Esiste un grande dilemma che accomuna l'allevatore di bovine da latte con gli esperti dell'investimento in borsa. Il dilemma risiede nella dinamica degli investimenti da effettuare e si compone della capacità finanziaria, della possibilità di avere disponibilità economica al momento opportuno e dalla scelta degli investimenti stessi. Dove allocare le risorse per ricavare il massimo dall'investimento effettuato? E come raggiungere una certa sicurezza in un mercato in continua evoluzione (non solo per il prezzo del latte, ma anche per quello delle materie prime)? In tali scelte, esiste sempre una certa componente di rischio, ma esistono categorie di investimento che hanno rese superiori se si è disposti ad avere pazienza.

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Ciò premesso, in un allevamento da latte l'età al primo parto, la longevità e la durata della vita produttiva hanno ricadute importanti sulle performance economiche. L'età della bovina al primo parto è di particolare rilevanza poiché essa influenza la fertilità, l'andamento del parto, la produzione di latte e la lunghezza del ciclo produttivo. In molti paesi in via di sviluppo non è raro trovare bovine che superano i quindici-venti anni di età, ma tale longevità non è sicuramente compatibile con i sistemi produttivi delle agricolture più evolute.


Quale target

Il target dell'età al primo parto è raggiunto e fissato attraverso la scelta del piano alimentare del vitello, che ne condiziona i successivi ritmi di crescita. Anche i ritmi di crescita della manza sono poi importanti per la futura carriera riproduttiva e per un inizio della prima lattazione nei tempi programmati.
In Tabella 1 sono riportate le età al primo parto delle bovine di razza Frisona in alcuni paesi a zootecnia avanzata.

Età al primo parto per bovine di razza Frisona in differenti paesi
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Nel caso della razza Frisona l'età considerata ottimale è inferiore ai 24 mesi. Questo permetterebbe di massimizzare la produzione e di minimizzare i costi di allevamento per la manza. Tuttavia alcuni studi recenti (Boulton et al., 2015; Cooke et al., 2013; Gavan et al., 2014) sembrerebbero suggerire una forbice più ampia accettando un range attorno ai 21-25 mesi. Dati provenienti dagli Stati Uniti mostrano come in fatto di età al primo parto, ogni mese di ritardo rispetto al target ottimale viene a costare dai 50 ai 70 dollari per bovina (Hutchison et al., 2017; Penev et al., 2014). Studi inglesi evidenziano invece come i costi di allevamento della manza possano aumentare di 0,50 euro per manza nell'intero ciclo se si ritarda il tempo ottimale entro cui deve avvenire il primo parto (Boulton et al., 2015). Si tratta tuttavia di un equilibrio difficile da raggiungere, visto che anche anticipare il primo parto molto prima dei 23 mesi di età potrebbe far perdere produzione sino ai 310 chilogrammi o sino a 0,6 chilogrammi di latte al giorno (Mohd et al., 2013).

Ciò che è sicuro è che esiste una finestra ottimale di 22-30 mesi al di fuori della quale la perdita economica risulta ingente o per la minore aspettativa di vita della bovina o per la diminuzione della produzione. Le bovine che producono meno sono anche quelle soggette a maggiore riforma. I benefici di un'età al primo parto più precoce sono pertanto molteplici. Innanzitutto è possibile produrre un numero maggiore di vitelli e di lattazioni nella vita della bovina, ottenere un'accelerazione del progresso genetico a causa dell'accorciamento dell'intervallo generazionale e una riduzione dei costi per bovina prodotta in allevamento.

Una prima inseminazione tardiva e dunque un inizio ritardato della prima lattazione produce numerosi effetti negativi, e non soltanto un calo produttivo in prima lattazione
Una prima inseminazione tardiva e dunque un inizio ritardato della prima lattazione produce numerosi effetti negativi, e non soltanto un calo produttivo in prima lattazione


Precoce sì, ma con moderazione

Non sempre tuttavia anticipare eccessivamente l'età al primo parto porta a risultati positivi. Un recente studio pubblicato da Sitkowska et al. (2015) ha messo in luce come la produzione di latte nei primi cento giorni dopo il parto fosse maggiore nelle primipare che avevano partorito attorno ai 26 mesi di età rispetto alle compagne più precoci, con parto attorno ai 23 mesi. Uno studio olandese (Mohd et al., 2013) ha inoltre messo in evidenza come le primipare che partorivano a 24 mesi di età arrivavano a produrre 7.164 chilogrammi di latte mentre le compagne con parto a 23 mesi vedevano una riduzione di 143 litri.

Esistono pochi studi che hanno valutato l'effetto della velocità di crescita e quindi nella precocità del primo parto sull'intera carriera produttiva delle bovine. Uno studio del 2015 (Vecek et al.) ha correlato l'intensità dell'accrescimento con le tre lattazioni successive evidenziando come gli animali che erano dotati di accrescimenti maggiori durante tutta la fase di manza erano i primi a venir munti (attorno ai 23,8 mesi di età), raggiungendo la massima produzione lattea al primo parto. Non sono numerosi nemmeno gli studi che correlano l'età al primo parto con la sopravvivenza e quindi con la carriera produttiva.
I risultati di uno studio recente sono riportati in Tabella 2. Tali dati sembrerebbero dimostrare come il maggiore tasso di sopravvivenza si abbia in caso di manze che partoriscono attorno ai 26 mesi.

Sopravvivenza delle bovine in funzione dell'età al primo parto
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Conclusioni

Come al solito non è semplice fornire delle line guida univoche, e si deve tenere conto che ciò che funziona in un'azienda molto probabilmente necessiterà di piccoli aggiustamenti in un'altra realtà. Tuttavia come indicazione generale la letteratura più recente indica che se si considerano come criteri la produzione di latte in prima lattazione, la produzione totale di latte in carriera e la longevità degli animali, l'età ottimale per la prima mungitura si posiziona in un intervallo che va dai 22 ai 26 mesi di età. Il maggiore beneficio sembrerebbe essere un aumento della produzione totale di latte in carriera. Un inizio ritardato della prima inseminazione e quindi della prima lattazione (specialmente dopo i 28 mesi) produrrebbe molti effetti negativi tra i quali un calo produttivo in prima lattazione, una minore produzione di latte in carriera, una riduzione del numero dei parti ed un aumento delle riforme imputabile soprattutto alla diminuzione del latte prodotto e delle patologie mammarie.

Considerando come nella realtà italiana (e non solo) la tendenza vada verso la presenza di manze un po' "più vecchie" in prima lattazione rispetto all'età suggerita da queste ricerche, il consiglio è quello di investire in un piano di crescita accelerato all'inizio (primi due mesi) per poi rallentare dopo lo svezzamento. Si tratta di un piccolo investimento (latte, ambienti idonei, additivi e attenzioni) che verrà largamente ripagato più avanti se si riesce a centrare l'intervallo ottimale per la prima inseminazione.

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di Andrea Roberti