Una nuova associazione è nata da poco nel mondo dell'apicoltura, si chiama Pronubìo e vuol riunire e rappresentare gli apicoltori che praticano l'apicoltura biologica e biodinamica.

Una associazione che nasce con l'intento di difendere l'apicoltura biologica, i suoi prodotti, i suoi produttori e sottolinearne i loro tratti distintivi.

Per cercare di conoscere meglio questa nuova realtà abbiamo intervistato il presidente, Marco Valentini, apicoltore toscano e titolare del gruppo Bioapi, da sempre tra i promotori dell'apicoltura biologica in Italia.

Valentini, perché avete sentito la necessità di fare una nuova associazione, soprattutto in un settore come quello apistico dove le associazioni non sono certo poche?
"Di fare una nuova associazione ne avremmo fatto molto volentieri a meno. Da molti anni diversi apicoltori biologici all'interno delle altre associazioni nazionali chiedevano uno spazio dedicato ai problemi dell'apicoltura biologica, ma queste richieste sono rimaste inevase. Negli incontri tra apicoltori bio il dilemma di creare o no una nuova associazione era sempre stato affrontato e rimandato. Molti apicoltori biologici erano infatti convinti che, anche se non perfettamente, le associazioni nazionali fornissero una certa tutela e rappresentanza, almeno per il fatto che la dirigenza conduce aziende biologiche certificate. Ad un certo punto ci siamo resi conto che ci sbagliavamo!
Constatare come è stata accolta dal mondo dell'associazionismo la presentazione della Carta di San Michele all'Adige ci ha finalmente mostrato che il 're era nudo', che era venuto il momento di prendere il nostro destino in mano e provare a fare finalmente qualcosa di diverso per gli imprenditori apistici per i quali il biologico non è solo utile per aumentare il fatturato, ma anche e soprattutto per gridare al mondo che un modello di apicoltura sostenibile esiste ed è praticabile.

I problemi che hanno oggi le aziende biologiche certificate sono sostanzialmente tre: il valore che il mercato assegna al miele biologico è troppo basso se confrontato con quello convenzionale. Parliamo di un misero 15% in più, quando alcuni mezzi produttivi costano alle aziende anche il triplo. Questo dipende dal fatto che vi sono troppi apicoltori, soprattutto quelli medio grandi, che stiracchino a loro favore le norme dei regolamenti CE 834/2007 e 889/2008 (in vigore fino a gennaio 2021, quando si applicherà il nuovo regolamento UE 848 /2018). Questo crea una concorrenza sleale che mette in difficoltà le aziende virtuose, che rispettano alla lettera i regolamenti sul bio.
Poi esiste un più generale grave problema di mercato, derivante dalla contrazione delle vendite di miele, compreso quello bio. I motivi sono tanti, non ultimo l'importazione selvaggia di miele dall'estero, spesso di qualità scadente. Tutto questo ha disorientato il consumatore che ha in parte abbandonato il nostro prodotto e in parte si rivolge al produttore che fa vendita diretta, sperando di trovare in questa modalità di acquisto una risposta alle proprie paure.
Infine l'annoso problema dell'eccessiva burocratizzazione del comparto, che imbriglia le aziende con una serie di regole vessatorie (come delle sanzioni particolarmente persecutorie) senza che abbiano, come si è visto, la capacità di tutelare il consumatore"
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Nella pratica, quali sono le proposte e le iniziative che fate o che volete intraprendere?
"Le idee sono tante e su più fronti ma possono essere riassunte con una battuta: regole uguali per tutti per competere in maniera sana. Non dobbiamo mai dimenticare che quando si parla di conduzione biologica ci si riferisce ad aziende produttive che vorrebbero generare dal loro lavoro un reddito. Non stiamo parlando di coloro che hanno un numero limitato di alveari che li allevano come farebbero con un animale da compagnia. Nulla di male, intendiamoci, ben vengano ma noi dobbiamo tutelare le aziende che a fine anno devono fare i conti. È importante che la sostenibilità ambientale vada di pari passo con quella economica e perché questo accada non ci devono essere aziende che competono in modo scorretto.

Tra le pratiche borderline messe in atto da alcune aziende certificate c'è l'uso di api ibride o di sottospecie non autoctone. Questo è accaduto approfittando del fatto che il regolamento 889/2008 utilizza la parola 'privilegiare' al posto di 'vincolare' quando regola il tipo di animali allevabili in bio, malgrado caldeggi l'uso di sottospecie autoctone. Altro esempio è l'uso delle arniette in polistirolo malgrado il regolamento sia, in questo caso, ancora più preciso, dichiarando che: 'Le arnie e il materiale utilizzato in apicoltura sono fabbricati essenzialmente in materiali naturali'. Siccome tonnellate di questo prodotto invadono a livello globale le spiagge, le aree naturali e altri luoghi della terra, noi crediamo che anche il settore dell'apicoltura debba dare un contributo alla diminuzione della loro presenza nell'ambiente. Figuriamoci se questo possa essere contemplato nel modello di apicoltura che dovrebbe essere il più sostenibile!
Inoltre, sfruttando deroghe e difficoltà di controllo su alcune pratiche apistiche, diversi apicoltori bio utilizzano alimenti convenzionali per nutrire gli alveari, oppure tagliano le ali alle api regine. A qualcuno, viste le soglie troppo alte di residui permessi nella cera bio, potrebbe addirittura venire in mente di utilizzare in modo oculato medicine a base di Amitraz nella lotta alla varroa!

Detto questo le iniziative che intendiamo affrontare e in parte abbiamo già affrontato sono:
  • una rivisitazione delle linee guida dei controlli in modo da sburocratizzare quei punti che oggi servono più a mantenere l'apparenza piuttosto che la sostanza. Linee guida che devono essere capaci di contrastare chi fa concorrenza sleale agli apicoltori sia in Italia che all'estero. Il miele certificato bio che arriva da troppo lontano ci piace poco.
  • Aprire un tavolo di confronto col ministero e Accredia. Accredia è l'ente che scrive i documenti che utilizzano gli organismi di controllo durante le visite ispettive alle aziende bio.
  • Poi stiamo mettendo a punto altre iniziative di aggiornamento e formazione degli apicoltori per la gestione dell'azienda biologica o biodinamica. Abbiamo una stupenda struttura, messaci a disposizione dalla Giunta comunale di Belforte all'Isauro, in provincia di Pesaro Urbino, quindi siamo agevolati in questo progetto. Grazie all'ubicazione strategica del comune di Belforte, in una valle appenninica ricca di confini orografici, abbiamo pensato di realizzare una stazione di accoppiamento per api di sottospecie ligustica (naturalmente appoggeremo qualsiasi altra iniziativa per le altre sottospecie di api autoctone italiane nel loro areale di origine).
  • Inoltre vogliamo aprire un tavolo con le filiere del seme per inserire la resa nettarifera nelle modalità di verifica della produttività delle sementi".

Marco Valentini
Marco Valentini, presidente di Pronubìo

Quanti sono oggi i vostri soci? E chi può iscriversi alla vostra associazione?
"L'associazione è fresca di costituzione quindi non ha ancora molti soci iscritti ma contiamo di superare il centinaio prima dell'inizio della prossima stagione apistica. Possono aderire a Pronubìo tutte le aziende che oltre ad essere certificate bio, anche in conversione o biodinamiche, rispettino il nostro statuto che in alcuni punti, come ad esempio l'uso di api autoctone, è più restrittivo del regolamento Ue. Abbiamo lasciato aperta una finestra per coloro che, pur non certificati, hanno a cuore l'apicoltura bio e vogliono sostenere la nostra causa. Sono i cosiddetti soci sostenitori che pur potendo partecipare a tutte le attività dell'associazione non hanno diritto di voto in assemblea".

Perché un apicoltore biologico dovrebbe iscriversi a questa associazione?
"Per valorizzare il proprio lavoro e, perché no, avere un aiuto nella gestione dell'azienda. Ci auguriamo nel tempo di riuscire ad offrire dei servizi importanti, creare gruppi di acquisto, ma è tutto da sviluppare e … ci stiamo lavorando".

C'è di fatto una frattura con le altre associazioni apistiche?
"Nessuna frattura, almeno da parte nostra. Pronubìo è nata lì dove è stata lasciata scoperta una esigenza di rappresentanza, se così non fosse stato non avremmo avuto nessun bisogno di costituirci. Rispettiamo il ruolo che hanno le associazioni nazionali di apicoltori e gioiamo con loro per i successi che hanno ottenuto su temi importanti come la regolamentazione dell'uso degli agrofarmaci in agricoltura. Penso ad esempio al grande risultato della messa al bando dei neonicotinoidi.
Il dialogo è il sale della democrazia, ma anche della crescita culturale. Noi siamo nati per mettere sul tavolo le nostre idee di apicoltura (non solo bio) e le confronteremo con quelle degli altri attori del comparto. La nostra speranza è quella di contaminare gli altri sul versante della sostenibilità ambientale, che è un argomento sul quale non è più permesso alcun rinvio"
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Dal punto di vista formale siete riconosciuti come associazione nazionale che può o potrà partecipare al tavolo del ministero anche nell'ottica della ripartizione dei fondi destinati al settore?
"Veramente nelle fasi preliminari e anche subito dopo la costituzione di Pronubìo non abbiamo pensato in maniera prioritaria a possibili finanziamenti pubblici. Certamente abbiamo tutte le carte in regola per partecipare a qualsiasi tavolo con qualsiasi ente pubblico.
Se vogliamo approfondire il tema dei finanziamenti pubblici in apicoltura è bene sapere che i contributi sono legati al rispetto della legge 313 del 1994 sull'apicoltura che prevede la difesa dell'ape autoctona italiana. Nelle regioni dove le associazioni hanno lasciato degradare la ligustica i contributi dovrebbero essere concessi solo a coloro che si impegnano al ripristino della sottospecie originaria. Stessa cosa per le associazioni nazionali"
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Quale è il vostro rapporto e al vostra posizione nei confronti degli organismi di controllo del biologico?
"Ogni volta che si parla di organismi di controllo, non possiamo non evidenziare il peccato originale del modello di certificazione biologico. L'organismo di controllo si muove in un conflitto di interessi dovuto al fatto che l'azienda certificata paga l'ente che la deve controllare. Siamo certi che finché l'azienda controllata è di piccole dimensioni non esistano problemi, ma quando essa raggiunge dimensioni ragguardevoli rimane il dubbio che sia difficile comminare delle non conformità che potrebbero costare al controllore la perdita di decine di migliaia di euro.
Comunque l'organismo di controllo non è altro che uno strumento di ispezione, che si muove nell'ambito delle regole dei regolamenti Ue e delle sue interpretazioni dettate dal Mipaaf. Non fa regole, non decide le sanzioni, controlla solo che i regolamenti siano rispettati. Noi vogliamo che questo sia fatto con attenzione e precisione senza abusare della propria autorità, cosa che risulta facile ogni qual volta si crea un potere. Quindi certamente faremo degli incontri con loro probabilmente attraverso Federbio, ma l'interlocutore principale non può che essere il Mipaaf"
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E quello con il mondo della ricerca?
"La ricerca apistica in Italia è stata affossata fra una riforma e l'altra del Crea. Quello che una volta era il glorioso Istituto nazionale apicoltura oggi è stato fortemente ridimensionato. Ed ora qualche funzionario vorrebbe affossare anche l’'lbo degli allevatori di api regine. La mancanza di fondi e lo spezzettamento delle ricerche in una miriade di università ha fatto il resto. A questo dobbiamo aggiungere che negli ultimi dieci-quindici anni si è creato un certo attrito tra apicoltura e ricerca. Per come la vedo io parte della responsabilità ce l'hanno le associazioni che pur sedendosi in commissioni e comitati con una certa capacità di decisione sulle ricerche da effettuare, non sono mai riusciti a incidere. Hanno pensato di poter fare ricerca da soli approfittando dell'amicizia personale con alcuni ricercatori. Purtroppo la ricerca non è affare degli apicoltori, a ciascuno il suo mestiere.

Personalmente ho molta fiducia nella ricerca e rispetto le loro conclusioni: Il compito dell'apicoltore sarebbe quello di mettere in pratica nella propria azienda le conclusioni delle varie ricerche. Pronubìo crede molto nella ricerca e nel contributo che delle persone altamente specializzate possono dare al nostro mondo, seppure con i budget all'osso che spesso servono solo a pagare il personale. Anche in questo caso il modo per migliorare la situazione è lavorare assieme, non contro"
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Qual è attualmente la realtà, in numeri, della apicoltura biologica in Italia?
"Malgrado l'Italia sia uno dei paesi leader nelle produzioni apistiche bio nel mondo, si fa molta fatica a trovare dei dati aggiornati sul comparto apistico. Solo alcuni organismi di controllo aggiornano la banca dati Federbio e lo stesso fa il Mipaaf per quella del Sinab. Comunque non sbagliamo di molto nel dire che le aziende certificate sono circa 10mila mentre gli alveari certificati sono intorno a 200mila. Questo dato vale circa il 15% del patrimonio apistico nazionale e così per la produzione di miele".

E quella biodinamica?
"L'apicoltura biodinamica in Italia è ferma al palo. Al momento sono certificate solo quattro aziende, probabilmente a causa di un disciplinare di produzione un po' troppo restrittivo. Un'altra causa potrebbe essere il fatto che il biodinamico non è molto conosciuto dai consumatori italiani. Infatti in Germania, dove non c'è bisogno di spiegare cosa vuol dire biodinamico, le aziende certificate sono molte di più e il mercato è piuttosto attivo".

Cosa servirebbe secondo lei per valorizzare queste realtà? E che benefici generali porterebbe questa valorizzazione?
"Forse mi ripeterò, ma abbiamo bisogno soltanto di più trasparenza. Se noi riuscissimo a spiegare ai consumatori dei prodotti apistici cosa facciamo e come lo facciamo, sono sicuro che verremmo premiati. Finché esisteranno nel mercato delle aziende borderline che, al contrario, non possono e non vogliono spiegare come conducono i loro alveari (uccisione di tutte le loro regine ogni due anni per chi utilizza ibridi, taglio delle ali alle regine, nutrizione con alimenti non bio, ecc.) vivremo in una realtà falsata di concorrenza sleale che può mettere in crisi le aziende più sane. Malgrado tutto questo, fino ad ora ce l'abbiamo fatta a sopravvivere grazie alla grande passione nella sostenibilità ambientale che ci contraddistingue. Se dovessi esprimere in una sola frase gli scopi di Pronubìo direi che vogliamo fortemente tornare ai valori fondanti, quelli che hanno permesso al movimento del biologico di nascere, prosperare e dare la speranza all'umanità di un mondo migliore ed oggi più che mai se ne sente forte il bisogno".

Un'ultima domanda, una curiosità: perché sulla foto principale del sito c'è un bombo invece di un'ape da miele?
"Perché Pronubìo si vuole occupare anche di tutti gli altri pronubi, da qui il nome dell'associazione".