come impone la preoccupante presenza di queste malattie alle porte dell'Italia.